Lampedusa e Locride: profughi di altre guerre

di Gianluca Cicinelli (*)

Nascosta dalle notizie sull’invasione russa dell’Ucraina, un’altra tragedia della migrazione si sta consumando all’interno dei confini italiani. A Lampedusa l’hotspot destinato a contenere all’incirca 500 persone è arrivato a quota 1000 ospiti, portando la struttura ai limiti del collasso e mettendo a rischio la salute dei migranti. Si tratta per la maggior parte di donne, bambini e persone con problemi di salute, sia fisica che mentale. A denunciare la situazione è Mediterranean Hope, l’organizzazione legata alla Federazione delle chiese evangeliche che accompagna i richiedenti asilo nel loro percorso di inserimento nella società italiana.

Le persone che giungono a Lampedusa di giorno rischiano la disidratazione, aspettando sotto il sole al molo Favaloro o all’interno dell’hotspot, già provate dai viaggi in mare, mentre di notte a causa delle temperature molto più basse rischiano di ammalarsi e il centro non è in grado di accogliere in condizioni umane così tanti migranti. L’isola stessa, fa notare l’organizzazione umanitaria, è sprovvista di molti servizi, rendendo l’accoglienza una vana parola, e Mediterranean Hope chiede invece soluzioni di lungo periodo per gestire il fenomeno migratorio dalla Libia e dalla Tunisia e corridoi umanitari per chi scappa da Paesi in cui vengono calpestati i diritti delle persone.

Nel mese di aprile, racconta il report mensile dell’organizzazione, sono arrivate a Lampedusa 1072 persone. Di queste, 713 sono partite dalle coste libiche mentre 359 sono partite dalla Tunisia. Rispetto ai numeri che hanno caratterizzato il mese di marzo, spiegano gli operatori di Mediterranean Hope, si è registrato un notevole aumento di arrivi con un aumento di persone partite dalla Libia. Gli approdi si sono inoltre concentrati nella seconda metà del mese, dopo un lungo periodo di maltempo e condizioni meteo-marine sfavorevoli alla navigazione. A bordo delle imbarcazioni provenienti dalla Libia le principali nazionalità presenti riguardavano Bangladesh, Egitto, Marocco, Siria, Yemen, Somalia, Etiopia, Eritrea, Mali, Burkina Faso, Guinea, Costa d’Avorio, Gambia, Liberia e Sierra Leone.

Foto di MAMADOU TRAORE da Pixabay

Il problema è non cadere nella trappola di contrapporre la festosa accoglienza ai profughi ucraini alle condizioni disumane in cui sono relegati i profughi provenienti da altri Paesi, semmai di chiedere la stessa calorosa accoglienza per chi scappa da altre guerre e distruzioni, oltre che dalla fame. Perchè non sono solo le coste di Lampedusa a essere prese d’assalto in queste ore ma anche quelle della Calabria. Tre giorni fa nel porto di Roccella Ionica sono sbarcate 246 persone, in prevalenza provenienti da Afghanistan, Iran e Bangladesh, grazie a tre distinte operazioni di soccorso della Guardia Costiera. Sono in prevalenza donne e bambini, alcuni dei quali con meno di 4 anni, ma sono tanti anche i minori tra i 14 e 17 anni non accompagnati. Un altro centinaio di migranti è sbarcato ieri, sempre a Roccella Ionica, grazie a un operazione di soccorso della Guardia di Finanza.

Secondo le stime di Mediterranean Hope nel 2021 hanno raggiunto Lampedusa 32.841 persone. L’incremento delle partenze di cittadini/e tunisini/e si è verificato in corrispondenza dell’aggravarsi della crisi economica e politica, inasprita dalla pandemia e sfociata nella svolta autoritaria del presidente Kais Saied del 25 luglio scorso. L’Europa sta morendo a Lampedusa, denuncia la Federazione delle chiese evangeliche, e non c’è bisogno di aderire alle chiese evangeliche per comprendere la verità del grido di denuncia con cui chiedono un piano d’azione organico dell’Unione Europea che consideri la migrazione globale non come un’emergenza ma come un processo normale e a lungo termine.

(*)  Articolo in origine pubblicato su https://diogeneonline.info/a-lampedusa-e-nella-locride-i-profughi-delle-altre-guerre/

ciuoti

Un commento

  • Un testo dell’Associazione Marco Mascagna
    La lezione che viene dall’accoglimento dei profughi dell’Ucraina
    24 maggio
    Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina 5 milioni di persone hanno lasciato il Paese cercando rifugio nella UE (circa 1 milione si è rifugiato in Russia) [1]. L’Unione Europea ha risposto a questa tragedia in maniera encomiabile, intervenendo immediatamente a livello giuridico, economico e comunicativo.
    Infatti si è stabilito che a tutti i profughi ucraini deve essere dato un permesso di soggiorno valido dodici mesi, prorogabile. Grazie a questo permesso essi possono esercitare attività di lavoro subordinato o autonomo; accedere all’istruzione, alla formazione professionale e a esperienze di lavoro; ottenere un alloggio, assistenza sociale e sostegno economico.
    A livello economico sono state stanziate ingenti somme per mettere in salvo e accogliere queste persone.
    A livello comunicativo, le televisioni e radio pubbliche (e ugualmente le private) seguono con estrema attenzione le sorti di questo popolo, ci fanno vedere immagini delle loro sofferenze, intervistano ogni giorno vittime dei bombardamenti e profughi, spesso con una spettacolarizzazione del dolore che inevitabilmente ci spinge a identificarci con loro e a prendere il loro punto di vista. Sono state lanciati appelli alla solidarietà e dati strumenti concreti per realizzarla.
    L’Italia non è stata da meno. Ha stabilito la concessione di un “contributo di sostentamento” ai profughi che abbiano trovato “autonoma sistemazione” (presso una persona di buona volontà, un parente, un connazionale o altro modo), ha ripristinato l’accoglienza diffusa (cassata dal Salvini, quando era Ministro degli Interni) facendola diventare addirittura il “modello d’accoglienza”, ha istituito la piattaforma online OffroAiuto, che consente a cittadini, aziende, enti, associazioni di offrire beni, servizi, alloggi per sostenere i profughi ucraini. La televisione italiana con encomiabile velocità offre cartoni animati in lingua ucraina per i bambini profughi.
    In questa maniera sono stati accolti quasi 110.000 profughi ucraini.
    Insomma non si può non essere contenti di come istituzioni, media e cittadini stanno trattando i profughi ucraini: realmente come nostri fratelli.
    Ciò che ci lascia profondamente sconcertati e indignati è che uguale trattamento non sia stato dato e non venga tuttora dato ad altri fratelli.
    Nel 2015 circa 1 milione e mezzo di siriani che scappavano in Europa per sfuggire alle bombe di Assad e alle mattanze dell’ISIS fu rigettato indietro (gran parte in Turchia), con la scusa che “non possiamo accoglierli tutti”. Il milione e 200 mila accolto dalla UE (in gran parte dalla Germania) non ha avuto lo stesso trattamento.
    I profughi afgani, iracheni, siriani che quest’autunno e questo inverno cercavano di raggiungere la UE passando per i gelidi boschi della Bielorussia sono stati rigettati indietro da fili spinati, manganellate e cani ringhiosi. E non erano milioni, ma solo decine di migliaia.
    Gli eritrei, sudanesi, tigrini che sono fuggiti per non essere massacrati dalle truppe nemiche o per non dovere combattere un’assurda guerra fratricida in gran parte non sono proprio riusciti ad arrivare in Europa, perché l’Italia li ha bloccati nei campi di concentramento libici, o sono morti nel Mediterraneo e quelli che sono riusciti ad arrivare hanno subito molto spesso immotivate cattiverie e malvagità (come non ricordare i 177 profughi, in gran parte eritrei, salvati da una nave della Marina Militare italiana, la Diciotti, il 16 agosto 2018, e tenuti illegalmente sequestrati per 17 giorni perché il Ministro degli Interni italiano ne impediva lo sbarco?).
    Perché una così stridente diversità di trattamento?
    Secondo alcuni perché gli ucraini sono diversi dagli altri profughi e quindi meritano un trattamento diverso. “E’ un’emozione del tutto particolare perché vedo persone europee con occhi azzurri e capelli biondi che vengono uccise”, “Questa non è una nazione in via di sviluppo, del Terzo Mondo. Questa è l’Europa”. “Sono così simili a noi”, “Si tratta di una solidarietà a popoli vicini a noi, popoli che ci assomigliano e hanno i nostri valori, vivono la realtà con la stessa visione che abbiamo noi”. Così hanno detto alcuni importanti giornalisti e politici [2]. Come se le persone non europee fossero uomini di serie B, non nostri simili, non degni di aiuto. Eppure la Carta dei Diritti Fondamentali della UE dice “È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura”.
    “Questa è un’accoglienza di rifugiati veri” hanno detto in molti [3]. Come se siriani, afgani, iracheni, eritrei, sudanesi, tigrini, somali, nigeriani, maliani non lo fossero realmente.
    Nel piccolissimo Tigray la guerra ha fatto circa mezzo milione di morti [4], ma noi nemmeno lo sappiamo perché i nostri giornali e televisioni non ne parlano mai, non ci mostrano immagini di corpi feriti (i feriti si stima siano 4 milioni [4]), di morti, di madri e bimbi disperati, di case distrutte, di migliaia di persone in fuga. E lo stesso succede con tutte le altre guerre e conflitti che costringono queste persone a fuggire. E così si finisce realmente per credere che questi poveri cristi siano “falsi profughi” e quindi non meritino di essere accolti, e se stanno in un lager libico o se annegano nel Mediterraneo in fin dei conti è perché se la sono cercata. E se arrivano in Italia che se ne vadano al più presto e non pretendano niente perché niente è a loro dovuto.
    La motivazione che in tutti questi anni abbiamo sentito ripetere mille volte è che “non possiamo accoglierli tutti”, che l’Italia e l’Europa non hanno la possibilità di farlo, che è insostenibile economicamente, socialmente, politicamente. Oggi si accoglie senza grandi problemi in tempi rapidissimi una quantità di persone mai vista prima, dimostrando in maniera lampante che ciò non era vero.
    Per anni una narrazione mediatica tossica ci ha convinto che erano troppi e ci ha portato ad assistere alle migliaia di persone che morivano nel Mediterraneo o lungo la rotta balcanica e sahariana o che rimanevano per mesi o anni in campi di concentramento libici, turchi, nigrini come una situazione ineluttabile, una tragedia che non ha soluzioni, nei confronti della quale nulla si può fare.
    No! Le cose non stanno così.
    Se l’Europa può accogliere umanamente e degnamente 5 milioni di ucraini, se l’Italia può accogliere 110.000 ucraini può accogliere anche i profughi siriani, afgani, iracheni e africani che bussano alle sue porte e che sono molto di meno. E può accogliere senza problemi anche i migranti economici che vogliono venire a lavorare per mandare parte di quel che guadagnano ai loro familiari rimasti in patria (nel 2020 gli immigrati irregolari pervenuti in Italia sono stati circa 50.000). In fin dei conti gli immigrati sono un valido strumento per fare uscire i Paesi poveri dalla povertà (grazie alle rimesse degli emigrati) e per risollevare Paesi come l’Italia che ogni anno vedono diminuire la loro popolazione di circa 250.000 persone [5].
    NOTE:
    1) UNCHR 2022;
    2) La prima dichiarazione è di David Sakvarelidze, politico e pubblico ministero, intervistato dalla BBC. La seconda di Lucy Watson, giornalista della televisione francese ITV. La terza di Daniel Hannan, giornalista del quotidiano britannico Telegraph e politico. La quarta di Ignazio La Russa, politico italiano. Vedi Cronache di Ordinario Razzismo: Xenofobia, razzismo e russofobia https://www.cronachediordinariorazzismo.org/razzismo-xenofobia-e-russofobia-i-danni-collaterali-della-guerra-in-ucraina/;
    3) Gli esponenti della Lega Salvini, Zaia, Andreoli, vedi https://www.cronachediordinariorazzismo.org/razzismo-xenofobia-e-russofobia-i-danni-collaterali-della-guerra-in-ucraina/;
    4) https://ilbolive.unipd.it/it/news/etiopia-atrocita-guerra-dimenticata-dai-piu;
    5) ISTAT 2021.

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