L’Algeria è stata rivoluzionaria e a volte lo ricorda

Macchie rosse sul pianeta Terra – 1
Una nuova rubrica mensile di Francesco Cecchini (*)

Algeri, 19 aprile 2013. È la giornata del ricordo e del raccoglimento per tutte le vittime,militari e civili, della guerra di liberazione nazionale. Il maltempo imperversa in tutto il nord dell’Algeria, pioggia, neve e vento. La primavera sembra ancora lontana e Algeri non splende.
Centinaia di persone si sono raccolte sulla tomba di Henri Maillot per commemorare la sua morte avvenuta il 5 giugno 1956 nella regione di El Karimia per mano di rinnegati algerini, gli harkis comandati dal famigerato Boualem. La cerimonia avviene ogni anno dal 1963 nel cimitero cristiano di Diar es-Salam, vicino al suo quartiere natale di Clos Salambier-El Maladia. Quest’anno viene inaugurata una stele e a una piazza di fronte al cimitero viene dato il nome di Place Henri Maillot.
Il gruppo comandato da Maillot era composto da comunisti e chiamato «maquis rouge». Prima che una raffica di mitra gli togliesse la vita, Henri gridò: «Viva il Partito Comunista Algerino!». Durante la cerimonia viene letta una lettera indirizzata alla stampa colonialista che lo aveva tacciato di traditore per aver disertato e portato via armi: «Io sono algerino e come tutti i figli di questo Paese, ho risposto all’appello della madre patria. Sono cosciente che dando armi ai miei compatrioti, ho agito nell’interesse del mio popolo e del mio Paese». Il sogno di Henri Maillot era quello di un’Algeria indipendente, democratica, libera e socialista.
Fra pochi giorni, il 17 aprile, in Algeria vi saranno le elezioni presidenziali: un Paese immenso per risorse demografiche e naturali ma il sogno di Henri Maillot è ancora da realizzare.
Louisa Hanoune, segretaria generale del Pt (Parti des Travailleurs) è una dei sei candidati: da sempre ha combattuto e combatte perché il sogno di Henri Maillot si realizzi totalmente. Tempo fa ha dichiarato che la sua campagna elettorale sarà una guerra. Qual è, allora il campo di battaglia? E cosa propone il Pt?

L’Algeria oggi è attraversata da fragilità economiche, sociali, territoriali, identitarie e caratterizzata da profonde tensioni sociali che crescono di giorno in giorno e minacciano l’unità e l’integrità del Paese.
Ma bisogna tener conto anche dell’aumento della corruzione: è uno dei Paesi più corrotti del mondo. Vi sono conflitti fra comunità religiose a Gardaia. Ma vi è anche una positiva conflittualità sociale: ci sono scioperi nelle fabbriche un po’ dappertutto, caso eclatante in questi giorni al cementificio Lafarge. E scioperi nelle scuole di studenti e insegnanti.
La crisi degli alloggi provoca moti di protesta. La mancanza di un’abitazione è la causa principale dei suicidi in Algeria.
Nel 2012 l’inflazione è stata dell’ 8,9% contro il 4,5% del 2011. Nel 2013 si è stabilizzata al 3,3%, ma l a previsione per il 2014 è dl 7%. Nel frattempo il Fondo Monetario raccomanda di non aumentare i salari e il regime lo ascolta.
La disoccupazione cresce, innanzitutto per i giovani che non hanno nessuna alternativa, a meno di piccoli traffici o un visto per “l’eldorado” americano o europeo.
Altro aspetto importante è il fallimento del processo di privatizzazioni; su questo rimando a un mio articolo («Morire a Guelma») apparso in blog l’anno scorso, emblematico della situazione.
Tutto questo nel quadro di una crisi di credibilità della politica di cui il movimento Baraka (cioè “abbastanza”) contro la ricandidatura di Bouteflika è un sintomo mentre la situazione economica generale peggiora di continuo, per la diminuzione dei prezzi del petrolio che si prevede di lungo periodo
Cosa fare contro questa politica neo liberale?
Louisa Hanoune è la segretaria di un’organizzazione politica che negli anni passati non ha solo sterilmente criticato ma combattuto per gli interessi del popolo algerino: contro la legge sugli idrocarburi di Chabib Khelil del 2005 o le privatizzazioni messe in atto da Abdelhamid Temmar; a favore del processo per la pace e la riconciliazione, del tamazigh (come seconda lingua ufficiale) e della rinazionalizzazione degli idrocarburi. Un’azione che è riuscita a condizionare il governo. Un esempio importante è la revisione avvenuta a gennaio di quest’anno di una legge del 2001 sull’industria mineraria che costringe lo Stato a re-investire in un settore strategico che era stato abbandonato alle multinazionali. Esempi eclatanti sono quelli di Arcelor Mittal in possesso del 70% delle miniere di Boukadara e di El Ouenza (senza mettere in atto politiche di sviluppo) o di una multinazionale australiana, GMA, che dopo aver saccheggiato la miniera d’oro d’Amesnassa ha abbandonato il Paese.
Il Pt è quindi, a mio avviso, il partito in Algeria che si è opposto e si oppone con maggior forza alle politiche di liberalizzazione selvaggia. Il suo obiettivo strategico è la collettivizzazione dei mezzi di produzione. In attesa di questa è per una veritiera riforma agraria e un rafforzamento del settore pubblico. Idrocarburi e miniere devono essere bene pubblici inalienabili.
Ma il Pt è anche cosciente che la dura fase sociale ed economica dell’Algeria è parte della violenza che investe il mondo a partire dalla crisi del 2008 del sistema capitalistico mondiale, un’agonia che – per il Pt – lo rende sempre più pericoloso e infatti aumentano gli interventi militari sia per rilanciare l’industria degli armamenti che per rilanciare “lo sfratto” delle sovranità nazionali. Il Pt è in prima linea nella denuncia di quel che avviene in Irak, Afghanistan, Siria, Libano, Egitto, Mali, Repubblica Centro Africana, in Libia e lotta contro il piano del Grande Medio Oriente americano, annunciato nel 2003 e apparso nel 2006 nel sito dell’esercito statunitense, il NMO. Un piano questo di smembramento delle nazioni dell’area basato su divisioni etniche e religiose.
Louisa Hanoune nella sua campagna elettorale mette quindi l’accento sulla sovranità dell’Algeria come obiettivo strategico. Il Paese con 6500 km di frontiera è circondato da vulcani in eruzione, da Stati e società in disintegrazione. E l’Algeria può essere un bersaglio dell’imperialismo. Le basi dei marines USA di Morón de la Frontera, Sevilla o Sigonella possono essere utilizzate per interventi militari in un’Africa del Nord, dove l’Algeria viene descritta – senza prove – come il santuario di Al Qaïda e di altri gruppi terroristici che mettono in pericolo gli interessi Usa nel settore del petrolio o del gas o la vita stessa di personale diplomatico statunitense. Come denuncia Louisa Hanoune i discorsi e le azioni degli imperialisti sono a geometria variabile. Ufficialmente dicono ai responsabili algerini che il loro Paese è un esempio nella lotta antiterrorista ma intanto organizzazioni e ong che dipendono dalla Cia (Canvas, Freedom House, Ndi, Ned ed altre) producono rapporti che mettono in cattiva luce il Paese. Quando scoppiano movimenti di giovani che legittimamente chiedono impiego è facile che alcune ong statunitensi tentino di infiltrarsi per provocare.
La segretaria del Pt afferma che bisogna essere ciechi per non rendersi conto che a Gardhaia si tenta di mettere una contro l’altra, su base religiosa, due comunità che hanno vissuto armoniosamente assieme per secoli. Nello stesso modo si è tentato di manipolare in un passato recente i Touareg nell’estremo sud algerino. Durante l’assalto terrorista, nel giugno 2013, di Tigguentourine ci sono state pressioni da parte di Usa, Francia, Inghilterra e Giappone per un intervento militare. Inoltre ci fu un tentativo respinto di trasferire Africom da Stoccarda in Algeri. L’imperialismo strumentalizza le debolezze algerine per ingerire, destabilizzare, smembrare.
Louisa Hanoune afferma che il Pt è fedele alle tradizioni della Rivoluzione algerina e per questo sostiene una politica difensiva e non offensiva per la pace nel mondo, la non ingerenza negli affari interni di altri Paesi, la solidarietà fra Paesi e popoli fratelli. L’Algeria non deve trasformarsi in uno strumento nelle mani dell’imperialismo giocando, per esempio, in Nord Africa il ruolo che ha il Pakistan in Asia. L’Algeria non deve, in nessun caso, inviare truppe a far guerre altrove per compiacere le multinazionali e organizzare la rapina delle ricchezze altrui.
Per questo io credo che un’affermazione di Louisa Hanoune alle presidenziali del 17 aprile significherebbe rafforzare in Algeria una politica economica contro il neoliberalismo e a favore del popolo algerino, incoraggiare un atteggiamento anti imperialista. Inoltre il programma di Louisa Hanoune propone altri punti importanti dal punto di vista democratico borghese quali una riforma costituzionale di fondo che coinvolga nel dibattito tutto il popolo algerino e una modifica del codice di famiglia che liberi le donne.

DUE NOTE: SUL SENSO DI QUESTO APPUNTAMENTO MENSILE E SUL SUO AUTORE
Prima puntata per «Macchie rosse sul pianeta Terra». L’idea è una rubrica con ritmo mensile per raccontare e analizzare lo scontro fra capitalismo e anticapitalismo, fra l’imperialismo e i suoi oppositori. Ci sono situazioni (per dirne solo due: il movimento naxalita in India o i movimenti dei popoli originari in America Latina) dei quali in Italia sappiamo zero. Il prossimo appuntamento è per la prima domenica di maggio.
Francesco Cecchini, che curerà la rubrica, si presenta così: «Ho avuto una nonna nata in Brasile, a San Paolo, figlia di due italiani che alla fine dell’ottocento dal Veneto erano andati laggiù. Forse per questa ragione il Brasile, che ho visitato in varie occasioni, è per me una terra speciale che non sento straniera. Sono nato a Roma nell’ ottobre 1946, ora vivo nel nordest a Montebelluna. Dal 1967 al 1978 sono stato un militante a tempo quasi pieno. Ho frequentato le facoltà di sociologia a Trento e di Urbanistica a Treviso; le mie scelte sono state non in funzione degli studi, ma del lavoro politico. Nel marzo 1978 ho interrotto la militanza politica, ma non ho cambiato idee, che continuano a essere rosse. Da allora al 2012 ho vissuto altrove lavorando dapprima in grandi cantieri di costruzioni, poi dedicandomi alla contrattualistica e alle ricerche di mercato del settore infrastrutture. Ho lavorato per grandi imprese, quali Rodio, Trevi e Soletanche Bachy. Ho fatto analisi e ricerche di progetti infrastrutturali futuri in Algeria, India, Nigeria, Argentina, Polonia e Marocco. Ho vissuto in molte città: Buenos Aires, Boston, Sai Gon, Lagos, Algeri, Bombay, Tangeri. Quest’esperienza di vita è alla base di un progetto di scrittura: una trilogia di romanzi ambientati a Bombay, Algeri e Lagos. Ho scritto il primo, “Rosso Bombay” che si trova su Amazon e sarà pubblicato il prossimo autunno da Nuova Ipsa di Palermo. Sto completando il secondo, ambientato fra Algeri e Marsiglia, una sola città su due rive dello stesso mare, il Mediterraneo. Del terzo, ambientato a Lagos, ho definito a grandi linee la trama. Ho scritto anche una raccolta di racconti, «Vivere altrove». Ora scrivo a tempo pieno collaborando con numerosi blog e siti: La Storia, Le Storie di Pordenone, Casa del Popolo di Torre di Pordenone, Il Diario portoghese, il blog di Daniele Barbieri e altr*, la rivista letteraria on line Sagarana e un’agenzia di notizie eritrea, Tesfa News. Traduco anche dalle lingue che conosco, francese, spagnolo, inglese e portoghese innanzitutto come esercizio di scrittura. Sto vedendo la possibilità di tradurre in Italia Dalton Trevisan, uno scrittore brasiliano sconosciuto in Italia, ma importante».

Redazione
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Un commento

  • Scusate la svista. Ma la data all’inizio della nota non è il 19 aprile 2013, ma il 19 marzo 2014. E’ questo il giorno dell’ inaugurazione della stele. Inoltre da quel giorno la piazzetta di fronte al cimitero viene chiamata Place Henri Maillot.

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