La Repubblica dominicana non depenalizza l’aborto

Le donne sono scese più volte in strada per annunciare che continueranno la loro lotta a favore della depenalizzazione dell’aborto

di David Lifodi

Insieme a El Salvador e Nicaragua, la Repubblica dominicana è uno dei paesi latinoamericani che non prevede l’aborto legale. Nel corso dell’estate sembrava che l’occasione per depenalizzare l’aborto fosse arrivata, ma il Senato ha deciso di respingere, a maggioranza, le sollecitazioni provenienti dalla presidenza del paese e, soprattutto, dalla società civile.

Attualmente, il Codice penale prevede tre anni di carcere per le donne che scelgono di abortire e dieci per  medici e personale paramedico che si rendano complici di un aborto. In più di una circostanza, Amnesty International ha criticato sia la decisione presa dal Senato dominicano sia le pene stabilite per le donne che decidono di abortire. “La mancata depenalizzazione dell’aborto”, ha evidenziato la rappresentante di Amnesty International per le Americhe, Erika Guevara Ross, “mette in pericolo la salute e la vita di milioni di donne e ragazze”. Il presidente della Repubblica dominicana, Danilo Medina, aveva sollecitato il Senato a legalizzare l’aborto nei casi in cui la gravidanza metta a rischio la vita della donna, se quest’ultima è vittima di violenza sessuale e se il feto non ha alcuna possibilità di vita al momento della nascita. Se la votazione del Senato ha fatto tirare un sospiro di sollievo alla Conferenza episcopale della Repubblica dominicana, che ha ribadito “la difesa della vita come valore inviolabile”, non altrettanto si può dire per i collettivi di donne che sono scesi più volte in strada per annunciare che continueranno la loro lotta a favore della depenalizzazione dell’aborto. Secondo Amnesty International, il tasso di mortalità materna della Repubblica dominicana è uno dei più alti dell’intera regione: 106 morti su 100.000 nati vivi. “Le donne più povere sono quelle che si trovano in una situazione di maggior rischio”,  ha ricordato Guadalupe Valdez, ambasciatrice speciale del programma “Fame zero” per l’America latina e i Caraibi presso la Fao, sottolineando inoltre che la Repubblica dominicana è uno dei paesi con il maggior numero di gravidanze precoci tra le adolescenti. Secondo i dati in possesso del Ministero della salute, gli aborti condotti in condizioni precarie e non in sicurezza provocano il 10% delle morti materne nel paese. Il Senato, sostengono le donne dominicane, aveva la possibilità di cancellare una delle leggi più restrittive sull’aborto dell’intera America latina e questo voto contrario manterrà invece un Codice penale fortemente repressivo.

A sollecitare il voto favorevole alla depenalizzazione dell’aborto del Senato non è servito nemmeno l’energico appello della deputata Faride Raful, del Partido Revolucionario Moderno: “Non potete approvare un Codice penale che martirizza le donne dominicane e non garantisce loro il diritto alla vita”, aveva detto, unendosi poi alle proteste dei manifestanti che, di fronte al Congresso nazionale, si appellavano ai senatori affinché considerassero le donne come “esseri umani con dignità”. Al contrario, la mancata depenalizzazione non fa altro che rendere doppiamente vittime le donne, soprattutto quelle appartenenti alle fasce sociali più povere, nonostante la stessa attivista sociale Sergia Galván avesse ricordato come l’interruzione della gravidanza in casi eccezionali rappresenti “una questione di giustizia sociale, salute pubblica e democrazia, oltre ad essere di carattere umanitario”. Ancora più duri i collettivi femministi, che hanno incassato l’appoggio della ministra de la mujer Janet Camilo, la quale ha definito come machisti i senatori che hanno espresso voto contrario. A finire nel mirino delle donne anche la Conferenza episcopale della Repubblica dominicana, definita come “ostacolo allo sviluppo del paese” e accusata di ingerenze nella vita dello Stato, ma anche i senatori che “sono andati contro la volontà popolare ed hanno tradito tutte le cittadine del paese”.

Attualmente, in America latina, tra i paesi che consentono il diritto all’aborto senza alcuna pregiudiziale troviamo esclusivamente l’Uruguay. In Brasile l’aborto è ritenuto legale negli stessi casi per i quali avrebbero dovuto legiferare i senatori dominicani, mentre in El Salvador sono previste pene per le donne che scelgono di abortire in maniera spontanea.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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