La vertigine

di Gianluca Cicinelli

Una madre nella notte uccide il figlio di due anni a Torre del Greco, annegandolo in mare. Un padre, poche ore prima, sgozza il figlio di sette anni nei pressi di Varese e tenta di ammazzare l’ex moglie. Noi qua, ancora spossati da pandori e panettoni, a usare parole che descrivono ma non spiegano. Lo psicologo di chiara fama ci spiegherà il corto circuito del rapporto fra madre e figlio, l’assistente sociale – forse di chiara “infamia” – ci indicherà le falle della legge che ha permesso a un violento di continuare a vedere il figlio, il sociologo (senza infamia e senza lode?) ci descriverà il contesto di degrado sociale dei due omicidi e così via. Un circo, triste come certi circhi, che si mette in moto tutte le volte con le stesse modalità, il cui scopo non è spiegare ma farci lentamente dimenticare sperando che non accada più pur sapendo che accadrà di nuovo. Per citare lo scrittore Gianni Celati che ci ha lasciati da poche ore: “La banalità è obbligatoria in certe esperienze cruciali di comunicazione; anzi, dirò di più: che proprio quelle esperienze di comunicazione inautentica sono le nostre vertigini quotidiane”. La vertigine, quella sensazione sgradevole per cui pur non accadendo pensiamo che il nostro corpo sia in movimento rispetto all’ambiente o che l’ambiente e i suoi oggetti si muovano rispetto al nostro corpo, finiscono quasi sempre con conati di vomito. E’ sgradevole, certo, soltanto parlarne è sgradevole, ma cosa altro puoi fare se non vomitare, metaforicamente e non, di fronte all’uccisione di esseri umani e in particolare di bambini?

C’è chi però si sottrae alla banalità, chi non fa finta che sia stato abolito per legge un rapporto di causa ed effetto tra gli avvenimenti della vita e della morte ed è Vito Mancuso, al quale si fa un torto nel definirlo semplicemente un teologo, visto che le sue riflessioni hanno sempre al centro l’essere umano. Scrive Mancuso: “Il nostro ordinamento è contro la pena di morte. Ma serve a poco essere contro la pena di morte nei confronti degli assassini, se non si fa di tutto per impedire prima la pena di morte che essi infliggono alle loro vittime, non come un fulmine a ciel sereno, ma come la logica conseguenza di reiterate minacce e violenze”. Poche righe ma chiare, che vanno amplificate e trasformate in un discorso politico preciso: l’intera catena di leggi, presa in carico, analisi e assistenza dei nostri servizi sociali va rivoltata come un calzino perchè è totalmente inadeguata. Certo, si offenderanno tutti a sentir questo, ma chi se ne importa francamente. Il sistema sociale italiano non funziona perchè è basato sul risparmio in bilancio e non sulla sua efficacia, l’importante è trovare personale che accetti di lavorare, il più delle volte in esternalizzazione, per cinque euro l’ora, indipendentemente dalla professionalità… altro che risolvere i problemi.

“Era tanto buono, salutava, non aveva mai dato probemi”. Sono tutte fesserie dei media a uso di chi non vive il sociale. La mamma di Torre del Greco. come del resto qualche mese fa la mamma di Gioele, aveva di sicuro dato segni. Il padre di Varese soltanto un mese fa aveva tentato di ammazzare un collega, ma per la legge, badate bene – visto che il pretesto della legalità è diventato il nuovo “tengo famiglia” – non costituiva un pericolo per suo figlio. Stiamo parlando del periodo più buio dell’umanità da molti secoli a questa parte. Questo lo capiamo ma non riusciamo a vedere come il rapporto di causa ed effetto tra il mancato investimento in persone competenti (che vuol dire anche denaro) e gli omicidi degli indifesi sia talmente evidente da costringere il sistema di comunicazione dei media a tirar fuori la lunga schiera di psichiatri chiusi nei propri studi, psicologi già turbati dalla propria di vita e sociologi da campeggio per occultarlo. L’unica risposta, l’unico agire pratico che può invertire la tendenza è rivoltare il sistema italiano del sociale. Dalla formazione, cioè dall’università, al territorio, al legislatore, all’educazione della mente che comincia a scuola. Altrimenti continuiamo a sentirci male quando leggiamo degli infanticidi, prendiamo la pasticca, accettiamo il fatalismo medievale per cui i forti vivono e i deboli muoiono.

ciuoti

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