La trappola dei nuovi Ogm

di Gianluca Ricciato. Con gli appuntamenti di maggio e giugno (Roma, Parma, Trento) e link utili. A seguire una riflessione sull’anonimato ai tempi dell’iper-controllo.

Introduzione: la sussunzione

   Inizio questo articolo/intervista con una domanda in realtà retorica: chi si occupa di movimenti – e in particolare di ambiti quali l’ecologia, l’antagonismo alla globalizzazione, le biotecnologie al servizio di multinazionali – non dovrebbe ormai essersi abituato alla tecnica della sussunzione? Il tema poi delle manipolazioni genetiche, in particolare applicate al cibo, agli inizi degli anni Duemila fu un tema portato letteralmente all’emergenza mediatica da parte dei movimenti. Per questo poi diventò tema scottante anche per la politica mainstream e divenne oggetto di dibattiti anche raffinati su quali siano i cosiddetti limiti della scienza, parola che usata in questo modo a livello letterale non vuol dire niente, in realtà figura retorica (la metonimia è: “la scienza dice che…” e si traduce “alcune persone collegate con alcuni studi scientifici dicono che…”).

La sussunzione consiste in questo: un antagonismo che non si può combattere lo si aggira, lo si addolcisce, lo si fa diventare digeribile per una parte di quella popolazione o per quei settori della società civile che erano stati il problema. Forse è solo il mio pensiero di “militante antiglobal” la cui vita è stata modificata dall’assunzione di responsabilità rispetto a questi temi, tanto da non aver più creduto – dopo quell’epoca con epicentro nelle giornate del G8 di Genova 2001 – che potessero essere de-politicizzati i temi che riguardano tutti i tipi di scelte di consumo o non consumo (e la questione si estende non solo ai beni alimentari, ma anche alla produzione capitalista in generale, al rapporto dell’essere umano postmoderno con la t/Terra, alla questione hi/bio-tech e a quella medico-scientifica a tutto tondo che è anche inevitabilmente questione filosofica e culturale).

Per capire meglio la situazione attuale ho pensato di chiedere lumi ad Antonello, che è un compagno di lotte, ha anche competenze biotecnologiche e in questi mesi ha le mani in pasta nelle battaglie di contrasto alla diffusione dei cosiddetti nuovi OGM (Organismi Geneticamente Modificati), noti anche come TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita) o NBT (New Breeding Techniques).

Antonello è un nome di fantasia; l’intervistato (o intervistata? chissà) è un* attivista che ha preferito rimanere anonim*. La redazione ha chiesto di spiegare le ragioni della scelta e lui (o lei?) ci ha risposto… e ci è sembrato un discorso importante, come potete vedere nel Post Scriptum.

L’intervista

Grazie intanto di aver accettato questa mia proposta di chiacchierata. Intanto vorrei chiederti un giudizio generale su quanto ho scritto prima, in particolare se ritieni corretta questa analisi sulla dinamica dell’informazione capitalista e sul perché siano riusciti in qualche modo ad “infilare” questi nuovi OGM nella normalità del discorso mediatico, e in questo modo siano riusciti a farli accettare dalla popolazione senza che le persone saltino sulle sedie come accadeva prima quando si sentiva parlare di cibo transgenico.

Ti ringrazio per l’opportunità Gianluca. Intanto c’è da dire che l’informazione su questo tema è molto scarsa, la stragrande parte della popolazione non ne sa nulla. C’è una propaganda portata avanti dalle porzioni dei media mainstream e delle istituzioni più legati all’agroindustria, ma è ancora abbastanza settoriale, anche se sta cominciando a espandersi verso iniziative pubbliche più visibili e purtroppo verso l’intromissione nell’educazione scolastica. È rivolta in primis a mascherare il carattere di ingegneria genetica di queste nuove tecnologie con etichette accattivanti che mimano il lessico biomedico, ma sono totalmente prive di senso, quali TEA – Tecniche di Evoluzione Assistita. Come se la tecnologia potesse controllare e velocizzare i processi naturali di adattamento ambientale. Queste tecniche non possono in alcun modo riprodurre il naturale lentissimo processo auto-orientato di selezione genica e interazione ecologica. La retorica emergenziale si tinge di green, facendo perno sull’urgenza di affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici in agricoltura, proponendo queste biotecnologie come l’ennesima panacea, insieme all’elettrificazione “rinnovabile” su scala industriale e all’accelerazione digitale dei processi di produzione alimentare (robot, droni, sensori, ecc.). Si tratta di un copione già visto in passato quando la meccanizzazione fossile, la chimica di sintesi e poi i vecchi OGM hanno aumentato la quantità di produzione e di popolazione, ma non hanno risolto i problemi sociali e di sicurezza alimentare/nutrizionale. Piuttosto hanno contribuito a un sistema industriale che sovra-produce sprechi, devasta territori, biodiversità e cicli idrici (cause originarie dei cambiamenti climatici), genera gerarchie e disuguaglianze, diffonde tossicità ambientali e nutrizionali.

Questa visione è tipicamente “scientista” e riduzionista in quanto sviluppa una forma di fideismo per quelle componenti delle scienze più asservite ai paradigmi tecno-industriali. C’è tutto un mondo accademico di chierici che trae la giustificazione della propria (inutile) esistenza dallo sviluppo tecnologico. Esso non comprende la complessità del vivente e disprezza le fondamentali interazioni socio-ecologiche tra comunità ed ecosistemi. Il vivente è un insieme aperto, molto più della sola genetica e non si presta all’uniformazione. Vengono nascosti gli enormi interessi economici e le pressioni dei pochi soggetti promotori, così come il circolo vizioso di effetti sempre più negativi prodotti dal soluzionismo tecnologico, alle cui nocività pretendono che dovremo adattarci. La propaganda di sistema impartisce accuse di oscurantismo a chi non accetta la dottrina dominante o si rivolta: si vedano i recenti casi – https://www.pressenza.com/it/2025/02/il-sabotaggio-delle-viti-in-valpolicella-per-una-rivoluzione-agroecologica-e-sociale – di sabotaggio/disarmo dei campi sperimentali OGM avvenuti in Italia. Ma la presunta neutralità della scienza e della tecnica è uno specchietto per allodole.

L’attuale percezione popolare del tema OGM vede un’opposizione probabilmente minore rispetto a 20 anni fa, complice l’esperienza del periodo Covid, la crescente medicalizzazione della società e la sua assuefazione e dipendenza sempre maggiore dai sistemi tecnologici. Nonostante ciò sono ancora maggioritari il timore e la resistenza all’uso di alimenti modificati geneticamente. È proprio per questo che i promotori dei nuovi OGM stanno adoperando tecniche di proselitismo particolarmente subdole per confondere le idee. Venendo al tuo argomento sulla sussunzione, la mia impressione è che questa operi depotenziando ogni questione politica orientandola proprio verso specifiche scelte di consumo e di status sociale, anche di nicchia, sempre più regolamentate. In realtà si tratta ben più che di salvare il sistema del consumo e dei diritti. Si tratta di mettere in discussione la struttura della nostra società, per rispondere allo stravolgimento antropologico in atto che sta avvenendo con aggressioni dirette a dominare e mettere a profitto le fondamenta materiali stesse della vita e le capacità di autonomia delle comunità. Finché possibile con la convinta collaborazione dei dominati, altrimenti con la repressione, il disciplinamento, la guerra.

Riusciresti a spiegare in termini semplici in cosa consistono i nuovi OGM e qual è tecnicamente la differenza con i “vecchi”?

I vecchi OGM erano basati sulla transgenesi ovvero l’inserzione di geni provenienti da specie diverse, mentre i nuovi (TEA) utilizzano la cisgenesi ovvero il trasferimento di geni all’interno della stessa specie o più diffusamente l’editing genetico. Si tratta di una tecnica di ingegneria che taglia, cuce e sostituisce il materiale genetico, utilizzando alcuni batteri come strumenti di intervento. Il paradigma di riferimento pretende sempre di individuare le cause di patologie o vulnerabilità in determinati geni, senza considerare i fattori biochimici che regolano l’espressione genica (epigenetica) in risposta alle relazioni ecologiche e ambientali. Benché le TEA vengano sbandierate come tecniche di precisione, gli studi indipendenti evidenziano grossi rischi di produrre mutazioni imprevedibili, con effetti allergenici, tossici, patogenici e di alterazione degli equilibri ecologici. Viene pubblicizzato che questi organismi permetterebbero un minor uso di pesticidi e fertilizzanti, ma la loro monotonia genetica, le imprevedibili mutazioni secondarie e quanto già avvenuto con i vecchi OGM fanno temere che invece questi consumi aumenterebbero. Anche perché le multinazionali che controllano sementi e chimica di sintesi sono ampiamente sovrapposte. Inoltre, a differenza dei vecchi OGM, vengono pubblicizzati ora come fertili, ma questo è tutto da dimostrare e se così fosse comporterebbe rischi di contaminazione molto maggiori.

La produzione di nuovi OGM fa molto affidamento sugli strumenti di digitalizzazione del genoma e sull’intelligenza artificiale per elaborare grandi moli di dati e individuare nuove possibili configurazioni biomolecolari. Inoltre ciò si intreccia con la biologia di sintesi tramite cui in laboratorio viene fabbricato ex novo materiale genetico e biochimico per modificare gli organismi. In questi processi gioca un ruolo importante l’appropriazione delle varietà locali/tradizionali da parte dei centri di ricerca industriale che espropriano i contadini di saperi e capacità pratiche di selezione in campo. L’obiettivo è la brevettazione delle strutture digitali del patrimonio genetico, da cui trarre ritorni finanziari grazie alla commercializzazione dei diritti di proprietà/uso, alla quotazione delle relative società di capitali e all’acquisizione da parte dei mega fondi di investimento. Dal punto di vista degli agricoltori, oltre alla maggior dipendenza dalle grosse agroindustrie, all’aumento del costo delle sementi, sussiste anche il rischio di essere denunciati per la presenza involontaria nei propri campi di tratti genetici brevettati, derivante da contaminazione ambientale. Ciò potrebbe anche minare le coltivazioni biologiche. La deregolamentazione che si sta per realizzare a livello europeo individua una soglia del tutto arbitraria e inconsistente di 20 modificazioni genetiche oltre la quale gli organismi modificati sarebbero da considerare OGM. Sotto tale limite verrebbero eliminati gli obblighi di autorizzazione, valutazione del rischio, tracciatura ed etichettatura. Ovvero, viste le caratteristiche delle attuali sperimentazioni, per tutte.

Come si sono organizzati i movimenti di lotta ai nuovi OGM? In particolare da chi sono composti e se c’è un legame tra le lotte a livello territoriale, nazionale e internazionale.

C’è un collegamento a livello nazionale tra diversi gruppi territoriali di contadini per la sovranità alimentare, ricercatori, attivisti sociali ed ecologisti radicali, alcune associazioni di base. Questo legame avviene all’interno del Gruppo informale No OGM, che per ora si riunisce nell’aggregazione Cambiare il campo! Molti di questi si riconoscono in qualche misura nel movimento Genuino Clandestino. Il nostro approccio è basato sull’autorganizzazione informale e sull’affinità, senza costituzione di strutture intermedie. Sono state organizzate due settimane di mobilitazione nazionale, da Nord a Sud, l’anno scorso e quest’anno, in cui si sono concentrate maggiormente le iniziative di informazione, dibattito, presidi e volantinaggi di sensibilizzazione rivolti soprattutto ai mercati locali degli agricoltori e in particolare a quelli di Campagna Amica della Coldiretti, che si è schierata a favore dei nuovi OGM. Le iniziative sono comunque diffuse e continue anche durante tutto l’anno. Dato che le sperimentazioni in Italia sono finora tutte al Nord, la maggior mobilitazione si è avuta in quelle zone. In Veneto la storica Marcia Stop Pesticidi quest’anno si è svolta anche contro le TEA con una notevole partecipazione. Sia in Veneto che in Piemonte sono state contestate diverse iniziative accademiche e professionali che sostengono i nuovi OGM e l’agricoltura digitale 4.0. Sono stati fatti anche dei “mailbombing” ovvero degli invii massivi di email ai responsabili di alcune aziende biologiche che si prestano alle sperimentazioni TEA, ai relativi enti di certificazioni e alle principali associazioni del biologico che hanno quindi preso posizioni più o meno contro le TEA.

Sul piano internazionale rispetto ai nuovi OGM non c’è ancora un coordinamento dalle iniziative dal basso, mentre ci sono campagne europee di associazioni della “società civile” che in 200 hanno firmato una richiesta alle istituzioni di fermare la deregolamentazione. È ancora presente un richiamo piuttosto esplicito ai movimenti europei, soprattutto francesi, dei “falciatori volontari” che nei primi anni 2000 compivano in massa azioni dirette di resistenza eradicando le piante OGM. A questo proposito, in Italia due sperimentazioni (di riso vicino Pavia e di vite vicino Verona) sono state sabotate o per meglio dire disarmate, da ignoti. Il nostro gruppo ha ritenuto importante far girare comunicati di solidarietà a questo tipo di pratiche, sottolineando il valore politico dell’azione diretta e dell’autorganizzazione. È bene precisare che non si tratta comunque di una rivendicazione di aver compiuto tali atti. Oltre alla lotta contro queste nuove nocività a noi interessa molto promuovere e praticare soluzioni concrete rivolte all’autonomia delle comunità. Come le metodologie di coltivazione agroecologica che interagiscono positivamente con tutto il contesto di biodiversità, con più umani, meno macchine e più convivialità. Come le comunità di supporto all’agricoltura (CSA) in cui ci si divide il rischio agricolo a monte e si va verso le autoproduzioni collettive locali. Come la garanzia partecipativa in cui i consumatori possono visitare le aziende insieme a produttori affini. Come le reti mutuali di piccola distribuzione organizzata (gruppi di acquisto solidali, furgoncini solidali, empori cooperativi) che garantiscono diete più sane e prevengono gli sprechi. Come le scuole contadine in cui ci si forma da pari a pari. Pensiamo che molte più persone dovrebbero occuparsi direttamente della produzione del cibo e dei beni per soddisfare i bisogni primari, tornando nei territori rurali per cercare un equilibrio con le capacità naturali: sarebbe un passo fondamentale per invertire le devastazioni che i sistemi di potere stanno facendo diventare un mondo-guerra. Nello specifico della selezione genetica, la vera alternativa efficace a tutti i tipi di OGM e di biologia di sintesi è il miglioramento genetico partecipativo ed evolutivo, sviluppato insieme dal basso tra contadini e ricercatori a committenza sociale. Da tempo è dimostrato come sia la migliore difesa contro patogeni e alterazioni climatiche. Le pratiche come i miscugli di varietà tradizionali, locali o le popolazioni evolutive di moltissime sub-varietà, in tempi medi producono rese in grado di adattarsi meglio ai cambiamenti e alle depauperazioni industriali. Grazie alla diversità genetica delle colture e a forti legami ecosistemici c’è quasi sempre una variante resistente.

Così si sviluppa maggior resilienza già in tempi brevi nei casi di eventi estremi come siccità e alluvioni. Inoltre i miglioramenti partecipativi producono cibi con qualità nutrizionali superiori. Non sono solo gli aspetti tecnici, agronomici e naturali a favorire il loro successo, ma anche lo sviluppo di pratiche sociali di condivisione e la legittimazione delle istanze politiche agroecologiche che li accompagnano. Si tratta quindi di un approccio socio-ecologico che genera sinergie tra comunità ed ecosistemi.

Come si pone politicamente la galassia chiamiamola istituzionale? Non parlo solo dei partiti ufficiali che immagino siano totalmente allineati come sempre al finto progresso scientista e al business delle multinazionali, ma in generale di enti vari, associazioni, cooperative, movimenti ecologisti, insomma quella particolare fetta di società che all’epoca del movimento altermondialista era assolutamente in prima linea nelle lotte per la terra e per un’agricoltura sostenibile, e che da allora molti di noi riassumono sotto il nome di agroecologia. C’è chi resiste e chi ha “ceduto” alle sirene globali?

Sul tema dei nuovi OGM gli schieramenti dei partiti istituzionali fanno poca o nessuna differenza. Esistono delle coalizioni contrarie tra le associazioni ambientaliste, ma sono piuttosto imbelli, poco propositive e si limitano a qualche comunicato reattivo in occasione dei passaggi della deregolamentazione in atto. Rispetto a 20 anni fa i sindacati di categoria più grandi sono schierati a favore, con la Coldiretti che ha posizioni schizofreniche (ad esempio, a favore dei TEA ma contro la carne coltivata in laboratorio) dettate solo da miopi interessi economici di breve termine. Hanno addirittura firmato un manifesto pro TEA insieme agli industriali e alle grandi associazioni delle cooperative. In particolare Lega Coop si distingue dalla posizione contraria di Euro Coop. In generale la grande distribuzione cerca per ora di non prendere una posizione ben definita. La galassia dell’economia solidale e del consumo critico è ancora poco partecipe in questa lotta, in alcuni casi addirittura reticente (si veda il caso di Parma indicato più avanti). Può e dovrebbe fare molto di più. Anche l’atteggiamento generale dei movimenti sociali ed ecologisti nei confronti dell’azione diretta è più timido rispetto al passato.

In questo senso c’è stato un eccesso di fiducia in una malintesa «non violenza» o in una millantata «disobbedienza civile» che ha prodotto più che altro cooptazione nel sistema. Da un po’ di anni il clima di crescente repressione legalitaria ovviamente non aiuta. Poi c’è una certa parte del movimento che dice di riconoscersi nell’agroecologia, ma è contro i nuovi OGM con poca convinzione e addirittura propugna la necessità di rendere digitali i dati dei “beni comuni”, lasciando trasparire una imbarazzante tecnofilia. Le loro proposte sono niente altro che varianti del tecno-capitalismo in cui i confini fra macchina e vivente sfumano. Così contribuiscono all’attacco contro l’agricoltura contadina, legittimando la retorica fintamente green e «inclusiva» dietro cui cercano di nascondersi. La pratica di queste comunità che definirei «post-umane» si distingue per strumentalizzare ipocritamente i discorsi sui rapporti interpersonali ed emotivi, restando in pratica in un’ottica di mercificazione e gerarchie di dominio, evitando di affrontare i problemi alla radice. Il risultato di questo fallimento etico porta anche a giustificare la necessità per l’agroecologia contadina di digitalizzarsi per essere «sostenibile». C’è una certa retorica sui «beni comuni» che ha decisamente travalicato gli obiettivi e il senso iniziali. Quindi ora questi pretendono che anche la digitalizzazione venga trattata come un bene comune (in particolare i dati digitali raccolti da sensori droni robot in agricoltura), accettandola perciò come orizzonte di senso e di pratica dentro cui muoversi, sventolando presunte «sostenibilità» e «inclusività» di facciata. 

Ci puoi dare dei riferimenti, che siano contatti oppure luoghi dove reperire materiali di approfondimento, o meglio ancora situazioni in presenza dove poter partecipare prossimamente?

Sul sito web cambiareilcampo.org si trovano molti materiali, articoli e approfondimenti sulla questione dei nuovi OGM e sulla campagna di lotta. Per quanto riguarda gli appuntamenti in presenza il più importante è sicuramente quello di Parma il prossimo sabato 14 giugno, dove nel pomeriggio ci sarà una manifestazione con corteo contro i nuovi OGM e per l’agroecologia; sono previsti anche momenti conviviali, teatrali e musicali la sera. A Parma l’azienda sperimentale Stuard che ha coltivazioni biologiche, con un’immagine commerciale di qualità e di tutela della biodiversità agricola, si presta alla sperimentazione del pomodoro TEA promossa dal CREA, il centro governativo di ricerca in agricoltura. Questa situazione ci è sembrata al limite del paradossale e paradigmatica dell’ampia deriva di sussunzione tecno-capitalista che le istanze agroecologiche stanno subendo. Abbiamo quindi deciso di concentrare alcune azioni di lotta su questo caso emblematico. Per inciso, anche un’altra azienda biologica vicino Padova (Vititaly) è stata autorizzata a sperimentare vitigno Chardonnay TEA. Un altro appuntamento sarà a Trento il 17-18 maggio per la prossima edizione dell’incontro «intergalattico» di Genuino Clandestino, in cui si parlerà molto anche dei nuovi OGM, in quanto lì vicino la Fondazione Mach sta per sperimentare vite e mela TEA.

In questa mappa – https://www.google.com/maps/d/viewer?mid=1r4kuYHcTzpgEHd5q1aI8YfLbx17-w_8&hl=it&femb=1&ll=44.9309636870536%2C11.390748515624999&z=7 – potete trovare il quadro aggiornato delle sperimentazioni richieste e autorizzate. Per i prossimi appuntamenti più informativi e di discussione, al momento segnaliamo a Roma il 10 e 15 maggio (dalle 18) due incontri di approfondimento presso il Comitato popolare di via Passino 20. Anche l’ONG Crocevia sta organizzando un incontro a Roma che dovrebbe essere il 6 maggio presso la sede dell’ARCI Roma, in viale Giuseppe Stefanini,15.

Invitiamo a seguire il sito web di Cambiare il Campo! per rimanere aggiornate e aggiornati su questi e altri appuntamenti che si presentano continuamente. Più in generale per incontrarsi si può fare riferimento, tra gli altri, anche ai mercatini contadini dei nodi partecipanti o simpatizzanti di Genuino Clandestino. Per qualsiasi informazione, comunicazione o per attivarsi, scrivere a: no-ogm@cambiareilcampo.org

Riferimenti online

Cambiare il Campo!

Marcia Stop Pesticidi

Genuino Clandestino

Centro Internazionale Crocevia

Perché fermare i nuovi OGM

 POST SCRIPTUM

Mi chiedete le ragioni dell’anonimato. I motivi sono diversi, sia di carattere politico che di sicurezza; più nello specifico per tutelare la riservatezza della sfera umana strettamente personale e privata.

In generale ci teniamo a non personalizzare in alcun modo la lotta. Nell’ambito libertario l’anonimato è storicamente un valore importante perché quello che conta è la forza dei messaggi politici e non le persone che li esprimono. Questo soprattutto quando i messaggi sono sufficientemente chiari, dettagliati e non si prestano ad essere usati strumentalmente e con vaghezza intercambiabile per finalità ambigue o inconfessabili. Ciò vale maggiormente in un periodo in cui le maglie della repressione e del disciplinamento si stringono ogni giorno di più, mentre di converso viene sempre più fomentata l’esasperazione del narcisismo individualistico. Come nell’ambito politicante in cui prevalgono i fattori di marketing e di ricerca a tutti i costi di riconoscimento e “credito sociale”. Per cominciare realmente a conoscersi personalmente è necessario un incontro fisico in presenza che non sia mediato da protesi e artefatti di comunicazione tecnologica. Mentre oggi la massmediatizzazione impone di incasellare ogni individualità in precise e controllabili etichette, verso la schedatura biometrica e psico-somatica totale. Per quanto mi concerne, già veicolare i messaggi per via digitale e non per via diretta, assembleare o relazionale, è un compromesso che tocca fare per forza di cose in modo da raggiungere più persone nella società di massa. Ma quello che importa e che resta è la qualità. A presto!

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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