La smacchiatoria dei defunti

un racconto di Rosario Battiato

Bocklin-isolaDeiMorti

Impeccabile in vita, lercio sui polpastrelli. Un pensiero che era il ceffone del mattino, più forte di un caffè, che lo scuoteva appena arrivato a lavoro, già all’esame delle prime pratiche quando lo sguardo vorace del sottilissimo monitor si prendeva una parte consistente della sua attenzione. Il resto dell’attenzione volteggiava, come un corvo timido, sulla vicina di posto che non era affatto sottile. Irrompeva con un corpo che sembrava una mazza chiodata pronta a imperversare sul mondo. Per batterlo al tappeto e poi schiacciarlo con l’indifferenza di una divinità lontana e irraggiungibile.

Giorgio c’era abituato, ormai da tre anni. Anche se poi non è che ci volesse tanto. Un vecchio autore statunitense diceva che la realtà è quella cosa che continua a esistere anche se smetti di crederci. Per molta gente l’unica speranza di sopravvivere è continuare a crederci. La ConsegneVeloci spa non aveva un ufficio, un capannone, uno studio. No. Si lavorava da casa e basta. Tutto il mobilio – vicine procaci incluse – era illusorio. Così come il traffico esterno. Faceva parte del pacchetto di isolamento e di controllo. Per quelle sei ore quotidiane si era a casa, certo. Ma si era in ufficio, invece.

La ConsegneVeloci spa creava identità virtuali da polso. “Cosa avrebbe detto tuo nonno se…” era soltanto una delle varianti. Un secolo intero di social estremo e invasivo aveva creato identità virtuali molto forti. Talmente potenti da irrompere nel mondo. Da esistere. Il nipote che si era visto troncare precocemente il rapporto con il nonno, adesso avrebbe potuto richiederne una copia perfetta. Un’intelligenza artificiale versione audio che avrebbe riprodotto, in tutto e per tutto, il social dell’uomo rielaborando almeno quindici anni di conversazioni e commenti con la capacità di elaborare nuovi problemi, nuovi dubbi, e rispondere dando nell’85% dei casi (una percentuale da contratto) la risposta del defunto. Tutto questo previa autorizzazione al trattamento dei dati, ovviamente, ma anche garantendo una vita sociale minima, appunto, di quindici anni. Certo, il mercato aveva molte richieste anche per i morti prematuramente (anche i padri addolorati per l’aborto) ma ci sarebbe voluto ancora del tempo.

Giorgio non era un programmatore, né un grande talento in generale. Giorgio lavorava per la ConsegneVeloci spa perché a un certo punto era sorto un problema. Un problema che si espandeva come un bubbone voglioso e capriccioso. Un bubbone che ormai riguardava anche altre grandi compagnie di Sostituti Audio. Il punto era proprio la qualità del lavoro. I Sostituti, in realtà, erano sin troppo fedeli. Fedeli oltre ogni immaginazione.

Eccone un altro, disgustoso. Disse Giorgio ticchettando nervosamente sulla tastiera. A volte avrebbe voluto rifiutarsi di fare in modo che certe persone continuassero a esistere. Anche soltanto come una voce guida purgata.

Giorgio era un ripulitore di conversazioni. Per evitare il diritto di recesso. Molti acquirenti si ritrovavano con un sostituto impeccabile, talmente impeccabile da non riconoscerlo. Talmente impeccabile da essere trasparente come non lo era mai stato in vita. Perché l’avanzatissimo programma di recupero della personalità virtuale, previa autorizzazione, recuperava veramente tutto. Una rete a strascico. C’era la moglie che scopriva il caro dolce innamoratissimo marito che flirtava in chat con la vicina dodicenne (e che poi si ritrovava a sentire i suoi commenti volgari mentre andava a prendere il figlioletto a scuola), il nonnino gentile che comprava droghe illegali e che al nipotino avrebbe certamente consigliato di farsi dalla mattina alla sera (certamente non molto utile per una crescita sana e vigorosa) e via dicendo.

Tutte queste storie gli ricordavano tanto «Diario di un magistrato» di Guy de Maupassant, un autore vecchio di secoli, la storia di un giudice apparentemente irreprensibile che alla morte lascia un diario con tutte le sue nefandezze. Proprio per questo Giorgio aveva un secondo profilo. Si chiamava Guy. Non si sa mai. Magari qualcuno l’avrebbe potuto richiamare in vita.

NELL’IMMAGINE la prima versione – ce ne sono numerose – di «L’isola dei morti» di Arnold Böcklin.

 

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