La Televisione spianata

(*) di Pietro Ratto

Tv

Non ha senso parlare di dittatura, da noi. Lo si sente dire spesso. Certo, se la dittatura è quella dei mitra spianati, delle esecuzioni di massa e dell’espulsione forzata dei dissidenti, come non dar ragione a chi la nega. La dittatura, però, si definisce in termini di un dominio di pochi, o di uno solo, nei confronti di una popolazione inerme, tenuta fuori dalla politica, privata di ogni possibilità di partecipazione, di espressione del proprio dissenso, di cambiamento.

A ben pensarci il fucile, ormai, fa troppo rumore; è un meccanismo arrugginito, capace solo di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale. Il suo boato semina discredito e isolamento, provoca odiose polemiche, fastidiosi embarghi, condanne, sanzioni internazionali.
Per non parlare dei pericolosissimi processi insurrezionali “di ritorno” che è in grado di innescare. Una moderna dittatura non si regge sui fucili, no. Lo ha spiegato, già in tempi più che sospetti, il ministro nazista Goebbels con la sua politica di diffusione della radio in ogni famiglia.
L’arma micidiale, in grado di far passare a chiunque (o quasi), la voglia di combattere contro le ingiustizie è la Propaganda; in questo caso, quella terroristica. Al giorno d’oggi, insomma, il fucile è l’immagine: è il televisore spianato.

Accendi e osserva..

Milioni di persone private improvvisamente del proprio lavoro; manifestanti, tramutati in pericolosi rivoltosi, bastonati dalla polizia e condannati persino da passanti, automobilisti e negozianti; racconti disperati di madri lasciate a casa senza i soldi per pagare l’affitto; allarmanti ritornelli sul miraggio dell’arrivare alla fine del mese. Suicidi di imprenditori braccati dal fisco… Queste le immagini che ci puntano contro, da parecchi anni a questa parte.
Dall’altro lato, le storie dei grandi.
I grandi industriali che impongono le regole agli operai, che o le accettano o restano a casa. I grandi che spendono fortune in lussi, ostentando un potere che, volutamente, è ormai in grado di incantare chiunque. Il potere dei soldi. I grandi che sguazzano nei loro scandali e ne escono addirittura rafforzati; che comprano e vendono uomini e donne come fossero carote.
E dietro a tutto, l’avviso, subdolamente implicito: “Tentare di abbatterci significa solo farsi male”. Chi nega la dittatura, avverta ben forte la paura di dire da che parte sta, di scioperare, di dissentire. Pensi agli esiti delle grandi decisioni, delle mozioni, dei referendum dimenticati, dei voti di fiducia, delle votazioni in fabbrica, chi ha in mente di ribellarsi!. Chi la nega, ricordi che è tipico di ogni dittatura l’essere disconosciuta da chi la subisce. La dittatura che ci punta addosso il televisore sa ormai camuffarsi bene, dopo decenni di maquillage. Sa che basta aspettare il momento giusto, quando al “rivale” mancano improvvisamente i numeri; basta comprarsi gli oppositori e i testimoni, perché – come la Tv insegna – ogni uomo ha un prezzo.
Basta far votare i dirigenti con gli operai, censurare tra le notizie il prossimo sciopero, non parlarne negli ambienti di lavoro, non far passare le circolari nelle scuole. Basta individuare le RSU tra i vertici dell’azienda, tra i vicari del Preside o gli insegnanti più paraculi della scuola, tra i collaboratori dei potenti: come per magia ogni lamentela si tramuterà in auto-denuncia!

Parola d’ordine: trovare il cavillo, nascondere l’asterisco… Camuffare!
Se hai la Tv dalla parte del manico puoi stravolgere le parole. Partendo dai sostantivi (sindacati al posto di “corporazioni”, missioni di Pace invece di “occupazioni di pozzi petroliferi stranieri”, BuonaScuola al posto di “Scuola pubblica monopolizzata dai privati”, ecc) e continuando con gli aggettivi (rosse come le toghe, inaccettabili come le inchieste scomode, giustizialista come “chi chiede o esige giustizia”…)
Il tutto con contorno di mode di dire retoriche e demagogiche, come “fare un passo indietro”, “senza se e senza ma”, “metterci la faccia”, “la macchina del fango”, ecc.
Ricattare, insomma! Ricattare chi prova ad alzar la testa, prospettando delicatamente e subdolamente casi – per carità, gravissimi e inaccettabili – di scandalosi licenziamenti, di inopportune note disciplinari, di infondate sospensioni, di improvvide decurtazioni di stipendio, di ingiuste bocciature… E, per salvare le apparenze, tollerare di buon grado anche le poche innocue trasmissioni dissenzienti, che servono a scaricare l’ira, a smaterializzarla, trasferendola dai pugni più o meno chiusi a una serie di sconclusionati insulti indirizzati ad un anonimo schermo di plastica, in prima serata, tra un caffè e l’altro, prima di assopirsi sfiniti, sul solito vecchio, consunto divano. Ben vengano queste trasmissioni… Basta tenerle un po’ a bada, ridimensionarle al momento giusto, mantener sotto costante e “telefonica” minaccia i relativi conduttori, e il gioco è fatto!
Perché ad una dittatura evoluta non interessa mica più che tutti la pensino come il capo. Basta semplicemente che “non la pensino”: che non pensino proprio, insomma. Chiuso lì. Anche l’eventuale sussistenza di seppur deboli “opposizioni”, non fa che aiutarla a travestirsi sempre meglio da democrazia. La dittatura del terzo millennio sa di aver bisogno di “rivali”, veri o presunti, per dimostrare al mondo la propria liberalità. Basta solo spaventarli al punto giusto, i rivali! Basta neutralizzarne le potenzialità più distruttive. Un paio di intercettazioni, qualche occhiata ai movimenti bancari, alla cronologia di Google… Si fa in fretta a renderli impotenti, ininfluenti, i cosiddetti “oppositori”. Che si lamentino pure, dunque; che strillino! L’importante è che in nessun modo riescano a mettere in seria difficoltà i veri Padroni.1

L’inconscio, ecco! Questa grandiosa invenzione su cui i dittatori degli ultimi cento anni hanno edificato la propria fortuna. L’inconscio registra tutto, impara, assorbe passivamente. L’inconscio di ogni telespettatore, di ogni “abbonato in prima fila”, apprende pian piano di trovarsi di fronte a qualcosa molto più grande di lui; un mostro che in ogni momento può schiacciarlo. Una creatura invincibile, che risorge continuamente dalle sue stesse ceneri, dalle sue stesse miserie.
Così tutti (o quasi) i bravi abbonati, abbandonano la lotta. Pagano il canone per continuare a farsi indottrinare e, da bravi Teletubbies, si rimettono rapidamente in fila.

Naturalmente in… PRIMA fila!

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[*] Articolo tratto da BoscoCeduo.it

1 Cfr. P. Ratto, I Rothschild e gli altri, Arianna Editrice, 2015

Pietro Ratto è su Facebook e su Twitter. Qui, tutti i suoi scritti “in Bottega” ed una sua biografia

Pietro Ratto
Nato nel 1965, si è laureato in Filosofia ed Informatica nel 1990 con una tesi in Intelligenza Artificiale. Dal 1995 è iscritto all'Albo dei Giornalisti. Professore di Filosofia, Psicologia e Storia, ha vinto diversi Premi letterari di Narrativa e di Giornalismo. Collabora saltuariamente con il quotidiano La Stampa e gestisce i siti "BoscoCeduo" (www.boscoceduo.it) e "IN-CONTRO/STORIA" (www.incontrostoria.it).
Le sue pagine Facebook e Twitter intitolate "BoscoCeduo" sono quotidianamente frequentate da centinaia di docenti ed alunni italiani.

I suoi libri:
- P. Ratto, "Le pagine strappate", Elmi's World, 2014
- P. Ratto, "La Passeggiata al Tramonto. Vita e scritti di Immanuel Kant", Leucotea, 2014
- P. Ratto, "Il Gioco dell'Oca", Prospettiva editrice, 2015
- P. Ratto, "I Rothschild e gli altri", Arianna editrice, 2015

Pietro Ratto è anche musicista. E' stato infatti fondatore e leader del gruppo di rock progressivo ATON'S (vedi http://www.atons.it oppure, su Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Aton's), uno dei riferimenti più importanti del neo-progressive italiano a livello internazionale, dal 1977 al 1999, con una decina di album all'attivo.

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