Argentina: la lotta del Mocase

di David Lifodi

La questione della  terra e la denuncia dell’agronegozio non riguardano solo il Brasile: in Argentina, da ventiquattro anni, il Movimiento Campesino de Santiago del Estero (Mocase) contrasta l’avanzata delle multinazionali e, purtroppo, spesso ha dovuto piangere i suoi militanti, anche qui uccisi dalle guardie armate al servizio dei latifondisti.

La questione agraria in Argentina, e in particolare il saccheggio delle risorse naturali, unito allo sfruttamento dei lavoratori rurali a Santiago del Estero (nel nordest del paese), risale almeno al XX secolo, quando l’impresa inglese La Forestal costringeva i braccianti a lavorare in condizioni di semischiavitù. La famiglie contadine affrontarono decenni di repressione, sgomberi violenti e condizioni di vita estremamente povere. Nel 1990 nacque il Mocase, che ancora oggi riunisce circa novemila famiglie di campesinos: fin dall’inizio, il movimento scommise su un altro sviluppo di modello agrario, si fece promotore di progetti produttivi alternativi a quelli della monocoltura, fondò scuole e radio comunitarie. Pur essendo meno conosciuto del Movimento Sem terra, il Mocase rivendica gli stessi obiettivi e proviene dallo stesso retroterra, quello legato agli sgomberi delle comunità rurali e all’esproprio della terra dagli anni ’60 agli anni ’80. Fu negli anni ’90 che, grazie all’appoggio delle comunità di base, della Chiesa progressista e di alcune organizzazioni non governative, il Mocase si dette una prima organizzazione. La nascita ufficiale risale al 4 agosto 1990, nella località di Quimilí. Fin dalla sua fondazione, la difesa della terra ha sempre rappresentato una priorità per il Movimiento Campesino de Santiago del Estero: di fronte alla crescita della monocoltura della soia, già all’inizio degli anni Novanta, migliaia di famiglie organizzarono azioni di distruzione mirata, anticipando così le proteste più clamorose di cui si sarebbe resa protagonista, negli anni a seguire la Vía Campesina. Di fronte al carcere e alla repressione, il Mocase non è mai arretrato, assumendo presto un ruolo sociale di primo piano e divenendo l’incubo dei grandi proprietari terrieri: non a caso è stato tra i primi movimenti ad aderire a Vía Campesina e alla Coordinadora Latinoamericana de Organizaciones del Campo (Cloc). Attualmente in Argentina ci sono circa 19 milioni di ettari di soia: Santiago del Estero è stata tra le prime zone del paese a dover affrontare la deforestazione dovuta alla crescita della monocoltura della soia. L’agronegozio ha colpito anche in Argentina con la devastazione di interi boschi e la contaminazione di terra e acqua. Il modello soiero, sviluppatosi soprattutto durante l’epoca del menemismo e tuttora in continua espansione, è stato contrastato dal Mocase principalmente tramite la proposta di sovranità alimentare e un progetto di riforma agraria integrale. Nel 2008, una lettera aperta rivolta dal Mocase alle istituzioni del paese, è rimasta senza risposta: il movimento chiedeva che fosse posta maggiore attenzione alle famiglie indigene e contadine, ridotte alla povertà di fronte allo sviluppo della soia. Inoltre, sul Mocase pesano le continue minacce di latifondisti, imprenditori e sicari al loro servizio. Lo scorso 12 settembre militanti del movimento sono stati minacciati di morte dal proprietario di bestiame e imprenditore nel settore forestale Américo Argentino Argibay, uno dei più acerrimi nemici dei campesinos responsabile, tra le altre cose, di aver disboscato illegalmente circa 1800 ettari della terrà di proprietà delle comunità. Argibay, insieme al sodale Jorge Cura, sono i padroni assoluti della zona di Santiago del Estero: entrambi sono stati protagonisti di sgomberi illegali della terra compiuti ai danni dei contadini del Mocase, che li hanno denunciati per usurpazione illegale della terra di proprietà delle famiglie indigene e campesine. Tuttavia, i casi più gravi riguardano l’omicidio di Cristian Ferreyra, avvenuto il 16 novembre 2011, e quello di Miguel Galván, ucciso il 10 ottobre 2012: entrambi erano militanti del Mocase eliminati dalle guardie armate al servizio dei signori della terra che hanno ridotto in una schiavitù degna del regime feudale i contadini costretti a lavorare al loro servizio. Cristian Ferreyra era un giovane membro del movimento, impegnato a difendere la terra della sua comunità, Monte Quemado, dagli espropri dei latifondisti. Ad oltre tre anni dall’omicidio, il tribunale dovrebbe condannare José Ciccioli e Javier Juárez, rispettivamente imprenditore e mandante morale del crimine il primo, e capo di un gruppo paramilitare il secondo. Il Movimiento Campesino de Santiago del Estero ritiene già un successo che il caso Ferreyra sia giunto in tribunale, ma il giudice che si occupa dell’omicidio del giovane è lo stesso che, in passato, ha ordinato la detenzione illegale di un altro militante ed ha chiuso gli occhi di fronte agli attacchi armati condotti dai latifondisti contro i contadini. Ad esempio, l’imprenditore soiero Ciccioli, dopo aver ordinato l’uccisione di Cristian Ferreyra, ha ordinato la persecuzione della sua famiglia: i suoi sgherri, armati e incappucciati, hanno condotto una spedizione punitiva contro un cugino di Cristian, Maximiliano Gastón, per sottrargli il cellulare dove c’erano le foto dell’aggressione contro Ferreyra e Darío Godoy, un altro militante del Mocase scampato alla furia omicida delle guardie armate al servizio del proprietario terriero. E ancora, sempre Ciccioli, ha ordinato il pestaggio di Sergio Arnaldo, un altro cugino di Ferreyra. Poco diversa è la storia dell’omicidio di Miguel Galván, il quarantenne ucciso da Paulino Riso, sicario al soldo dell’Empresa Agropecuaria Lapaz S. A.: prima hanno cercato di far desistere Galván con le buone, offrendogli denaro se avesse rinunciato alla lotta per la terra insieme alla sua comunità, poi lo hanno ucciso quando l’impresa ha capito che non sarebbe riuscita a comprarlo. Anche in questa circostanza, la persecuzione dei latifondisti è stata propagata al resto della famiglia: più volte suo fratello Rafael è stato minacciato di morte. Santiago del Estero è divenuta una zona ad alta conflittualità sociale, peraltro nel silenzio e nel disinteresse delle istituzioni centrali. I paramilitari compagni di armi degli assassini di Ferreyra hanno già detto che, in caso di sentenza a loro sfavorevole, uccideranno tutti i membri della famiglia di Cristian: purtroppo sanno che possono farlo in un contesto sociale e politico a loro favorevole, dove i signori della soia vanno a braccetto con le istituzioni locali ed hanno un potere enorme sulla vita dei cittadini.

Nonostante tutto, gli appelli del Mocase affinché la terra sia data a chi la lavora sono riusciti ad aprire un dibattito nazionale sulla questione agraria in Argentina, ma i diritti di indigeni e contadini, per adesso, continuano ad essere calpestati.

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