La quotidiana esperienza del Nulla – di Mark Adin

Non ho avuto maestri, in tema. Sono un apprendista, un autodidatta della esplorazione del Nulla. Sono stato costretto ad aderire a un programma di formazione spinto dalla necessità di aggiornare le mie competenze. Non trovo procedure codificate neppure sul web, così mi arrangio, attingendo al contenitore del Nulla più accessibile e capiente: la televisione. Non sono retrogrado, non antimodernista, semplicemente inadeguato, per questo mi voglio migliorare. Neppure penso che sia, in sé, in ogni caso, un mezzo di comunicazione nocivo o inutile. E’ semplicemente uno strumento, la televisione, che cambia pelle nelle mani di chi lo utilizza. E oggi è l’espressione più fedele di ciò che viviamo.

La suggestione di Matrix, dove la storia rivela un mondo nascosto da una grande menzogna tecnologica, rende a sufficienza l’idea. Le assomiglia, se la spegni ritorna la realtà. Penso a che cosa debbano aver provato i lettori di Orwell nel 1949 – quando la TV italiana ancora non trasmetteva neppure in bianco e nero – di fronte al “Grande Fratello” del romanzo “1984”.  E tutte quelle migliaia di giovani che fanno code interminabili per essere ammessi ai provini della contemporanea, omonima trasmissione, lo sanno che a Big Brother gli ci vanno in bocca?

Tornando a Matrix, alla storia, la consapevolezza del protagonista che scopre il mondo reale è coincidente con qualcosa che assomiglia ad un risveglio interiore.

A volte penso che “Chi ha incastrato Roger Rabbit?” si avvicini ancora di più, e meglio, a ciò che intendo, pur rovesciando il gioco: un investigatore privato, metafora di una intelligenza ferita ma non battuta, incappa in due cartoon: un coniglio, molto distante da un certo Harvey più datato, altrettanto simpatico ma più surreale, e una rossa, irresistibile e tutta curve, entrambi coinvolti  in una storia bollente e pericolosa. I due mondi, quello reale e quello dei cartoni interagiscono, si scambiano, fino a dare l’impressione che il mondo reale sia quello dei Looney Tunes, quello dei disegni animati. Eccoci al punto, al sorprendente ribaltamento dei piani.

Basterebbe entrare in un Centro di Identificazione ed Espulsione per essere gettati in mezzo al mondo vero, basterebbe essere a tavola con la famiglia monoreddito di un licenziato, la sera stessa, per rendersene conto. Sarebbe sufficiente, col teletrasporto di Star Trek, trovarsi catapultati in Siria oppure in Afghanistan. Ma potrebbe essere interessante anche entrare nella testa di un broker che avvelena i mercati, o assistere allo sciuparsi della vita di una donna per mano del suo ben conosciuto assassino.

Fatti come quelli sopra descritti non vengono certo taciuti, no, piuttosto vengono presentati addomesticandoli, verniciandoli a nuovo, mercificandoli, mascherandoli, svendendoli a un pubblico che li consuma come potrebbe fare con grandi lecca-lecca, lappandone la superficie per provarne il gusto artificiale e dolciastro. Attraverso lo schermo televisivo ci appaiono la Minetti-Paperina, Pippo-Gasparri, Clarabella-Rosy Bindi, e ora è ritornato Macchia Nera che vuole rifare persino la Banda Bassotti (pare cambiandogli nome). A Cartoonia, negli squarci di colori strillati e sgargianti, con quelle allegre musichette, Titti-Bersani si dondola nella sua gabbietta, mentre Casini-gatto Silvestro lo punta leccandosi i baffi. Ci sono proprio tutti. Li vediamo in Technicolor. Non sono cattivi, è che li disegnano così. That’s all, folks!

Noi però possiamo scegliere se passare il confine e risiedere tra i cartoni, nel Matrix, oppure stare nel mondo vero, tra i disillusi. Ci mancheranno i colori, ci mancheranno Topolino e Wilcoyote, e pure Braccobaldo, restituiremo gli occhialini treddì, usciremo da questo Nulla divenuto insopportabile, staremo dalla parte delle donne e degli uomini, e non dei cartoni.

Quando cadrà la maschera di Macchia Nera ci apparirà un omettino spelacchiato e capiremo il trucco. Sparirà il Nulla e tornerà il Mondo, bello e brutto, come è sempre stato, ce lo terremo stretto.

Mark Adin

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