La solitudine del sovversivo – Marco Bechis

(letto da Francesco Masala) – memorie di un sopravvissuto

Dopo il 1968 – cioè la forza dei sindacati e le idee di rivoluzione – il Potere, quello vero, piano piano riprende il comando, dappertutto; da qualche parte con i servizi segreti (deviati?), come in Italia, o con l’avanzata di forze politiche di destra (Thatcher e Reagan, qualche anno dopo, per esempio), mentre in altri Stati, a sud degli Usa, e in Africa, direttamente, a qualsiasi costo, con golpe militari, sostenuti direttamente o indirettamente dagli Stati Uniti e dalle potenze ex(?) coloniali.

Nell’Argentina dei Generali, il 19 aprile del 1977 si trova Marco Bechis, a vent’anni, in una Ford Falcon degli squadroni della morte. (“Avevo vent’anni, non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”, scriveva Paul Nizan).

Marco Bechis racconta il prima e il dopo della sua permanenza in una prigione segreta, da cui uscirà dopo un po’ di giorni per altre prigioni “normali” e poi tornerà in Italia, grazie all’intervento di qualche potente argentino allertato dalla famiglia di Marco.

Il suo racconto, di uno che c’è stato, in quei luoghi di tortura e di morte, fa stare male, pensando a tutti quelli che sono stati ammazzati per le torture o i voli della morte.

Marco Bechis non è diventato un maestro argentino per i bambini della pampa, è diventato un regista, con l’Argentina e l’America Latina nel cuore (AlambradoGarage OlimpoHijos-FigliBirdwatchers – La terra degli uomini rossi  sono alcuni dei suoi grandissimi film).

Un libro per conoscere o per non dimenticare quello che è stato (quotidianamente succede e succederà in molte prigioni del mondo). In italiano è da Guanda nella collana Narratori della Fenice (18 euro)

ps: mi è tornato in mente questo libro

 

 

https://stanlec.blogspot.com/2021/12/la-solitudine-del-sovversivo-marco.html

 

 

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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