La prigione

di Maurizio Cometto

LA PRIGIONE

1

Le coscienze tendevano a riunirsi in determinati punti della sfera. Si scambiavano emozioni, sensazioni, pensieri e concetti. Ognuna di esse veniva elevata a un diverso stadio di consapevolezza, partecipando in modo più intenso all’uno che erano tutti.

Durante questi incontri, le coscienze seguivano i dettami di una sola di loro, detta coscienza guida. Le coscienze guida apparivano diverse dalle altre. In qualche modo erano più forti, ma anche più complesse.

Durante gli incontri, esse invitavano alla meditazione e intonavano vere e proprie litanie.

Preghiamo tutti insieme

Perché noi siamo l’uno

e l’uno è la forma di vita più elevata.

Alcune di esse contenevano espliciti consigli su come comportarsi all’interno della sfera.

Ascoltate attentamente: fuggite dalle nubi oniriche

Poiché la parola dolore non esiste

Dimenticate l’esistenza delle nubi oniriche

Poiché la parola ricordo non esiste

Compatite le coscienze che sono state inghiottite dalle nubi oniriche

Poiché la loro forma vita non esiste

La parte finale di queste cerimonie era tutta dedicata alla nube della colpa. In questa sezione a prevalere non erano i concetti, ma le emozioni. La coscienza guida pareva trasformarsi e quasi divenire una di loro, e prendeva un colore strano, scuro, che alcuni sostenevano fosse proprio il colore della nube della colpa, anche se nessuno l’aveva mai vista.

O nube della colpa

tu sei il polo negativo della nostra sfera

ciò che si avvicina a te, viene respinto

ciò che si allontana da te, viene attratto

Tu sola sei fissa nella sfera in cui tutto è divenire

poiché tu sei il centro esatto della gravità

del continuo mutamento dell’uno che noi formiamo e siamo.

Ora ti preghiamo, vigila su di noi

Proteggici

Governa saggiamente le nubi oniriche tue figlie.

E voi, tutti voi che mi ascoltate

Adesso prego voi: pensate, sognate, amate quella nube

Ma insieme fuggitela

Poiché per lei si va nella terra dell’eterno dolore.

Tra tutte le coscienze che abitavano la sfera ve ne erano alcune dominate dai dubbi. Queste fuggivano i ritrovi condotti dalle coscienze guida, in quanto li reputavano inutili se non nocivi. Eppure temevano le coscienze guida, perché, sentendo di essere “non allineate”, avevano paura di essere scoperte.

Queste coscienze si ritrovavano in zone poco frequentate, e si scambiavano impressioni, sensazioni, emozioni. Soprattutto cercavano insieme nuove domande. Mettevano da parte le domande, in attesa di quel giorno in cui avrebbero trovato qualcuno in grado di rispondere a esse.

Quasi tutte le domande vertevano intorno alle tre parole fondamentali, il cui suono era pregno di echi ed emozioni, ma il cui significato rimaneva oscuro.

Le parole erano dolore, ricordo e colpa.

2

I ritrovi delle coscienze non allineate si incentravano intorno a veri e propri dialoghi. L’ascolto dell’altro era l’unico atteggiamento che veniva accettato. L’abbandonare le emozioni, il concentrarsi sui concetti, soprattutto sulle domande, era la materia di cui si nutrivano, e che chiunque, unendosi a loro, imparava in fretta.

I loro ritrovi causavano micro-perturbazioni che solcavano tutta la sfera. Secondo alcuni perfino le imprevedibili traiettorie delle nubi oniriche ne venivano influenzate. Sarebbe stato strano se le coscienze guida non si fossero accorte di nulla. Ma in fondo, cosa c’era di male? Stavano forse violando qualche legge?

Questo manipolo di coraggiosi si era dato un nome: Gruppo di Forza Vitale. L’energia che scorreva durante i loro ritrovi, infatti, era molto superiore alla media della sfera. E a differenza delle altre coscienze, che forse non sentivano questa esigenza, a ciascun componente del gruppo era assegnato un nome.

Finché non giunse quel particolare incontro. Fin dall’inizio l’atmosfera viva, frizzante del dialogo fece intuire che si stava preparando una grande decisione.

– Qual è la domanda più importante? -, chiese Janus. Pur essendo una delle coscienze più giovani, era anche una delle meno confuse e delle più attive.

– Sono tante le domande importanti -, rispose Dionysios. – Non esiste una domanda più importante delle altre.

– Non voglio risposte. Voglio le domande. Elenchiamole -, ribatté Janus.

Un momento di silenzio.

– Avanti, chi comincia?

– Questa è già una domanda, Janus -, fece notare Aristoteles.

Una nota ilare si diffuse tra i partecipanti, spegnendosi subito.

– Cosa sono le nubi oniriche? -, iniziò Gregorios.

– Perché le fuggiamo? -, aggiunse un altro.

– Perché le coscienze che ne sono state inghiottite non esistono più?

– Chi sono le coscienze guida?

– Perché sono diverse da noi?

– Cos’è la nube della colpa?

– Perché nessuno l’ha mai avvicinata?

Chi siamo noi?

Ci fu un momento di silenzio. Questa era forse la domanda più estrema che fosse già stata pronunciata, l’ultima di una lunga serie di domande senza risposta. Che altro si poteva aggiungere?

Dove ci troviamo? – , disse all’improvviso una coscienza il cui nome era Alexandros.

Mormorii, stupore, energia. Una scossa si generò dal Gruppo di Forza Vitale, e percorse tutta la sfera scuotendo ogni singola coscienza e, forse, arrivando perfino a toccare la nube della colpa. Dove ci troviamo?

– Grazie, Alexandros. Questa domanda ci tocca nel profondo, e ci spinge più in là nella comprensione. La risposta a questa domanda è fondamentale -, disse Janus.

Erano tutti d’accordo.

– Nessuno ha il coraggio di spingersi più in là? -, chiese ancora Janus.

Cosa poteva esserci di più estremo, di più inesplorato, rispetto a quella domanda?

– Io ne ho ancora un’altra. Siete pronti ad ascoltarla?

Erano pronti, anche se la temevano.

– Cosa c’è oltre? – pronunciò Janus.

La scossa che nacque somigliò a un vero e proprio terremoto. Furono avvistate nubi oniriche in lontananza, per fortuna non sembravano in avvicinamento. Qualcuno giurò di aver percepito, infiltrate in mezzo a loro, alcune coscienze guida, ma in seguito fu chiaro che si era trattato dell’effetto della forte emozione che la domanda aveva generato.

Immediatamente il concetto di oltre venne assimilato da ogni singola coscienza. Era chiaro che era sempre stato dentro di loro, nascosto da qualche parte. Il continuo ritrovarsi, il discutere, l’ascoltare, l’aveva stanato e portato alla superficie.

Cosa c’è oltre?

– Io lo so cosa c’è oltre -, disse Macedonios.

– Ti ascoltiamo.

– Oltre c’è la risposta a tutte le nostre domande.

Non poteva che essere così.

– Allora dobbiamo porci quest’altra domanda: come possiamo fare per accedere all’oltre?

Immediatamente un’immagine si formò in tutte le coscienze riunite, tanto che parve materializzarsi lì in mezzo a loro.

La nube della colpa.

Il centro di gravità attorno a cui ruotava tutta la sfera.

Forse si trattava di nient’altro che un passaggio: un passaggio verso l’oltre. Ma chi poteva dirlo? Nessuno le si era mai neppure avvicinato.

Una nube onirica si materializzò improvvisa, di colore rosso porpora, greve di una minaccia senza nome. La riunione si disperse. Ma quelle ultime domande avevano segnato ogni coscienza del Gruppo di Forza Vitale.

Nelle successive riunioni venne stabilito che bisognava raggiungere la nube della colpa, esplorarla e attraversarla.

Tutti avrebbero dato il loro contributo per riuscire nell’impresa.

Solo uno avrebbe tentato di passare oltre, e quell’uno prescelto fu il giovane Janus.

3

Come tutte le coscienze, Janus si era ritrovato nella sfera un po’ all’improvviso. Ma il concetto di prima e di dopo era subito stato annullato dalle leggi non scritte della sfera, e anche per lui aveva cominciato a esistere soltanto più quel mondo. Eppure Janus, al pari delle altre coscienze che avrebbe incontrato nel Gruppo di Forza Vitale, era inquieto. Si lasciava trascinare dalle correnti imprevedibili della sfera, e non legava con nessuno. Sentiva le emozioni, come tutti. Erano emozioni di un colore che virava verso il non colore. Rimpianto, vergogna, forse colpa. Emozioni che un po’ tutti conoscevano, lì dentro, ma che molti avevano in qualche modo superato, grazie all’aiuto delle coscienze guida. Janus istintivamente non si fidava delle coscienze guida. Ma lì dentro stava male. Era dura, senza l’aiuto di nessuno. Quello era il mondo, l’unico mondo esistente, senza passato né futuro, e per lui era un mondo di dolore. Che senso aveva l’esistenza?

L’unica nota di colore che lo sollevava erano le nubi oniriche. Quando le avvistava, a differenza delle altre coscienze, lui non fuggiva. Si bloccava, le osservava, le lasciava passare. Pensava: se mi vengono addosso, lascerò che mi travolgano. Le leggi predicate dalle coscienze guida intimavano di fuggire dalle nubi oniriche. Eppure a lui piacevano. Anche se incutevano paura, annullavano un poco il non colore delle sue emozioni. Il rimpianto, per esempio. La vergogna. Forse, la colpa. C’era solo più paura, e meraviglia, in quei momenti; nient’altro.

Finché non avvistò quella particolare nube. In fondo non era così diversa dalle altre. Un turbine di rossi, di violetti, di bluastri, che vorticavano intorno a un punto imprecisato, che doveva esserne il centro. La nube si spostava verso di lui, trascinandosi dietro il suo carico di emozioni: forti, travolgenti, annichilenti. Eppure quella nube aveva qualcosa di differente…

Voci distanti di coscienze guida cominciarono ad avvertirlo:

Allontanati… è pericoloso!

Quella nube gli parlava. Le emozioni che la costituivano lo riguardavano direttamente. Lui, in prima persona.

Non lasciarti ingannare… presto, allontanati!

Janus sapeva che tanti si erano lasciati risucchiare dalle nubi oniriche. Di loro non v’era più traccia. Non esistevano più. Per questo si era sempre limitato a osservare le nubi da lontano, senza avvicinarsi di sua iniziativa. Le leggi non scritte della sfera, la necessità dell’uno, le direttive delle coscienze guida…

Non esitare! Allontanati subito!

Quella nube gli parlava. Gli diceva che se si fosse immerso in lei, tutto sarebbe stato chiaro. Il non colore delle sue emozioni sarebbe svanito, travolto da un turbine di colori, di emozioni, di istinti ritrovati. Non sarebbe stato meglio, non sarebbe stato peggio; sarebbe stato più vero, più giusto.

Janus cominciò a muoversi. Non per allontanarsi. Andò incontro alla nube, e si lasciò attirare dal suo centro vorticoso.

Fermati… fermati!

Janus sa cosa gli successe nei brevi momenti in cui sfiorò la nube. Non sono ricordi, perché il concetto di ricordo non esiste nella sfera. Sono immagini che esistono dentro la sua coscienza, e la innervano, e la fortificano. Sono le stesse immagini che muovono tutte le coscienze che partecipano ai Gruppi di Forza Vitale, che le spingono a cercare sempre nuove domande.

Un mondo diverso, eppure familiare. Colori, sensazioni: vita. Violenza. Certo: violenza. Cos’è la violenza? Qualcosa che fa male, che annichilisce. Vedere i volti dei tuoi cari che ti guardano, da laggiù in fondo, e tu che non capisci. Perché ti salutano? La violenza che ti impedisce di ribellarti. Perché un’energia bestiale, la tua, stravolta dalla rabbia, viene costretta all’immobilità. Soprattutto questo: una bestia che viene messa in gabbia, in modo che non possa più nuocere. Una bestia in una gabbia. Quella bestia sei tu.

Janus non venne inghiottito dalla nube. Fu salvato da qualcuno, all’ultimo minuto; qualcuno che aveva già provato la sua stessa esperienza. Erano Aristoteles, Alexandros, Macedonios, e tanti altri.

Janus li riconobbe come fratelli. Venne battezzato, e fu libero di scegliersi un nome. Scelse Janus, chissà perché.

Era un nuovo membro, l’ultimo, del Gruppo di Forza Vitale.

Adesso quel nuovo membro avrebbe tentato l’impresa disperata: penetrare nella nube della colpa. E andare oltre. Per trovare una risposta a tutte le domande.

4

Le riunioni cessarono. Così com’era nato, il Gruppo di Forza Vitale si sciolse. Senza che ci fosse una decisione precisa, senza che nessuno si opponesse.

I membri del Gruppo. Aristoteles, Alexandros, Macedonios, Gregorios, Dionysios e tutti gli altri. Divennero coscienze indistinguibili, parte integrante dell’uno.

I loro nomi vennero dimenticati.

Pian piano si avvicinarono ai gruppi che si riunivano intorno alle coscienze guida. Ciascuno di loro verso un gruppo differente. Come se Aristoteles, Alexandros, Macedonios, Gregorios, Dionysios non si fossero mai conosciuti.

Le coscienze guida avevano notato che quelle strane, aperiodiche e terribili perturbazioni che avevano attraversato tutta la sfera erano cessate. Questo aveva dato loro prova che qualcosa, per fortuna, era cambiato. Ora vedevano che le coscienze ribelli si riunivano di nuovo ai loro gruppi.

Si rallegrarono, come per il figliol prodigo tornato dal padre. Non per questo, tuttavia, allentarono la sorveglianza. Si poteva tollerare che qualche coscienza non fosse allineata, era anzi giustificabile e perfino auspicabile, per l’equilibrio della sfera. Ma certi meccanismi, il loro funzionamento, andavano preservati e protetti.

Fu il vecchio Aristoteles il primo a contattare una delle coscienze guida. Non ci fu bisogno di parole; l’impressione divenne certezza. Mai più Gruppi di Forza Vitale. Mai più misteriose scosse che arrivavano a lambire la nube della colpa. Mai più coscienze che credevano di intuire la verità semplicemente sfiorando casualmente una qualsiasi nube onirica.

– Per quale motivo? -, fu l’unica domanda.

– Andavamo contro l’uno, e questo è un male -, rispose la coscienza che era stata Aristoteles.

Solo Janus non si era unito a uno dei gruppi delle coscienze guida. Aveva iniziato a farsi trascinare dalle correnti della sfera, come fosse parte di esse. La sua coscienza ora era vuota; né pensieri, né emozioni, né paure la albergavano.

Poiché, come recitava la preghiera dedicata alla nube della colpa:

…tu sola sei fissa nella sfera in cui tutto è divenire

poiché tu sei il centro esatto della gravità

del continuo mutamento dell’uno che noi formiamo e siamo.

E allora Janus sarebbe stato la foglia dell’albero che si stacca dal ramo e viene attratta e infine risucchiata dal vortice di vento.

La fortuna lo aiutò. Durante il tragitto le nubi oniriche lo sfiorarono, ma mai lo risucchiarono, ignorandolo come fosse una preda poco interessante. Le altre coscienze non si accorgevano di lui, perché Janus si era fatto non-coscienza.

Il paesaggio intorno a lui mutò. Il non colore adesso dominava. Le nubi oniriche erano scomparse, così come le coscienze.

Il sole nero della nube della colpa era vicino, e già l’aveva catturato inesorabilmente.

5

Ci fu un momento in cui Janus si avvide di qualcuno. Coscienze guida, in lontananza, si stavano agitando. Erano poste a sorveglianza della nube della colpa, evidentemente. Erano spaventate: si muovevano lente verso di lui, per fermarlo.

Fosse stato solo, Janus non sarebbe mai passato. Non avrebbe potuto contrastare, da solo, quelle coscienze. Ma c’erano i suoi amici, sparsi per i vari gruppi. Janus li sentiva, i sensi acuiti dalla vicinanza del nucleo stesso di tutta la sfera. Alexandros, Macedonios, Dionysios e tutti i compagni. Loro sapevano quando sarebbe stato il momento, perché il Gruppo di Forza Vitale era un’unica entità.

Ciascuno di essi raggiunse la coscienza guida del suo gruppo, tra la sorpresa generale. Sorpresa che ben presto divenne sgomento. Perché le coscienze un tempo ribelli attaccavano; le coscienze che avevano osato darsi un nome sopraffacevano le coscienze guida.

E urlavano alla folla: – Svegliatevi!

E mentre la folla esplodeva disperdendosi in mille direzioni, le coscienze guida venivano bloccate.

– Lasciatelo passare -, intimavano Alexandros, Macedonios, Gregorios.

– Chi? Cosa?

– Avete capito. Lasciatelo passare.

– Non può farlo. E’ proibito.

– Non esistono leggi. Lasciatelo passare.

In qualche modo le coscienze guida furono più arrendevoli di quanto avevano previsto.

E così Janus non venne fermato, e riuscì a passare quell’ultima frontiera.

Janus chiuse gli occhi, poiché intorno a lui regnava il non colore, ed era fastidioso. Decise di concentrarsi sulle sue emozioni. Dapprima paura. A un certo punto terrore. Poi venne la calma. Dietro quella calma, tuttavia, si nascondeva qualcosa. Qualcosa di terribile, che ricordava le visioni percepite quando aveva sfiorato la sua nube onirica. Ma erano peggio, quelle visioni, perché erano reali. Perché erano presenti. E non erano soltanto sue. Erano di tutti.

Erano dell’uno.

Si sta svegliando.

Non è possibile.

Si sta svegliando, ti dico!

Pur avendo ancora gli occhi chiusi, Janus aveva percepito. Aveva compreso. Innanzitutto quelle voci.

Nessuno ha mai osato svegliarsi!

Quelle voci appartenevano alle coscienze guida. E quel nome, nube della colpa, riguardava solo loro. Riguardava le coscienze guida.

Perché la colpa era loro.

La colpa proveniva dalle coscienze guida.

E la colpa era il motore che reggeva insieme tutta la sfera.

Gli occhi, guarda gli occhi, si muovono!

La rabbia invase Janus, tutto all’improvviso. Una rabbia cieca, una rabbia sorda. E sapeva che la rabbia era sbagliata. La rabbia l’avrebbe portato alla rovina. Desiderava voltarsi, tornare indietro nella calma ovattata della sfera, nel rifugio morbido del grembo dell’uno. Ma ormai era tardi. I pensieri si stavano confondendo. Le vecchie visioni tornavano ad annebbiargli la mente. Ciò che era stato, cioé coscienza, lo stava abbandonando. Un altro Janus prendeva il sopravvento. Nell’ultimo istante di lucidità, mentre le palpebre lentamente si aprivano, Janus comprese.

La sua coscienza, oltre la nube della colpa, non poteva esistere.

Oltre c’era solo non coscienza.

Oltre c’era solo annientamento.

Ecco le risposte alle domande.

Janus aprì gli occhi.

Sedatelo, presto… Sedatelo!

Janus cominciò a urlare.

6

Alcuni estratti da “I limiti della sfera post-onirica nella cura della schizofrenia terrestre”, di Kratwochvilow Drezkarnowshky III, in “Quaderni virtuali di psicologia pan-galattica”, seconda dispensa, primavera 2371 d.C.

[…] Di questa malattia terrestre, o per meglio dire “umana”, in quanto precipua di questa specifica “razza” (i virgolettati sono d’obbligo, qui come più avanti), si è già scritto e detto molto. Mi limiterò a riproporre una delle conclusioni degli atti del recente congresso sulle psicopatologie dei popoli della Via Lattea, conclusione da cui potrebbero scaturire tutte le speculazioni del caso: “perché è noto” (cito a memoria), “che proprio la schizofrenia rimane l’unica malattia terrestre (umana, sic) che sfugge ancora alla nostra comprensione, le cui cause rimangono avvolte nel mistero, e di cui non si sia ancora trovata una cura efficace”. Per comodità chiamerò anch’io la schizofrenia “malattia”, anche se sappiamo che fin dal ventesimo secolo, periodo di pericolose e giustissime rivoluzioni, il termine venne visto con sospetto e fu giudicato fuorviante e non adeguato […] Ma, come forse ben saprete se frequentate le cronache psichiche, non è solo la via teorica a porre dei dubbi su questo metodo che al suo avvento, una cinquantina di anni fa, venne salutato come la probabile rivoluzione decisiva che avrebbe portato finalmente un sollievo duraturo ai pazienti. L’ultimo caso è quello della stazione di cura Alpha Centauri Sedicesima, orbitante intorno alla Vecchia Terra. Un paziente si è risvegliato o, per meglio dire, è uscito dalla sfera post-onirica (che alcuni preferiscono chiamare “comunità condivisa”) con un preciso atto di volontà. Ciò ha causato un risveglio a catena di altri pazienti (se i miei dati sono esatti, tredici su cinquantacinque in cura alla stazione), e ha costretto il personale medico responsabile della stazione a ricorrere ai vecchi metodi, cosiddetti “chimici”, di sedazione. In seguito i pazienti hanno opposto un netto rifiuto a tornare nella “Comunità condivisa”, preferendo l’imprevedibilità della malattia alla vita cosciente, ma per forza di cose limitata, che si svolge nella sfera. Il responsabile della stazione non ha reputato necessario destare il personale addetto alla sorveglianza delle attività all’interno della sfera, le cosiddette “coscienze guida”, commettendo a mio avviso un errore. Solo interrogando le coscienze guida, infatti, si potrebbe risalire alla causa scatenante della decisione di Janus (questo il nome fittizio del paziente), causa che potrebbe forse illuminarci su aspetti ancora in ombra, e forse decisivi, di questa misteriosa “malattia”. […] Ancor di più mi preme sottolineare il punto di vista etico, forse addirittura umano, nel senso più nobile che viene dato alla parola. Che cos’è in fondo la sfera post-onirica, se non una prigione? Quale evoluzione rispetto alle comunità di cura del ventesimo secolo, alcune delle quali, abbandonate a se stesse durante l’ultimo conflitto mondiale, vennero chiamate “ghetti dell’anima”? Senza contare l’incredibile peso psichico di stress e sensi di colpa di cui vengono caricate le coscienze guida, vere e proprie guardie carcerarie all’interno della sfera. Non è un caso (si veda il recente “La singolarità umana: il suicidio e la sua distribuzione statistica all’interno della popolazione terrestre”, di Tommaso L. Grenier, chiave di accesso 117198 bis), non è un caso che la percentuale di morti per suicidio nell’ambito di questa categoria professionale (ascrivibili quasi sempre allo schiacciante senso di colpa) superi di ben due volte la stessa percentuale nell’ambito dei pazienti schizofrenici. Ciò equivale a dire che la “malattia” miete più vittime nelle sue manifestazioni, per così dire, “di rimbalzo”, che in quelle dirette. Come se si trasmettesse per contagio, non nei suoi sintomi, ma nelle sue estreme conseguenze. […]

L’IMMAGINE – scelta dalla “bottega” – è di Roland Topor.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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