La Sardegna magica di Elias Mandreu, uno e trino

Marie, la donna uccisa ha in mano un ritaglio di giornale del 1984, cioè di 24 anni prima. Ma che collegamento esiste fra questo delitto nel Gennargentu e il lontano malore del sindaco di Fraus? Riuscirà a scoprirlo Andrea Ghironi? Chi legge scommetterebbe di no visto che il protagonista è un praticante legale (ma licenziato a pagina 125) a tal punto imbranato che quando denuncia l’omicidio prende una multa per mancata revisione della sua vecchia Bravo.

Dopo il bell’esordio di «Nero riflesso» l’anno scorso, il trio sardissimo che si cela sotto lo pseudonimo Elias Mandreu si ripresenta con «Dopotutto» (234 pagine per 17 euri) sempre edito da Il Maestrale e conferma di saper tessere le trame, inventare personaggi che restano nella memoria, non sprecare (o banalizzare) le parole. Per di più il trio cambia genere: dopo un noir abbastanza classico, qui siamo in una sorta di fantascienza, di realismo magico forse ma con la Sardegna a occupare il ruolo della Colombia (di Marquez) o del Perù (di Scorza).

Quel che della storia si può accennare ruota intorno a 9 nodi narrativi che l’inv-inv-imb (investigatore inventato e imbranato) deve sciogliere.

Chi ha ucciso Marie e perchè? Margot e Ivan sono più idioti che pericolosi? Nel frattempo l’ex sindaco Celestino Lilliu è morto? Da che parte sta don Tarcisio? Ci sono legami fra il delitto e la vecchia, torbida vicenda di sperimentazioni farmaceutiche che in Francia sembra avere ricadute persino sulle elezioni presidenziali? Sappiamo tutto dell’arseniato di piombo? Bisogna fidarsi di un deja vu o è solo una coincidenza? (Detto in modo più forbito, aveva ragione sant’Agostino quando giurava che «il tempo non esiste»?). E indietro nei secoli… è importante se nella battaglia di Waterloo, che segnò la fine di Napoleone, sia stato Cambronne (ma in che lingua?) a pronunciare quel «merda» che passò alla storia? La Sardegna infine che qui è davvero caput mundi: molti ipotizzano legami fra l’Isola e Juan Peron ma nelle pagine di «Dopotutto» entrano in ballo anche Elvis Presley (che potrebbe creare, pur da morto, qualche grattacapo persino a Obama) e addirittura Jules Verne; tutto questo cosa c’entra con Andrea, avvocato fallito e con la povera Marie?

Sciogliere tanti e complessi quesiti senza barare richiede grande abilità: Elias Mandreu usa le sue 6 mani al meglio. Anche i personaggi minori (lo zio quasi Google, l’avvocatessa Morellas tirchia da leggenda, un catti-cattivissimo che intravediamo appena) sono azzeccati, il ritmo sempre giusto e magistralmente spiazzante il finale.

Si può azzardare – perlomeno io lo faccio – che la letteratura italiana dopo il collettivo che è solito assemblarsi sotto la firma Wu Ming abbia trovato anche un trio d’eccellenza da affiancare a (poche e pochi) solisti di valore. Evviva.

Leggendo tenete d’occhio il bel maresciallo Casti, i suoi dubbi sullo Stato, il suo approccio decisamente “gordiano” per sciogliere i nodi. Riflettete sul «principio del fantino» e sulla favoletta di un calabrone che vola anche se («per massa, dimensione alare e aerodinamica») non potrebbe. E magari segnatevi alcune battute memorabili: «non ci sono Buoni in questa storia»; «merito e colpa sono la stessa cosa scritta da mani diverse»; «perdersi in un luogo è meno grave che perdersi in un quando». Ma soprattutto ricordatevi di questa sentenza che torna utile nel romanzo come nel mondo cosiddetto reale: «Per evitare che il virus della verità dilaghi è sufficiente vaccinare la gente con accorate miscele di verosimile».

Se il trio Mandreu vi ha incuriosato sul blog trovate . in data 15 agosto 2009 – anche la mia recensione al precedente romanzo (db)

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