La violenza degli Stati e dei mercati

di Enrico Euli (*)

C’è un filo rosso che lega il regime di Erdogan, il teatrino elettorale francese, la vicenda dei vaccini, la crisi della cooperazione internazionale, ma perfino la diffusione di importanti esperienze non statali (foto) che ripensano l’educazione? Forse sì, dice Enrico Euli: in modo diverso e limitato mostrano come si esprime la violenza degli Stati e dei mercati, il loro legame, ma anche le resistenze, spesso contraddittorie, di tanti e tante. Lo ha spiegato qualche tempo fa Raúl Zibechi in La nuova grande trasformazione, siamo alla fine di un periodo che segna un cambiamento enorme che comprende la fine dello stato sociale, quella della sovranità nazionale e quella delle democrazie. Lassù in alto è tutto marcio: si tratta di riconoscerlo e di essere disposti e liberarcene: dobbiamo creare mondi nuovi, fuori dagli Stati tradizionali e dai mercati, anche se è tutto maledettamente complicato

Bosco Caffarella è il primo asilo nel bosco nato a Roma: c’è chi ripensa l’educazione fuori dalla scuola statale. Foto di F.L.

 

LA VIOLENZA DEGLI STATI E DEI MERCATI

di Enrico Euli (**)

Gabriele del Grande, appena arrivato all’aeroporto di Bologna, finalmente libero, ha dichiarato: non mi è stato torto un capello, ma sono stato vittima di una violenza istituzionale. Le istituzioni, e non solo quelle turche – sfacciatamente autoritarie -, sono ormai nemiche della libertà, comunque se ne ammantino. E comunque ci avvolgano, ci avviluppino, ci attornino e ci blandiscano.

Sino a quando stiamo lì, obbedienti e docili, va tutto bene fuorché noi e la nostra vera libertà. Ma appena disobbediamo, critichiamo, cerchiamo di divincolarci e svincolarci da esse, ecco che ci arrivano addosso ricatti, pressioni, minacce, attacchi, aggressioni. Al fine di farci paura, e farci così tornare nei ranghi. Non si può pensare che questo sistema di relazioni possa far crescere la fiducia tra cittadini e stati. Anzi, fanno aumentare il rifiuto, il boicottaggio coperto o scoperto, le trasgressioni clandestine, le resistenze e le renitenze.

Emmanuel Macron ha uno slogan, “En marche“, che però manca di un accento finale: il suo vero slogan dovrebbe essere “En marchè” (nel mercato). Niente di più convenzionale e scontato. L’unico che “ci marcia” è lui. Insieme alle borse che, non a caso, festeggiano. Eppure, è bastato che si sia presentato come un personaggio fuori dai partiti e ha conquistato in pochissimi mesi il voto di milioni di francesi. Ci si vuole liberare di qualcosa, confusamente magari, passando dalla padella alla brace probabilmente. Ma è un processo chiaro e lampante, di liberazione dai partiti, quello che è in corso oggi.

I vaccini faranno pure bene alla salute, avranno ridotto la mortalità, avranno debellato molte malattie endemiche. Niente da eccepire, parlano i fatti. Tuttavia, un bel po’ di gente non si fida più dell’Organizzazione mondiale della salute, dei medici e dei farmacologi: li vede come una casta che difende i propri interessi istituzionali, i propri privilegi di parte. Il contenuto, questa volta, sono i vaccini, ma il problema sta soprattutto altrove: nell’arroganza di una nemesi medica senza scrupoli e senza ritegno.

Lo stesso vale per le Organizzazioni non governative e il loro ruolo nella questione migranti: salveranno pure migliaia di disperati al giorno, dedicheranno le loro vita al bene dell’umanità reietta e negletta. Ma molta gente non è stupida e vede quel che sta accadendo: gli stati, i trafficanti e le Ong ci marciano, sono collusi, stanno in piedi grazie ai poveracci, e vivono alle loro spalle. Non è in questione la bontà della polpa di salmone (anche se molti sono più che altro lepri in salmì); è il sistema della cooperazione e della solidarietà pietosa che non va, sarebbe onesto almeno ammetterlo.

Nei giorni scorsi sono stato coinvolto nell’organizzazione di una serie di incontri all’Università di Cagliari sulle scuole libertarie e non statali: anche qui è sempre più evidente che lo stato sta perdendo il monopolio dell’istruzione scolastica. Le famiglie non si fidano più: non vogliono più affidare i loro figli a scatola chiusa a un sistema malmesso, autoritario e arrogante. Preferiscono cercare o creare altre strade. E nascono scuoline e scuolette autofinanziate e autogestite. Ancora una volta: non si rifiuta l’educazione, ma chi la vuole imporre a modo suo e per i suoi esclusivi fini.

Insomma, in questa festa della Liberazione chiediamoci: chi sono i nazifascisti e i totalitari oggi? Non lasciamoci distrarre da leghisti, lepenisti e poundisti, non coglieremmo nel segno. Quelli sono soltanto l’effetto reattivo e sussidiario di una causa ben più profonda: la violenza degli Stati e dei mercati. Non possiamo avere l’una senza gli altri. Ma chi è disposto a riconoscerlo e a liberarsene?

(*) Enrico Euli è ricercatore alla facoltà di Studi Umanistici dell’università di Cagliari, in cui è docente di Metodologie e tecniche del gioco, del lavoro di gruppo e dell’animazione. Ha pubblicato vari testi, l’ultimo: «Fare il morto (Sensibili alle foglie edizioni).

(**) Testo ripreso da «Comune Info» che qui in “bottega” consideriamo un nostro fratello – o cugino – maggiore per molti motivi; il principale è detto in 10 parole contate: «qualità di informazione, serietà dell’opposizione e anche della proposta». Vi consigliamo dunque di seguirlo, magari abbonandovi alla newsletter. Quella QUI SOTTO a esempio è l’ultima, dove c’era anche il testo di Euli che abbiamo ripreso. [db]

NEWSLETTER DI COMUNE
SUSY E LA BELLA EUROPA
Due anni di un lavoro che ha coinvolto 80 ricercatori, 550 interviste per raccontare 1100 esperienze e pratiche di economia sociale e solidale in 46 diversi territori dell’Europa e in 9 nel resto del mondo, dal Brasile alle Mauritius. Quel che si racconta, nella mastodontica ricerca che qui presentano i coordinatori di un progetto molto ambizioso, SUstainable and Solidarity economY, più amichevolmente noto come Susy, è una trasformazione concreta dell’economia, dall’agricoltura ai servizi. Un cambiamento radicale che vede protagoniste ogni giorno decine di migliaia di persone. L’ economia “trasformativa” non può che partire da una dimensione locale e territoriale, sarà molto interessante scoprire fin dove può arrivare
MONICA DI SISTO E RICCARDO TROISI

NON ERA MAI ACCADUTO PRIMA
Per la prima volta nella storia ci sono 410 ppm di anidride carbonica in atmosfera. La notizia è dei giorni scorsi: i media ne hanno parlato? I politici ne hanno parlato? La terra e le condizioni di vita così come le conosciamo presto non ci saranno più. Ci sarà più calore che resta intrappolato nella nostra atmosfera, ci saranno più squilibri, più eventi estremi, più disastri climatici, più terre che scompaiono.,La principale fonte di CO2 resta l’uso di petrolio, gas e carbone. Si, c’è un presidente statunitense negazionista che si è circondato di negazionisti, ma noi altri che facciamo?
MARIA RITA D’ORSOGNA

COLTIVARE IL BISOGNO DI FRAGILITÀ
“Ogni tanto si legge sui giornali di atti estremi compiuti da ragazzi per bene di famiglie per bene, spunta sempre quella parola che tanto mi spaventa: normalità. Ragazzi normali di famiglie normali. Mi chiedo se nelle famiglie di quei ragazzi – scrive Penny, insegnante e madre -, nella loro vita normale, nella società che li circondava, ci fosse lo spazio per il fallimento. Se quei figli abbiano avuto il tempo di deludere ogni giorno un po’…”. Già, viviamo il tempo in cui tutti e tutte, per dirla con Goussot, devono essere sempre “efficienti, produttivi, competenti, competitivi, realisti, sani e scattanti”… E allora impariamo a ribellarci accogliendo le nostre fragilità. E l asciamo sperimentare a bambini e ragazzi cadute e scivoloni
PENNY

CARO SIG. GALIMBERTI
Umberto Galimberti, noto sostenitore della Buona Scuola e dello stravolgimento (fallito) della Costituzione, torna a parlare di scuola. In una interessante risposta, Claudia Pepe, insegnante, scrive: “Ma caro Prof, esimio, sua Santità Dott. Galimberti, lei è mai entrato nelle nostre classi pollaio?… Vorrei tanto che lei venisse ad insegnare con me, o con tante altre insegnanti in Scuole di periferie… Vorrei che entrasse in un Istituto professionale, e riuscisse ad affascinare i ragazzi facendoli andare a casa con la curiosità di approfondire… Noi ci riusciamo, anche se le difficoltà sono tante… Lei dice:” I giovani di adesso non hanno un livello emotivo maturo, non conoscono la differenza fra bene e male. C i sono m olti soggetti psicopatici”. No Sig. Galimberti, i nostri allievi non sono psicopatici, sono figli del nostro tempo, quello che abbiamo costruito noi, i nostri governi, la nostra indifferenza, la nostra paura. Li ha costruiti anche Lei…”
CLAUDIA PEPE

I QUATTRO SILENZI DI NIAMEY
Era il 10 aprile quando i militari hanno risposto alla manifestazione degli studenti dell’Università statale Abdou Moumouni di Niamey con lacrimogeni, bastonate, intimidazioni, occupazione dello spazio dell’università e ruberie varie. Ventitremila studenti sono stati estromessi dal Campus e ora sopravvivono in qualche modo. Le scuole elementari, medie e superiori sono da tempo allo sbando. In qualche caso l’anno scolastico non è mai cominciato. Scioperano gli alunni perché scioperano gli insegnanti perché sciopera il salario, e poi le aule, le attrezzature, pure l’anno scolastico è in sciopero. Intorno, nella corrispondenza di Mauro Armanino, la meningite, il terrore di Bok o Haram, gli sfollati e i rifugiati dalla Nigeria e dal lago Tchad, e poi i migranti, il mare, la sabbia e un silenzio assordante
MAURO ARMANINO

UN’ARMA PACIFICA CONTRO LA BARBARIE
Cosa possiamo fare di fronte alla guerra in corso contro gli eslege, i vagabondi e clandestini nel linguaggio dei persecutori? Quanto accade alla frontiera tra Messico e Usa, tra la Spagna e il Nord Africa, alla nostra frontiera con la Francia a Ventimiglia, ma soprattutto in Ungheria, il cui parlamento ha votato l’arresto cautelare per chiunque entri nel territorio magiaro, è ormai noto. “Non possiamo più aspettare reazioni da Bruxelles, né iniziative dal nostro ceto politico. Fanno parte dell’apparato di potere che lavora, insieme ai media, per renderci tutto tollerabile, ordinario… Io credo che noi colpevolmente continuiamo a trascurare un’arma politica ben nota – scrive Piero Bevilacqua – che potrebbe avere un’efficacia non comune se utilizzata con sistematicità e su scala almeno europea. Mi riferisco al boicottaggio delle merci. Cominciamo dall’Ungheria e da Benetton?
PIERO BEVILACQUA

LA CITTÀ PLURALE CHE CRESCE A BARCELLONA
È possibile immaginare una pratica economica che non cessi di essere movimento sociale? Quasi cinquemila esperienze che occupano 53 mila persone, l’8 per cento del totale cittadino. Quello che emerge dal rapporto sull’economia sociale e solidale a Barcellona, pubblicato lo scorso anno, è un esempio ormai noto ma non per questo meno interessante di come sia possibile provare a mettere in campo un insieme di alternative al liberismo diverse, ma rilevanti nella dimensione e nella qualità. Al centro restano ben salde la vita umana e le relazioni sociali in risposta alla volontà di non subordinare la riproduzione alla produzione
NORA INV INKL

I CAMMINI SI FANNO STRADA
Prendersi cura del pianeta e farlo attraverso il cammino
ILARIA CANALI

25 APRILE, “PORTAMI I LIBRI”
«Dobbiamo studiare, servono i libri più della montagna di informazioni della rete. Come diceva Emanuele Artom, partigiano torturato e ucciso a Torino, “il fascismo non è arrivato per caso, non ci è caduto in testa come una tegola”…»
ASCANIO CELESTINI

CI VUOLE IL TEMPO CHE CI VUOLE
Che il nostro presente sia l’epoca della fretta, ovvero dell’esperienza del tempo che manca, è noto. Viviamo un’accelerazione in ogni ambito della vita quotidiana, nella comunicazione, nei processi di apprendimento. Tuttavia possiamo perdere tempo, rallentare, ascoltare, passeggiare, cogliere sfumature… L’obiettivo del quaderno
Ci vuole il tempo che ci vuole (edizioni Comune) è offrire una cassetta degli attrezzi a insegnanti, educatori, genitori, a chi vuole ragionare sull’opportunità di perdere tempo. Il quaderno raccoglie interventi di Franco Lorenzoni, Alain Goussot, Lea Melandri, Serge Latouche, Gianluca Carmosino, Luciana Bertinato, Paolo Mottana, Rosaria Gasparro, Filippo Trasatti, Silvia Funaro, Roberto Latella, Ivano Calaon, Emilia De Rienzo, Giusi D’Urso, Giampiero Monaca, Lina Prinzivalli, Rosetta Cavallo, Sabina Bello, Anna Foggia Gallucci, Sandra Dema, Flavia Giampetruzzi
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Redazione
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