America latina alla prova di Covid-19

Due articoli di Laura Vales e una panoramica di David Lifodi

La quarantena nei quartieri popolari argentini, dove quattro milioni di persone vivono in sovraffollamento e senza possibilità  di lavorare a casa.

Provvedimenti repressivi in Uruguay, Bolivia, Colombia, Cile. La pandemia utilizzata dai governi di destra per ristabilire l’ordine pubblico. E crescono gli omicidi contro i lottatori sociali.

Argentina: vivere in isolamento nella precarietà

di Laura Vales (*)

                                           Foto: Pagina/12

 

L’approccio informativo dominante presuppone che tutta l’Argentina abbia le possibilità di isolamento della classe media. Nel paese, tuttavia, quattro milioni di persone vivono in quartieri poveri, di precaria urbanizzazione, che in molti casi significa condizioni di sovraffollamento e nessuna possibilità di lavorare a casa. A ciò si aggiungono difficoltà di base: il frequente lavaggio delle mani è una raccomandazione difficile quando la rete di acqua potabile è un rubinetto ad uso comune in un corridoio. Lo Stato e in particolare la militanza sociale stanno affrontando queste condizioni, installate dalla povertà strutturale, per pensare ad altre misure in modo da poter attuare la quarantena, in un paese che non è l’Italia o la Spagna. Nei sobborghi, funzionari, sindaci e leader di quartiere sottolineano che la sfida, nei prossimi giorni, sarà soprattutto garantire la distribuzione del cibo. In questo quadro, nel caso in cui il confinamento debba essere prolungato, il governo nazionale considera di estendere l’assistenza economica a coloro che dipendono interamente da lavori precari e non hanno piani sociali. Stime non ufficiali indicano che un milione di argentini si trovano in questa situazione.

Da dicembre un importante settore dei movimenti sociali ha assunto posizioni direttive nel governo. Una segreteria e due direzioni del Ministero dello sviluppo sociale sono occupate da membri delle organizzazioni di base. Tra questi c’è il coordinatore di Somos Barrios de Pie, Daniel Menéndez, che oggi è uno dei responsabili di un piano per l’effettuazione di piccoli lavori locali in modo che un minor numero di persone si sposti in cerca di lavoro precario. Mariel Fernández, che si è formata nella militanza del Movimiento Evita, è sindaca di Moreno, un municipio che condensa in due dati la vita precaria: 500 mila abitanti e un solo ospedale. Fernanda Miño, militante della villa La Cava, a San Isidro, è segretaria della Integración Sociourbana, una Direzione dello Stato creata per risolvere il problema dell’accesso all’acqua nelle “ville” e nei quartieri informali. Nei quattro mila quattromila quartieri popolari del paese (1100 quartieri popolari si trovano nei 24 municipi del Conurbano di Buenos Aires), il 93,5 per cento non possiede un accesso regolare alla rete di Acqua Potabile. Questi dirigenti hanno raccontato a Página/12 come vedono la sfida per applicazione delle norme per il confinamento, dalla loro condizione di militanti in contatto diretto con la realità degli insediamenti e dalla loro posizione di funzionari coinvolti nella progettazione di politiche perle difese contro la pandemia nei quartieri popolari.

I quartieri popolari nella CABA e nel Conurbano bonaerense

Chiamati Partidos del Gran Buenos Aires dall’INDEC (InstitutoNacional de Estadística y Censos de la República Argentina)​ sono un gruppo compostostoricamente da 24 municipi attorno alla città di Buenos Aires, conosciuti comeConurbano bonaerense. Sono suddivisi in due sottogruppi :

13 partidos completamente urbanizzati:Avellaneda, General San Martín, Hurlingham, Ituzaingó, José C. Paz, Lanús, Lomas de Zamora, Malvinas Argentinas, Morón, Quilmes, San Isidro, Tres de Febrero, Vicente López

11 parzialmente urbanizzati, con continuità urbana con Buenos Aires dalla metà del ventesimo secolo:

Almirante Brown, Berazategui, Esteban Echeverría, Ezeiza, FlorencioVarela, La Matanza, Merlo, Moreno, San Fernando. San Miguel, Tigre

Le suddivisioni amministrative locali si chiamano departamentos in tutte le province della Repubblica Argentina tranne che in quella di Buenos Aires dove per ragioni storiche prendono il nome di partidos. La CABA (Ciudad Autónoma de Buenos Aires)è divisa incomunas.

Un po’ di definizioni:

Villa è il termine ridotto di Villa Miseria dal titolo di Villa Miseria también es América, un romanzo del 1953 dello scrittore e giornalista Bernardo Verbitsky, in cui chiama cosìgli insediamenti urbani marginali e precari.

Le villas si trovano all’interno o ai margini delle grandi città, fondate e continuamente alimentate,con alti e bassi, dalle crisi politico-economiche locali e internazionali, dalle immigrazioni di persone che arrivano da villaggi dell’interno o da paesi vicini come Paraguay e Bolivia in cerca di lavoro.Gli asentamientos rappresentano il massimo della precarietà abitativa: sono quasi senza strutture di tipo urbanistico: lineari, al margine di ferrovie o di autostrade,senza le reti, sia pure precarie, piazze, luoghi di ritrovo, le abitazioni sono ancora delle baracche di materiali di recupero. I loro abitanti sono gli ultimi arrivati e sognano di trovare al più presto una soluzione migliore .

Gli NHT(Núcleos habitacionales transitorios) sono gruppi di case plurifamiliari sorti per dare una soluzione abitativa transitoria agli abitanti delle villas, mentre si edificavano gli appartamenti o le case definitive in seguito assegnate in proprietà. Costruiti per dare risposte transitorie, alcuni sono restati come situazioni definitive, in condizioni molto precarie, per le famiglie che vi risiedono.

 

Rafforzamento alimentare

“Restare confinati in casa è fondamentale, ma il confinamento non si raggiunge nei settori più poveri, che non hanno le condizioni della classe media”, segnala Daniel Menéndez, sottosegretario di Promoción de la Economía Social. E’ sabato a mezzogiorno e lui si trova in una mensa in Villa Inflamable. “Stiamo vedendo, in generale,che la gente se ne sta sulla porta della casa ma senza uscire dal quartiere, come se fosse una domenica. C’è una maggiore attività comunitaria, perché ci sono più persone che consegnano i pranzi per le mense ed è aumentato il numero di famiglie e di bambini che vengono a chiedere alimenti”. Si sta realizzando, naturalmente,uno schema nel quale la militanza sociale si occupa della logistica necessaria perché le famiglie non restino senza alimenti.

Per Menéndez “è impensabile che le persone dei settori popolari si recludano nelle loro case come può farlo la classe media, perché le case sono in molti casi di una precarietà molto grande, perché ci sono problemi di affollamento, allora si devono trovare meccanismi affinché la comunità, nel quartiere, possa costituirsi come una unità di isolamento. Sapendo che ci può essere del movimento, che il movimento sia organizzato perché ci sia del lavoro, che ci sia attività e possibilità di accedere agli alimenti”.

Il Ministero di Desarrollo Social si affretta a realizzare piccoli lavori pubblici di infrastrutture nei quartieri che generano lavoro localmente, in questo modo si limita la circolazione delle persone e funziona, a sua volta, come un palliativo per la scomparsa dei lavoretti saltuari.

Sabato a mezzogiorno, in una mensa di Barrios de Pie. Foto dell’organizzazione

Hotel e ospedali

“Ieri ci siamo riuniti con i gestori dei supermercati di Moreno perché capiscano che fare delle donazioni, e anche perché garantiscano degli stock di merce per i sacchi di alimenti distribuiti dalle mense scolastiche”, ha raccontato Mariel Fernández, sindaca del distretto del conurbano con un solo ospedale per 500 mila abitanti. “Stiamo facendo tutti gli sforzi però ci sono delle realtà oggettive”.

Ubicato nel secondo al confine con il terzo anello, Moreno è uno de sei municipi del Gran Buenos Aires con i livelli più alti de Necessità Basiche Insoddisfatte, secondo dati dell’Osservatorio dell’Università di General Sarmiento. A proposito dell’isolamento, la sindaca precisa che “in realtà, quello che cerchiamo di fare è che la gente resti nel quartiere come in una famiglia dei settori medio-alti, che ha le comodità per restare nella propria casa. Io insisto molto che si deve garantire l’ alimentazione, perché nessuno può restare in casa se non ce l’ha”.

Venerdi lo Stato ha inviato al comune 10 milioni di pesos per alimenti e per comprare de materiali di costruzione che permettano di realizzare le prime opere di miglioramento per l’occupazione  locale. Anche il governatore Axel Kicillof ha destinato una somma di 300 milioni da distribuire tra i 135 municipi della provincia nell’emergenza sanitaria. Anche se –paradossi delle decisioni rapide in tempo di crisi– Moreno, che ha un solo ospedale, riceverà meno dialtri distretti, poiché l’indice di ripartizione è la compartecipazione, che destina più fondi quando si hanno più ospedali.

La preoccupazione è posta nella domanda di salute che si produrrà nel picco del contagio, che si aspetta per la fine di aprile o all’inizio di maggio. E’stato già annunciato chea Moreno si costruiranno uno dei 5 ospedali modulari destinati al Conurbano pensati per internare pazienti con coronavirus. Come in altre località, il municipio ha avuto l’idea di utilizzare gli hotel dei sindacati per le persone che debbano essere isolate. Un solo hotel, quello del Sindacato delle Assicurazioni, si è messo a disposizione.

Un lavoro tipico di Moreno è quello dei venditori di piante, che si riforniscono nei vivai localie viaggiano 50, 60 e persino 80 chilometri al giorno per cercare di venderle.

 

Dove manca l’acqua

La segretaria di Integración Sociourbana, Fernanda Miño vive a La Cava, la villa più emblematica di San Isidro. “I barrios sono un mondo a parte”, indica. ” E’ molto più difficile che ognuno rispetti la quarantena, la casa è piccola, ci sono molte situazioni familiari differenti, inevitabilmente gli abitanti escono nei vicoletti o nella via più vicina.Non facciamo code al supermercato perché non ci sono soldi per riempire il frigorifero, in piùse l’unico rubinetto ce l’hai all’angolo della tua casa non ti resta altra scelta che uscire”, dice a Página/12. Secondo lei, il principale ostacolo per sostenere l’isolamento nelle villasasentamientos di Buenos Aires è l’affollamento, enel Gran Buenos Aires la mancanza d’acqua.

Spiega anche che la mappa dei quartieri popolari con le 4400 urbanizzazioni precarie del paese è stata disegnata includendo le case in cui mancano due o più dei servizi di acqua, elettricità o fognature. “In generale, è l’acqua, che arriva alle case in connessione irregolare e può non essere potabile, e le fognature o mancano o non formano una vera rete.In aggiunta alla mancanza di lavoro e alla questione del cibo, la pandemia arriva a sfidare ancor più la possibilità  di uscire dalla loro situazione delle persone più vulnerabili. Credo anche che stia rendendo più difficile la presa di coscienza di ciò che significa la pandemia, perché la gente non ha risorse per prevenirsi”.

Miño crede che le autorità municipali si devono assumere il compito di andare nei barrios, portare i sacchi della spesa a ogni casa invece di far arrivare la gente a un luogo dove può raggrupparsi, fare giri sanitari con gli elementi di base. “C’è sempre un’organizzazione sociale, inoltre, che si assume questo compito, si mettono i guanti e la mascherina e escono a fare le consegne”.

Studiano di aumentare le misure per i lavoratori informali

Il governo nazionale sta pensando ad altre misure di aiuto per le persone di settori vulnerabili che dipendono da attività informali e non ricevono nessun sussidio dallo stato,nel caso che le misure di isolamento si prolunghi inoltre questi dieci giorni. L’idea è quella di un sussidio di 5 mila pesos per tre mesi. Oggi nel Pese ci sono tre grandi schemi di copertura: la Assegnazione Univiversale per Figlio (Asignación Universal por Hijo), i piani sociali,le pensioni e pensioni sociali. Resta scoperta una popolazione trai 40 e 60 anni, i cui figli hanno più di 18 anni, per cui è senza AUH e non ha un lavoro formale.

Il commercio nei mercatini, le officine familiari, i piccoli lavori nelle costruzioni, la vendita ambulante, i banchetti di cibo pronto,l’organizzazione dei remise (le auto con autista che si prenotano per telefono), i piccoli negozi di fruttivendolo, i piccoli supermercati e i saloni da parrucchiera aperti dagli abitanti nelle loro case, oltre la vendita di un’infinità di oggettidi seconda mano, sono alcune delle attività non registrate, con redditi di sussistenza e con redditi al di sotto della autocertificazione.Le attività informali rendono impossibile stabilire quanti sono in questa situazione. Ci sono operatori sociali che fanno una stima, a spanne, di un milione di persone. L’arresto dell’attività lascia questa fascia di popolazione senza nessuna risorsa.

Il programma di lavoro locale

Daniel Arroyo, ministro di Desarrollo Social, ha annunciato che si preparano politiche specifiche per un numero di circa un milione di persone nel paese.Il programma di piccole opere pubbliche di infrastruttura nei quartieri popolari per creare lavoro locale ha l’obbiettivo di limitare la circolazione delle personee funzionare, a sua volta, come un palliativo alla fine dei lavoretti saltuari. La misura è stata anticipata martedì dal ministro dell’Economia, Martín Guzmán che ha annunciato opere pubbliche di miglioramento nei quartieri per evitare gli spostamenti.

Il ministro del Desarrollo Social Daniel Arroyo ha confermato a sua volta un pacchetto destinato ai settori più vulnerabili.

Le opere pubbliche a cui si pensa sono di miglioramento, come ridipingere scuole, fare marciapiedi, sistemare centri comunitari, con il criterio di permettere alle persone di lavorare nel quartiere, senza dovere spostarsi. Non è stato ancora  definito quale sarà il salario per questi lavori. Si pensa a un criterio simile a quello che si è utilizzato in febbraio per la sistemazione di scuole, quando i lavoratori hanno ricevuto il doppio di un plan social, cioè 17 mila pesos, anche se si sta studiando uno schema di moduli o complementi.

Lo Stato Nazionale, d’altra parte, ha aumentato i sussidi dei beneficiari della Asignación Universal por Hijo e dei planes sociales (in Argentina si chiamano “planes sociales” i diversi tipi di assistenza o aiuto sociale che lo stato fornisce alla popolazione per mezzo di sussidio prestazioni specifiche), con un buono di 3000 mila pesos. Questo plus ha compreso 556 mila persone.

Delle unità esecutive composte da sindaci, organi di governo e dai movimenti sociali decideranno i lavori pubblici da realizzare.

Il pacchetto combina reddito con lavoro: al buono si aggiungerà l’invio di progetti, materiali e attrezzi per realizzare delle infrastruttura come ambulatori di prima necessità,sedi per club di quartiere, scuole o abitazioni precarie.

(*) Fonte: Pagina/12 – 23 marzo 2020

Traduzione di Gianni Hochkofler

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America latina: dal corona virus al corona golpe

di David Lifodi (*)

                                                     Foto: https://italiacuba.it/

 

Provvedimenti repressivi in Uruguay, Bolivia, Colombia, Cile. La pandemia utilizzata dai governi di destra per ristabilire il cosiddetto “ordine pubblico”. E crescono gli omicidi contro i lottatori sociali.

Uruguay, Bolivia, Colombia, Cile: la pandemia del corona virus, in questi stati del continente latinoamericano, si è trasformata, per i governi di destra, nell’occasione attesa per imporre aggiustamenti strutturali, attuare misure ancora più repressive, perseguitare una volta di più leader dei movimenti e delle organizzazioni popolari.

A meno di un mese dal suo insediamento, dopo 15 anni di governi di centrosinistra del Frente Amplio, il presidente uruguayano Lacalle Pou si è trovato a dover gestire l’emergenza dovuta al Covid-19, ma lo fatto prendendo una serie di misure altamente contraddittorie e gestendo ancora peggio la comunicazione del governo in merito al virus.  Ad esempio, Daniel Salinas, ministro della Sanità ed esponente del partito di estrema destra Cabildo Abierto, formazione politica di peso nella Coalición Multicolor di Luis Lacalle Pou, ha dichiarato che per combattere il corona virus non c’era bisogno che gli sportivi amanti della corsa limitassero la loro attività, poiché bastava soltanto che indossassero l’abbigliamento tecnico adatto. In Uruguay, per il momento, non è stata dichiarata la quarantena obbligatoria all’insegna dello slogan, ormai universale, quedate en casa, tuttavia, mentre il governo invitava comunque la popolazione a non creare assembramenti all’aperto, l’ineffabile Lacalle Pou si faceva fotografare insieme ad un ambulante intento ad assaggiare un piatto tipico della cucina armena.

Il peggio doveva ancora venire. Nella conferenza stampa del 23 marzo, dedicata alle misure che il governo intendeva prendere a proposito della violenza di genere (i casi di femminicidio sono cresciuti in tutto il paese), Lacalle Pou se ne è uscito con l’inquietante affermazione che l’aumento degli omicidi compiuti contro le donne rappresenta “un effetto collaterale della quarantena”.

Il caso uruguayano, per quanto possa sembrare paradossale, non è dei peggiori. In Colombia, all’annuncio delle prime misure per far fronte all’emergenza sanitaria da parte del presidente Iván Duque, sono seguiti una serie di attentati culminati con la morte di numerosi leader sociali. Non si tratta di episodi casuali, ma di una strategia mirata, in un momento in cui l’intero paese e l’opinione pubblica sono concentrati su ciò che può accadere a causa della diffusione del Covid-19.  Tra gli omicidi degli ultimi giorni figurano quelli di Marco Rivadeneira, portavoce del Comité Operativo Nacional de la Coordinación Colombia-Europa-Estados-Unidos, leader storico delle comunità contadine del Putumayo. Oltre a lui, sono stati assassinati anche Ángel Ovidio Quintero e Ivo Humbero Bracamonte, rispettivamente consiglieri dei municipi di San Francisco (Antioquia) e Puerto Santander (Norte de Santander).

Anche il quotidiano inglese The Guardian ha denunciato l’offensiva contro attivisti sociali e militanti per i diritti umani, divenuti ancor più facili obiettivi da colpire in questo periodo di quarantena. Il  Comité Operativo Nacional de la Coordinación Colombia-Europa-Estados-Unidos ha chiamato in causa il presidente Duque e, in particolare, la sua ministra Alicia Arango che, poco più di un mese fa, proprio nel Putumayo, terra di Marco Rivadeneira, aveva reso alla stampa questa infelice dichiarazione: “Muoiono più persone per il furto dei cellulari che i difensori dei diritti umani”. Tra i sospettati di questi omicidi, compreso quello di Jhon Restrepo, leader della comunità lgbt di Medellín ucciso il 25 marzo, e di Carlota Salinas, esponente di Organización Feminina (storica organizzazione femminista della regione del Magdalena Medio), i paramilitari di Águilas Negras, che hanno approfittato dell’isolamento di molti portavoce di primo piano dei movimenti sociali per ucciderli.

Anche in Bolivia il corona virus è sinonimo di repressione. Nei 10 decreti che la presidenta de facto Añez ha firmato per far fronte alla pandemia, figurano in realtà una serie di poteri speciali per polizia e militari, a partire da acquisti di gas lacrimogeni ed equipaggiamenti antisommossa.  Le organizzazioni popolari hanno sottolineato, con amara ironia, il passaggio dal corona virus al corona golpe.

In una situazione oggettivamente difficile, la destra boliviana non ha perso tempo ed ha già chiesto di posticipare le elezioni presidenziali del 3 maggio. Se è vero che organizzare un processo elettorale nel pieno dell’emergenza sanitaria risulterebbe effettivamente un grande azzardo, la solerzia con la quale i golpisti sembrano voler rinviare delle elezioni già concesse di malavoglia da Jeanine Añez alcuni mesi fa, è facilmente comprensibile.  Tutti i sondaggi segnalano il buon vantaggio che avrebbe Luis Arce, il candidato del Mas – Movimiento al Socialismo, su Carlos Mesa e sulla presidenta. Inoltre, la destra che punta su Áñez, spera che il rinvio possa servire a far diminuire l’appeal degli altri candidati anti-Mas in modo tale che l’intero elettorato conservatore (e in certi casi fondamentalista-evangelico-fascista) converga esclusivamente sulla donna che si è insediata a Palacio Quemado tramite il golpe.

Il virus della repressione dilaga anche in Cile, il cui governo e le cui forze armate sono al centro della bufera ormai da molti mesi per i ripetuti casi di violazione dei diritti umani. In Cile il primo contagiato da Covid-19 è stato reso pubblico il 3 marzo, ma il presidente Sebastián Piñera allora era sempre impegnato a varare leggi contro i movimenti sociali, a partire dalla Ley Anticapuchas e dalla persecuzione giudiziaria contro gli studenti. L’obbligo di rimanere in casa per il governo è stata una manna dal cielo per interrompere i costanti assembramenti dovuti alle manifestazioni antigovernative, ma non si sono mai interrotte le ollas populares dalle abitazioni contro Sebastián Piñera. In pratica, l’avanzata del Covid-19 ha rappresentato un alleato del governo per far rispettare l’ordine pubblico.

Più in generale, in tutta l’America latina la crisi del corona virus si è trasformata in un nuovo capitolo del conflitto tra le classi sociali in un continente già attraversato da forti disuguaglianze.

(*) Fonte: Peacelink

3 aprile 2020

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Coronavirus: dati positivi sulla quarantena nei quartieri popolari argentini
L’85% delle aree rispetta rigorosamente le misure

di Laura Vales (*)

Per scoprire come funziona la quarantena negli insediamenti, nelle villas e nei quartieri popolari, il Ministero della Scienza e della Tecnologia ha commissionato, tramite Conicet, un sondaggio in tutto il paese per mezzo di interviste ai leader territoriali. Le conclusioni saranno utilizzate dal governo per l’attuazione delle politiche pubbliche. Saranno completate tra una settimana, ma alcune università e centri di ricerca stanno già pubblicando le loro relazioni preliminari. Sottolineano che l’isolamento è stato rispettato e che le uscite registrate sono collegate alla mancanza di denaro sufficiente per effettuare un grande acquisto. La dinamica quotidiana è quella di procurarsi il cibo per la giornata, o uscire alla ricerca di un lavoretto o andare alla mensa per il pasto. Un altro grosso problema è la mancanza di acqua potabile all’interno delle case, perché costringe le persone a muoversi per riempire un bidone. WhatsApp appare il mezzi più utilizzato con cui la maggior parte dei residenti si informa.
L’Università del Generale Sarmiento ha raccolto informazioni sui quartieri e gli insediamenti del Conurbano nord-occidentale: Moreno, José C. Paz, San Miguel e La Matanza. Il rapporto rileva che sono solo il 15 percento le aree in cui il rispetto è bassa e lo collega fondamentalmente ai motivi economici. Sebbene compaiano ragioni culturali, come la mancanza di informazioni o una certa idea che il virus sia un problema dei settori sociali che possono fare viaggi all’estero, l’incidenza di queste cause è molto più bassa. Vale a dire, non resta a casa sua solo chi non può permetterselo.
“La preoccupazione principale è la discontinuità nel reddito da lavoro”, afferma UNGS. “Questo è un tema che si ripete nei territori e si osserva con particolare intensità nel settore di Moreno. In queste case, isolamento significa totale mancanza di reddito.” Ad alto rischio sono coloro che dipendevano dal reddito giornaliero, come cartoneros, taglia erba e muratori. Sono seguiti dai produttori di merci in famiglia, che hanno dovuto sospendere le fiere e non hanno modo di far circolare i loro prodotti. In questo contesto, viene messo in guardia sulla comparsa di indebitamento in queste famiglie. Le persone che fanno parte dei movimenti sociali e delle cooperative con piani di occupazione, cioè con un reddito che dipende dallo Stato, sembrano più protette. Per quanto riguarda la violazione dei diritti dei lavoratori, le più colpite sono le donne che lavorano in case private, a causa della mancanza di riconoscimento dei loro contratti di lavoro.
In relazione all’approvvigionamento alimentare, il problema più menzionato è quello degli aumenti abusivi dei prezzi, in particolare di frutta e verdura. È anche diventato più difficile controllare che i i negozi locali non impongano sovrapprezzi alla carta Alimentar. Un’altra situazione che porta a spostarsi coloro che vivono nei quartieri popolari del Conurbano è la mancanza di bancomat.
Le preoccupazioni per l’estensione della quarantena fanno temere il peggioramento di problemi già registrati, poiché verranno aggiunte nel corso dei giorni le spese che non si potranno fare, come il pagamento delle bombole e la scadenza delle rate.
In relazione all’estensione delle misure di isolamento, preoccupa la possibilità che aumentino le tensioni nel vicinato e i furti a causa della complessa situazione economica. Si teme inoltre il ruolo delle forze di sicurezza nel monitoraggio del rispetto della quarantena e la possibilità di un aumento della violenza della polizia contro i settori popolari.
Il rapporto è stato realizzato dall’Instituto del Conurbano (ICO) con ottanta interviste telefoniche o WhatsApp con leader territoriali e personale tecnico o professionale che lavora nei quartieri.

A Tucumán, quattro istituti di ricerca sociale hanno esaminato i quartieri urbani e le comunità rurali, con le caratteristiche tipiche delle province. Ricardo Kaliman, dell’Università Nazionale di Tucumán, ha riassunto il rapporto preliminare come segue: “Un problema cruciale per la quarantena è il sovraffollamento. L’accesso all’acqua è molto difficile, quindi è molto difficile rispettare le condizioni igieniche, come lavarsi le mani. Un altro problema è che la stragrande maggioranza delle persone in questi luoghi lavora in modo informale e si guadagna il proprio sostentamento giorno per giorno. Per questi gruppi, stare a casa rappresenta una difficoltà di sopravvivenza “, ha detto al quotidiano La Gazeta.
La discriminazione è emersa anche come paura tra gli intervistati: in alcuni settori profondamente discriminati temono che, se il contagio si estende, non riceverebbero l’attenzione necessaria. L’idea nasce nella popolazione che soffre di una significativa situazione di discriminazione in molte ambiti e che, sebbene non si sia verificata in questa emergenza, temono che ciò possa accadere.

(*) Fonte: Pagina/12 – 23 marzo 2020

Traduzione di Gianni Hochkofler

 

 

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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