Lavoro: siamo in un Paese che rispetta la sofferenza?

di Vito Totire (*)

Comunicazione alla signora ministro per la Salute sulla “riapertura” delle pratiche Inail concluse con il disconoscimento di malattia professionale per i nessi agente eziologico/patologia che con il decreto 12.9.2014 hanno cambiato collocazione verso una maggiore evidenza; in sostanza per una politica di “riduzione del danno”

Vauro-morireDiLavoro

Rilanciamo la lotta a difesa delle vittime delle malattie occupazionali e ambientali

Il mancato riconoscimento delle malattie e dei tumori professionali in Italia rimane un fenomeno estesissimo e drammatico; una recente presa di posizione della Conferenza Stato-Regioni ha riferito di un rapporto fra tumori del polmone e mesoteliomi riconosciuti di 0.48:

sono dati relativi a discrepanze che conosciamo e denunciamo da tempo, aggravati da una forbice negativa nord/sud a sfavore del sud;

tutti i dati epidemiologici dicono che il rapporto effettivo fra le due patologie prima citate oscilla invece da 1:2,5 a 1:5 o addirittura da 1:10 (Binazzi, comunicazione al convegno «Amianto e responsabilità sociale», Padova 2009);

questi dati si commentano da soli e fotografano la gravità dei danni subiti senza alcun tipo di riconoscimento e risarcimento per lavoratori italiani (nei Paesi del sud del mondo la situazione è molto peggiore).

Siamo nelle more della riforma dell’Inail (sulla quale i soliti voltagabbana ora tacciono in quanto partitini e sindacatini vogliono mantenere lo status quo): riforma che noi invece auspichiamo e che deve prevedere l’esautoramento di questo istituto dal compito di valutare il nesso eziologico della malattia professionale (con immediato passaggio delle competenze alle Asl locali). Nel frattempo chiediamo al ministro un decreto (ma basterebbe una circolare) subito per riaprire le procedure di quei casi conclusisi con il disconoscimento della eziologia professionale;

questo per le patologie che con il succitato decreto hanno cambiato collocazione verso una lista di maggiore evidenza;

emblematico un caso che abbiamo affrontato in Sicilia; la patologia viene disconosciuta (parliamo di un soggetto esposto ad amianto); ci apprestiamo a una richiesta di collegiale, previo accesso agli atti; l’Inail ci nega l’accesso agli atti! Succede pure questo in Italia!

Nel frattempo cambia la classificazione e il nesso amianto/laringe arriva in LISTA I (con comodo, non c’è fretta, dopo due anni dalla classificazione Iarc); allora l’Inail, insistendo nel suo diniego circa l’accesso, richiama il lavoratore a visita medica…situazione kafkiana in quanto la divergenza non era sulla esistenza della patologia ma sulla esistenza del nesso di causa; dopo la seconda visita il nesso di causa viene riconosciuto…

Da tempo abbiamo denunciato la discrepanza riguardante i riconoscimenti di tumori laringei fra Italia e Germania e altri Paesi europei (1); ora che, tardivamente, la situazione va a chiarirsi in Italia, occorre che i riconoscimenti siano anche retroattivi e automatici per i casi già segnalati (siamo a conoscenza di casi per esempio in Puglia e Sicilia, ma certamente ve ne sono in altre regioni);

chiediamo che la rivalutazione riguardi tutti i nessi passati in LISTA I (tricloetilene/tumore renale; fumi diesel/tumori del polmone; arsenico/vescica; benzene/leucemie; erionite/mesotelioma peritoneale; formaldeide/leucemia; silice libera cristallina/tumore polmonare; cvm/epatocarcinoma; radiazioni jonizzanti/tumori di varie sedi; ecc.);

a questo proposito a Bologna abbiamo concluso un procedimento in appello per un tumore del polmone che ha colpito un tassista; ovviamente per l’Inail non vi era nesso di causa (l’aria della città è salubre…): l’Inail farà ricorso in Cassazione? Mistero, intanto le vittime e le famiglie tribolano e questo non è accettabile.

Chiediamo che ci sia riesame anche per le patologie passate dalla LISTA III alla LISTA II;

e anche di quelle comparse per a prima volta in LISTA III (esempio: tumore dell’esofago in pregressa esposizione ad amianto);

le patologie cosiddette “non tabellate” dall’Inail vengono sistematicamente respinte; ma sistematicamente vengono respinte anche quelle collocate in LISTA II;

riflettiamo su un dato: mentre ci accingiamo a discutere con l’Inail di un caso di LNH in una persona esposta all’erbicida a base di “gligosato”, nonostante la recente classificazione Iarc (probabile azione cancerogena) e mentre ci accingiamo a prendere atto di una prevedibile conclusione discorde della collegiale, la Colombia ha già messo il glifosato fuorilegge (notizia diffusa dalla rivista «Internazionale»)…

Allora cosa le segnaliamo a fare?

Per sprecare raccomandate? L’Inail fra l’altro risponde sempre con lettera ordinaria…

Di recente abbiamo segnalato all’Inail un infarto del miocardio; l’Istituto risponde che archivia perché non c’è denuncia di infortunio…

Dopo decenni di secoli di studi di medicina psicosomatica, dopo decenni di discussione sul distress lavorativo, l’Inail non ammette l’idea che un infarto possa essere una malattia occupazionale; tanto – anche se i ricorsi in tribunale li vinciamo – non tutti fanno ricorso, anche per mettersi al riparo dal fattore di distress che si chiama Inail…

Un’altra questione che riteniamo debba essere affrontata con urgenza (e qui certamente non è sufficiente una circolare ma occorre un decreto-legge) riguarda i trattamenti pensionistici per patologia tumorale;

in particolare la situazione dei malati di mesotelioma è offensiva e vessatoria per chi è colpito dalla malattia, per i loro familiari e per tutti i cittadini sensibili ai valori di rispetto della persona;

abbiamo segnalato (novembre 2014) con una relazione medica un aggravamento in un malato di mesotelioma duplice (pleurico e peritoneale); il paziente all’epoca era già stato ricoverato presso un hospice; l’Inail ha risposto nell’aprile del 2015 che non riconosceva l’aggravamento per mancanza di documentazione sanitaria.

Ora le ipotesi sono due, la seconda è più congrua:

  1. Alla segnalazione medica l’Inail deve rispondere effettuando visita entro tre giorni e non con una risposta burocratica, senza visita medicodomiciliare, dopo mesi;
  2. Vista la storia naturale della malattia, onde evitare che il malato possa morire in un frangente in cui l’Inail gli ha riconosciuto il 60% (questo assurdo ebbe a denunciarlo anche Renzo Tomatis già direttore della Iarc in un convegno organizzato a Trieste una decina di anni fa dalla Aea, Associazione Espodsti Amianto – la denuncia fu veicolata da una intervista alla Rai) deve essere riconosciuto, già al momento della diagnosi, il massimo della indennità mettendo da parte la infame ipotesi che il malato di mesotelioma debba fare la spola fra casa, ospedale e Inail per l’adeguamento periodico del riconoscimento della entità del danno biologico secondo la progressione 60%, 80%, 100% come se la prognosi fosse chissà quanto lunga; anche in questo caso il fiscalismo sfocia in vessazione programmata.

E’ chiaro che quanto proponiamo per il mesotelioma è estensibile a tutti i tumori, salvo revisione a 5 anni per le persone che abbiano una prognosi quod vitam superiore a questo limite.

E’ evidente che queste nostre proposte sono “una goccia nel mare” ma alle vessazioni dobbiamo porre un limite e non intendiamo aderire alla politica contro i lavoratori condivisa da tutti i partiti e partitini istituzionali (al momento l’unico soggetto che non ha sposato questa linea, ma che è restato silente sul destino dell’Inail, almeno alle nostre orecchie, è il Movimento 5 Stelle) né alla politica apparentemente masochista di quei sindacati e sindacatini che difendono lo statu quo dell’Inail-dipendenza (tanto i dirigenti di questi sindacati ai rischi professionali sono stati esposti molto poco).

In passato abbiamo scritto a tre ministri della repubblica, per denunciare i casi di mesotelioma disconosciuti dall’Inail; non abbiamo ricevuto alcuna risposta; il “fenomeno” del disconoscimento dei mesoteliomi non solo è continuato ma pare in crescita, considerato che le pregresse esposizioni a monte oggi paiono un po’ più subdole di quelle di anni in cui esse erano più massicce;

ricordando questo precedente di ministri non motivati a rispondere vogliamo sottolineare che questa missiva è indirizzata formalmente alla signora ministro della Salute ma di fatto, con aspettative differenziate, è indirizzata a tutte le persone interessate a sanare questa condizione di palese ingiustizia;

per non parlare dei riconoscimenti dei mesoteliomi e della altre patologie da esposizione domestica/paralavorativa.

Peraltro interroghiamoci su chi sono oggi i gestori e responsabili del Fondo di solidarietà delle vittime dell’amianto; che stipendi prendono; cosa stanno facendo le persone colpite da mesoteliomi non riconosciuti dall’Inail.

Anche qui diamo un segnale: l’Inail sia obbligato, prima di “decidere” ad acquisire il parere vincolante del Renam! E’ troppo difficile? Allora teniamoci la schizofrenia istituzionale di casi classificati mesoteliomi occupazionali o ambientali dal Renam/Ispels (fagocitato dall’Inail) e disconosciuti dall’Inail doc…

Possiamo dire di essere in un Paese che rispetta la sofferenza umana?

Noi riprendiamo l’iniziativa dalla base, senza deleghe nei confronti di nessuno. (Bologna, 24 giugno)

(*) Vito Totire, medico del lavoro, è presidente nazionale Aea (Associazione esposti amianto e rischi per la salute) con sede in via Polese 30 a Bologna. LA VIGNETTA E’ DI VAURO.

NOTE

  1. Secondo il rapporto Eurogip (2006) di eziologia professionale per tumore laringeo sono stati 237 in Germania (1997-2002); 15 in Danimarca (1991-2003); 11 in Francia (1994-2002); fanalino di coda l’Italia.
  2. Angela Binazzi, intervento al convegno «Amianto e responsabilità sociale» Padova 2009, Fondazione Bepi Ferro, Ediesse

 

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