La vicenda esemplare di Luca e la giustizia nel paese del TAV

Tratto da “Volere la luna“.

Luca Abbà, da sempre in primo piano nella lotta contro la Nuova linea ferroviaria Torino-Lione è stato arrestato ed è da ieri nel carcere delle Vallette a Torino.
Il titolo per cui è detenuto, in attesa della definizione del programma per l’esecuzione della semilibertà applicatagli dal Tribunale di sorveglianza torinese, è una condanna a un anno di reclusione per un episodio di (ritenuta) resistenza a pubblico ufficiale avvenuto nel lontano 2009 durante lo sgombero di una casa occupata.
Ma l’arresto e il carcere non sono la conseguenza automatica della condanna, bensì una scelta del Tribunale di sorveglianza di Torino che si inscrive in modo evidente e inquietante nell’escalation di repressione del movimento No TAV.

Luca, infatti, una volta diventata definitiva la sentenza, aveva chiesto al tribunale di sorveglianza di scontare la pena in affidamento in prova al servizio sociale o in detenzione domiciliare.
Soluzione del tutto naturale: la pena consentiva ampiamente le misure (applicate ogni giorno per fatti ben più gravi: ricordate Berlusconi in visita settimanale a un istituto per anziani?), la condanna aveva per oggetto un reato di entità modesta, Luca «non ha altri precedenti o pendenze» (e le ultime denunce, sempre per fatti di lieve entità, «si fermano al 2017»), è sposato, ha un figlio di quattro anni e «svolge attività di coltivatore diretto su terreni di proprietà o dati in comodato, ricavandone ortaggi, foraggio e legna che rivende nei mercati locali, essendo titolare di una ditta regolarmente censita alla Camera di commercio» (i passi virgolettati sono tratti dall’ordinanza del tribunale torinese).
Caso di scuola – verrebbe da dire – di concedibilità delle misure alternative, la cui finalità è quella di assicurare l’inserimento sociale del condannato e la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati (agevolati, al contrario, da una carcerazione che lo sradicherebbe dal lavoro e dalla famiglia). C’era, dunque, da attendersi una concessione de plano, senza neppur troppe parole di motivazione.

E invece no. La richiesta è stata respinta. Luca – scrive il Tribunale – non può avere l’affidamento in prova (e neppure la detenzione domiciliare) perché è un No TAV. C’è da non crederci ma è così. Lo si comprende sin dall’incipit dell’ordinanza:

«Non risultano altri precedenti, né pendenze. Peraltro le informazioni inviate dalle Forze dell’ordine evidenziano che [Luca] è un noto esponente del movimento anarchico-insurrezionalista, divenuto uno dei leader del Movimento No TAV e salito alla ribalta della cronaca nel 2012 quando, per protestare contro gli espropri dei terreni del cantiere di Chiomonte, si era arrampicato su uno dei tralicci dell’alta tensione e, rimasto folgorato, era precipitato da circa dieci metri di altezza, subendo un lungo ricovero ospedaliero e divenendo l’emblema della protesta No TAV».

Tutto sta in quel “peraltro”. Luca non ha riportato condanne e non ha pendenze ma è un “leader” del movimento No TAV, anzi è “l’emblema della protesta”. Per di più è un anarchico (anzi un anarchico “insurrezionalista”, ancorché non praticante, almeno a giudicare dai certificati penale e dei carichi pendenti, i soli che dovrebbero far fede in sede giudiziaria…).
Dunque non c’è storia. È tutto chiaro sin dall’inizio ma, se ci fossero dei dubbi, ci pensa il seguito della motivazione a fugarli:

«Nonostante l’assenza di pregiudizi nel periodo successivo alla condanna, lo stile di vita dell’istante, pur caratterizzato dallo svolgimento di attività di lavoro, pare contrassegnato dalla attiva adesione a movimenti ideologici che propugnano le loro convinzioni con mezzi e modalità non sempre leciti e pacifici. La collocazione geografica del domicilio del soggetto coincide con il fulcro di uno di questi movimenti (NO TAV), il quale ha eletto il cantiere di Chiomonte per la realizzazione della futura linea ad Alta Velocità come teatro per frequenti manifestazioni e scontri con le Forze dell’Ordine. La vicinanza di tale luogo al luogo di dimora del condannato lo espone al concreto rischio di frequentazione di soggetti coinvolti in tale ideologia e di partecipazione alle conseguenti iniziative di protesta e dimostrazione, che a tutt’oggi divengono via via più frequenti, in misura proporzionale alle decisioni programmatiche del Governo Centrale in merito alla prosecuzione dei lavori sulla linea ferroviaria e che nell’ultimo periodo hanno avuto una ulteriore recrudescenza in occasione dello scontro fra i partiti della Lega e del Movimento 5 Stelle per la necessità o meno di realizzare l’opera. Pertanto, vista la presenza di denunce in epoca successiva al reato da espiare e la natura di tali notizie di reato (tutte attinenti alla sua adesione al movimento anarchico-insurrezionalista), si avvalora l’ipotesi che il soggetto sia tuttora saldamente legato alle frange estremiste di tale movimento e, se ammesso alla misura dell’affidamento in prova, possa utilizzare gli ampi spazi connessi alla esecuzione della misura per continuare la frequentazione di ambienti e soggetti a rischio di condotte illecite. La misura dell’affidamento in prova al servizio sociale appare quindi eccessivamente sproporzionata rispetto al grado di risocializzazione raggiunto dal soggetto, il quale non ha mai rescisso il suo legame con i personaggi e con l’ideologia all’origine della sua condotta illecita».

In sintesi: se sei No TAV, abiti in Alta Val Susa e non fai pubblica abiura delle tue convinzioni e dell’adesione al movimento di opposizione alla Torino-Lione non puoi avere misure alternative al carcere, anche se sei socialmente ben inserito, hai un’attività lavorativa risalente (e faticosa), sei incensurato, non hai procedimenti pendenti e non hai riportato denunce negli ultimi due anni!
L’affermazione di principio non potrebbe essere più esplicita e non è certo mitigata dalla concessione di ufficio di una semilibertà non richiesta e palesemente incongrua ché Luca dovrà lavorare a oltre 60 km dal luogo di detenzione (non essendoci carcere più vicino) e sarà vincolato a orari inconciliabili con le caratteristiche di un’attività agricola legata al clima e alle stagioni e con gli spostamenti necessari per seguire i mercati.

Ma non importa. Quel che conta è “sorvegliare e punire”. E, poi, dare un esempio. Il movimento No TAV è avvisato.

Così funziona la giustizia nel bel paese del TAV.

alexik

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *