Lansdale, Leblanc, Lucarelli, Manzini, Meyer e…

e due antologie di Autori Vari

7 recensioni (giallo-noir) di Valerio Calzolaio

 

Autori Vari (a cura di Luca Crovi)

«L’occhio dell’assassino. Un viaggio nella mente criminale nei racconti di 20 maestri»

Rizzoli

414 pagine, 15 euro

Scene del crimine. 1819-2021. Ogni ecosistema umano, ogni epoca e ogni comunità hanno avuto assassini e loro cantori, chi narra l’immaginario di un criminale violento: ciò che sente e che vede un omicida in azione. L’occhio dell’assassino non sempre è trasparente e non sempre mostra l’eco del gesto compiuto o segnala in anticipo quello che compirà. Dipende. Ottima la scelta dell’esperto giornalista e scrittore Luca Crovi di offrire una selezione meditata di testi, alcuni inediti in italiano appositamente tradotti: s’inizia con una riflessione di Freud (1916); poi racconti dell’Ottocento cronologicamente (1819) Hoffmann, Flaubert, Poe, Dickens, Boito, De Maupassant, Conan Doyle, Stevenson, Čechov, Verga, Svevo, De Marchi; del Novecento Carolina Invernizio, Leblanc, Chesterton, Pirandello, Sciascia, De Giovanni, Camilleri, Carlotto; chiude un racconto di Hitchcock (1919). “L’occhio dell’assassino” è una bella raccolta sulle zone oscure della nostra mente raccontate da grandi scrittori.

 

Maurice Leblanc

«Arsène Lupin, ladro gentiluomo e altre storie»

traduzione di Giuseppe Pallavicini Caffarelli (originali 1907, 1931, 1933)

Einaudi

532 pagine per 13,50 euro

Francia e non solo. 1890-1937. Maurice Marie Émile Leblanc (Rouen, 1864 – Perpignan, 1941) dopo studi comparati di legge si trasferì a Parigi e divenne scrittore di “gialli”, nella forma prevalentemente di racconti, dal 1905 sempre più dedicati solo al celeberrimo personaggio di Arsène Lupin (nato nel 1874, secondo l’autore). Le sue avventure continuano a essere utilmente ripubblicate in Italia, in questo “Lupin” con una discutibile introduzione di Monica Dall’Asta. Lo spunto ricorrente di labirintici intrighi e minacce è l’antico furto di una fatidica preziosa collana di diamanti della regina Maria Antonietta nel 1785, il primo scandalo di tipo moderno; l’agile ben allenato dandy Arsène vi è genealogicamente collegato tramite la madre. Sempre ci sono due registri: il gusto del furto da una parte, lo smascheramento di bugie e inganni dall’altra. Entrambi si esaltano se, accanto al nobile escluso Lupin, troviamo pure Herlock Sholmes (plagio e omaggio al famoso eroe d’Oltremanica).

 

Autori Vari (Besola, Ferrari, Fallone, Maimone, Pappalardo, Paola Varalli)

«Odio l’estate. Afa e delitti a Milano»

Todaro editore

260 pagine, 16 euro

Milano. D’estate (in vista della prossima). “Cerco l’estate tutto l’anno. E all’improvviso eccola qua…”: in esergo Paolo Conte (con Vito Pallavicini), Azzurro. Poi, quattro racconti lunghi: Giorgio Maimone, Il cadavere fantasma, Niente ombrelloni per Marlon (personaggio seriale), siamo nel 1961, in prima; Davide Pappalardo (1976), Sogno di una notte di “piena” estate, siamo nel 1974, in prima; Paola Varalli, Che afa fa, Il mistero della procace Adelaide, siamo nel 1985, in terza, il più lungo; il consueto trio Riccardo Besola (1974) – Andrea Ferrari (1977) – Francesco Gallone (1978), Un’estate al freddo, siamo nel 2000, in terza, il più breve. Quattro curiose avventure milanesi noir, afose e sudaticce, belle e interessanti; all’inizio di ciascuno la colonna sonora, una decina di congrue canzoni, prevalentemente italiane; ottima introduzione letteraria e musicale alla prossima stagione 2021, nella mitica collana ideata da Tecla Dozio e Veronica Todaro.

 

Antonio Manzini

«Vecchie conoscenze»

Sellerio

410 pagine, 15 euro

Aosta. Febbraio 2014. Il vicequestore Schiavone tende ancora a essere abbandonato e a sentirsi solo. Nonostante sia un uomo abituato alla perdita, le armi che usa per reagire, per non sprofondare nel pozzo dei ricordi, risultano spuntate. Ci ricasca sempre, basta un profumo, una frase, uno sguardo o una somiglianza per ritrovarsi in un luogo fuori dal tempo, in uno spazio vago e sbiadito dove giacciono frammenti della sua vita: i tre arruffati amici di sempre, Furio Brizio Sebastiano (e Seba è da mesi scomparso dagli arresti domiciliari); l’amata moglie Marina uccisa quasi 7 anni prima da proiettili destinati a lui (e lei ha ricominciato a riapparire e dialogare); il dirigente del Viminale Gerardo Mastrodomenico che continua a tramare dopo aver boicottato importanti indagini su traffici romani e averlo fatto isolare in montagna su piste nere; i poliziotti che via via lo stanno “tradendo” pure ad Aosta, dall’affascinante Caterina che lo spiava al ludopatico Italo che è tornato a raggirare gonzi col poker, a D’Intino che gli ha sparato involontariamente (quasi peggio); il figlioccio Gabriele e la mamma Cecilia che gli avevano occupato l’appartamento e ora se ne vanno a Milano; il questore e il magistrato che lo stimano seppur inevitabilmente infastiditi dai suoi modi, dai suoi spinelli, dai suoi misteri; donne che incontra e non sa amare, Sandra ora e ancora. Fortunatamente arriva una rottura di coglioni del decimo livello: qualcuno ha colpito alla testa con un oggetto pesante e assassinato la 73enne storica dell’arte Sofia Martinet, premi onorificenze conferenze ovunque, cattedra all’università di Torino, studiosa di Leonardo, single separata con figlio lontano. La sua ultima pubblicazione riguarda gli studi ottici di Leonardi e sta suscitando clamore e polemiche. La scena del crimine è facile, qualche traccia pare esserci, l’indagine però stenta. E riappare Sebastiano (alla rincorsa della vecchia pessima conoscenza, Enzo Baiocchi) a complicare il quadro.

Decimo godibilissimo romanzo letterario dell’eccelsa serie Schiavone per l’attore e regista di teatro Antonio Manzini (Roma, 1964), originale anche perché concepita come opera unica “alla ricerca del tempo perduto”. Dal 2013 finora ha narrato diciassette mesi valdostani del suo personaggio romano, sempre con uno straordinario meritato successo (anche in televisione, strumento diverso e separato). Qui mette qualche punto, è la sempiterna amicizia messa a dura prova: il processo di desertificazione interiore nasce dal continuo circuito di illusioni e delusioni. Tutto avviene in terza persona varia al passato; lo stile appare sempre più curato e coerente, i fili delle due storie si danno il cambio. In tutta la prima parte prevale la ricerca del movente e dell’assassino, il vicequestore agirà con acume, fra veleni segreti invidie altezzosità degli ambienti accademici; nella seconda emerge l’intreccio con il travagliato passato nella capitale, finalmente Rocco incastrerà tasselli mancanti, non è certo che gli faccia piacere. Un ruolo cruciale lo svolge il figlio della vicina della vittima, il buon Dario, ritardato, cieco, con una lingua tutta sua. Accanto al dipanarsi noir vi sono le vicende d’amore dei vari personaggi, questa volta soprattutto quella fra l’agente semplice e pittore dilettante Michele Deruta e il gentile premuroso panettiere Federico, la delicata decisione di vivere insieme e, conseguentemente, di fare outing con colleghi e concittadini. Fra le associazioni delle nuove persone incontrate ad animali questa volta ci sono: pipistrello, faina, biscia albina, lemure catta, struzzo, oritteropo. Anche su Leonardo si scopre qualcosa in più. Segnalo quando il suicidio può funzionare, a pag. 191-192. E la tecnica del d’altrondismo a pag. 330-331. Rum e vini vari, con la mozzarella tannici, con i cannoni di marijuana Franciacorta. Per scoprire il colpevole Rocco cita un album dell’immenso gruppo jazz rock italiano, gli Area: Gli dèi se ne vanno, gli arrabbiati restano! Come gli ignoranti. E, salutandosi, con Gabriele cantano insieme David Bowie, Space Oddity!

Deon Meyer

«L’ultima caccia»

traduzione di Silvia Montis (dall’inglese)

Edizioni e/o

486 pagine, 18 euro

Bordeaux, Francia, e Cape Town, Sudafrica. Agosto 2017. Il buon possente nero 55enne Daniel salva un’austera pittrice dalla violenta banda dei cinque rapinatori del fiume, pur essendo terrorizzato dall’essere scoperto in Francia dopo gli antichi turbolenti trascorsi sudafricani. Il buon afrikaner 47enne Bennie pensa di continuo a un anello per proporre ad Alexa di sposarlo, pur essendo terrorizzato dall’eventuale rifiuto, sicché l’indagine per l’omicidio dell’ex agente della SAPS Johnson Johnson arriva a proposito. La capa della Sezione crimini violenti del Dipartimento per le indagini ad alta priorità, ovvero gli “Hawks” (una trentina), vuole capire dall’affiatata coppia di capitani Hawks bianco Bennie Griessel – nero Vaughn Cupido come e perché l’uomo sia stato ucciso e poi gettato dal treno più lussuoso del mondo, ritrovato molto tempo dopo. Ormai faceva solo sicurezza privata, a bordo doveva tranquillamente assistere un’olandese ultranovantenne, non si capisce proprio cosa sia mai accaduto e in che modo si senta coinvolta anche l’Agenzia di sicurezza nazionale, quei potenti deviati della SSA. Il fatto è che tutto il Paese sa dello State capture, del diffuso certificato dubbio che il presidente, metà del parlamento, diversi premier provinciali e dirigenti di aziende pubbliche siano stati corrotti e vengano manovrati come burattini da tre miliardari indiani. A distanza, Daniel Darret viene ricontattato da amici e colleghi sudafricani, non possono più permettersi l’attuale presidente, vogliono che torni in patria e faccia il suo qualificato mestiere di killer, gli ricordano il vero nome, i legami e le lotte comuni, la sua storia e le sue qualità, è l’unico che può salvare il Paese, questa volta l’incarico è di eliminare il male alla radice. Bennie gira a vuoto, Daniel resiste, le storie finiranno per intrecciarsi.

L’eccelso autore sudafricano Deon Meyer (Paarl, 1958), ex consulente BMW, scrive e pubblica in afrikaans (2019), viene tradotto in inglese e (dall’inglese) in italiano. Magnifico e appropriato il glossario finale, con la nuova Costituzione del 1994 (dal presidente Mandela in poi) sono 11 le lingue ufficiali, ormai innumerevoli le contaminazioni nello slang. Il suo “eroe” era stato tutore dell’ordine anche col vecchio regime, ci fa capire molto di un grande Paese plurale e dei contesti storici sociali meticci, ironico e divertente, per quanto hard-boiled. Bennie Nikita Benna Griessel ha ormai 47 anni, continua a considerarsi un alcolista anonimo in disintossicazione. Lui è robusto brizzolato rugoso, capelli folti e arruffati, occhi slavi e luminosi, divorziato bassista dilettante, altruista e depresso; vive con la splendida compagna, la bionda e sensuale manager musicale Alexa Xandra Barnard (più grande e affettuosa, sobria da quasi altrettanti giorni). Attraverso il consueto espediente cronologico (ogni storia a pochi mesi dell’altra per i personaggi, ma trascorrono anni sia fra i romanzi che nel contesto istituzionale) in quest’ultimo bel volume l’autore usa una terza persona binaria, presentandosi fin all’inizio con un secondo protagonista dotato di autonomo filo narrativo che corre lungo tutta la narrazione, a capitoli o parti alternate: da anni Daniel Darret vive isolato da tutto e tutti, solo con una gatta; lavora come assistente di un ombroso ottimo restauratore di mobili, pialla e affina, gli piace; non ha amici, la gente sa poco di lui, gira in moto nel poco tempo libero. Meyer ci racconta l’ex presidente Zuma con competenza e acume, senza mai citarlo; e ci aiuta a capire il Sudafrica dell’ultimo decennio, interessi e conflitti del dopo-apartheid, la ferocia di certa politica pure nelle democrazie. Fortunatamente c’è chi resta fedele ai lasciti di Nelson Mandela. Innumerevoli gli spunti culturali interessanti. Tanto Borgogna e appassionato blues.

Carlo Lucarelli

«Via delle Oche. Un’indagine del commissario De Luca»

Einaudi (prima edizione Sellerio, 1996)

164 pagine, 14 euro

Bologna. Primavera ed estate 1948. Ci fu una volta un delitto in un casino di Via delle Oche, vittima Ermes, un buttafuori da bordello; al numero 23 proprio della più rinomata via dove a Bologna c’erano le case chiuse (prima della Legge Merlin). Seguirono altri omicidi, apparentemente indipendenti, ma il commissario della Buoncostume indagò con acume pure nel terzo romanzo della storica serie del grande Carlo Lucarelli (Parma, 1960). Lo avevamo incontrato in pieno regime fascista, poi ritrovato negli ultimi giorni di Salò, ora è appena sfuggito all’epurazione, siamo in pieno Quarantotto: rancori antichi e moderni, le elezioni infuocate, l’attentato a Togliatti, la maglia gialla di Bartali. Gli ottimi romanzi ebbero notevole successo trent’anni fa e vengono riproposti ora nella mitica collana Stile Libero, senza apparati o presentazioni, con l’identica dedica “a Tecla” (la cara Dozio, cui l’autore e tanti scrittori o appassionati di gialli e noir devono molto).

 

Colin Dexter

«Il più grande mistero di Morse e altre storie»

traduzione di Luisa Nera (originale 1993)

Sellerio

218 pagine, 14 euro

Oxford. Una trentina di anni fa. Il diabetico e ipoudente Norman Colin Dexter (1930-2017) è stato docente di greco e latino, specialista in enigmistica e parole crociate, magnifico ironico autore di genere. I 13 romanzi con protagonista l’ispettore capo Endeavour Morse (e il fido recalcitrante sergente Lewis) della Thames Valley Police sono datati 1975-1999 (tradotti a suo tempo nel Giallo Mondadori), la televisione inglese ne trasse una serie di 33 episodi trasmessa anche in Italia; serie connesse continuano ancor oggi. “Il più grande mistero di Morse e altre storie” assembla sei racconti pubblicati fra il 1987 e il 1993: il primo (natalizio e infestato dallo spirito di Wagner) dà il titolo inglese e italiano alla bella raccolta, presentata dal grande scrittore Marco Malvaldi con una simpatica nota introduttiva “Mai fare errori di orzografia” (la d eufonica giustamente non c’entra con l’ortografia). Come al solito, la divertita divertente narrazione è in terza al passato.

 

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