«La traversata» di Mahmoud Ben Mahmoud

Chief Joseph ripropone un film del 1982 che è ora disponibile in dvd

Opera prima del regista tunisino Mahmoud Ben Mahmoud: inizialmente distribuita solo in VHS e adesso disponibile in dvd. Quando lo avevo visto – nel 1984, mi aveva particolarmente colpito; ritenevo che rappresentasse uno spaccato significativo del rapporto dell’Occidente col resto del mondo.

L’autore sceglie di situare il film in un «non luogo», cioè una nave, in una sorta di extraterritorialità obbligata e in un tempo preciso: la notte fra il 31 dicembre 1980 e il primo gennaio 1981.

La nave diventa una prigione che rappresenta lo sradicamento totale dalle terre natie e di conseguenza l’obbligo a sottostare a continue controlli e vessazioni da parte di asettici funzionari di polizia.

A bordo del traghetto che dal Belgio attraversa la Manica per arrivare in Gran Bretagna, un operaio dell’est europeo e un viaggiatore maghrebino si vedono negare ii permesso di entrare sia dalle autorità belghe che da quelle inglesi. I due uomini sono costretti a fare inutilmente la spola fra l’Inghilterra e il continente, prigionieri del traghetto.

«La Traversata» presenta interessanti aspetti sia esterni che interni alla narrazione. Innanzitutto, era uno dei pochissimi film in circolazione all’epoca (le cose non sono comunque molto cambiate) che affrontava il tema dell’immigrazione; lo stesso autore è migrante, sia pure di “lusso” e infatti ha avuto la possibilità di studiare giornalismo e arti visive. Queste origini sociali “privilegiate” non gli impediscono di analizzare i problemi ambientali, psicologici, sociali, econmici e politici con cui qualsiasi immigrato deve fare i conti. Ma la peculiarità del film è data dall’indagine che il regista compie sui due personaggi principali: l’arabo e l’operaio dell’Est. Ai due viene negato il permesso di entrata per motivi molto diversi: l’operaio si vede ridere in faccia quando mostra ii denaro col quale intende entrare in Inghilterra, mentre l’arabo preoccupa perché non facilmente controllabile e non si capisce bene cosa voglia. In pratica viene rifiutato perché non risulta semplicisticamente catalogabile: é un uomo libero e non sembra disponibile a mettere all’asta la sua anima. Attraverso questo personaggio vengono evidenziate le ambiguità di fondo del mondo occidentale. A fronte dell’atteggiamento rigido di polizia e doganieri, c’è l’apparente disponibilità del capitano della nave. Tuttavia questa mistificata partecipazione ai problemi del viaggiatore maghrebino diminuisce man mano che si evidenziano le differenze culturali: allora il capitano prende le distanze perché affrontare consequenzialmente la situazione lo porterebbe inevitabilmente a rinunciare alla propria tranquillità.

È molto significativo quanto scrive il viaggiatore arabo all’ambasciatore del suo Paese: «Abbiamo levato l’ancora e siamo in mare aperto. ci siamo bruciati i ponti alle spalle. Povero uccellino. Tu che volavi libero sei costretto battere invano le ali in questa gabbia, sii maledetto se avrai mai nostalgia della tua terra, come se là fossi stato più libero, poiché ora non c’è più Paese a cui fare ritorno». La necessità di ricercare sé stesso porta a una inevitabile rottura con chi – a livello istituzionale e non – pone, a baluardo della propria sopravvivenza, il possesso del pensiero altrui. Mahmoud Ben Mahmoud ha realizzato un’interessante analisi di introspezione psicologica che viene sviluppata utilizzando molto gli interni comunicando allo spettatore una drammatica sensazione di claustrofobia. Emblematica la frase con cui si chiude il film. «Verranno giorni in cui ti accorgerai che non c’è niente di più terribile dell’infinito».

Regia: Mahmoud Ben Mahmoud – Interpreti: Fadhel Jaziri, Julien Negulesco, Eva Dalian – Durata: 97 minuti – Anno e Paese di produzione: 1982 – Turchia.

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Redazione
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Un commento

  • Un pezzo di alta suggestione, le tracce di un’avventura nobile e infinita contro le catene del pregiudizio. La riflessione pacata, di quanto più sradicato sia il destino dell’esule, e della distanza che corre tra l’utopia e la realtà fredda dell’indifferenza. Fuori contesto, i richiami letterari che ritrovo nella mia fantasia sono quelli che hanno come protagonista e confidente il mare. Sale alla ribalta col suo confine d’acqua infinito, un confine così vago e che si chiude all’orizzonte in quel punto ideale eppure tangibile in cui oriente e occidente, nord e sud si toccano e sono uno. Ebbene di tante letture, spicca quella di un ventenne indiano, diretto a Londra, dove molte volte si trovò soggetto a discriminazione, ma che non vestì mai in modo sconveniente,ci tenne a presentarsi sempre con l’ordine di un completo con cravatta, e fu deriso anche per questo. Ebbene sbarcò prima a Venezia e in quel lungo e solitario viaggio dalla sua terra trovò una delle leggi più straordinarie per comprendere i segreti delle stelle, il suo nome era Chabdrasekhar, uno dei rari geni del nostro tempo…

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