Le bambine del Guatemala tra violenza e sfruttamento

di David Lifodi

La tratta delle persone e, in particolare, le violenze su bambine e adolescenti guatemalteche, sono ancora una realtà per il paese centroamericano. Gli abusi sessuali rappresentano il tratto caratteristico di un paese dove all’esclusione sociale si aggiungono povertà, violenza, un machismo ancora dominante e la questione della migrazione. Non è raro che a soffrire di abusi siano donne migranti che, nel loro viaggio verso gli Stati Uniti, passano dal Guatemala, o le stesse guatemalteche in direzione Usa.

Tra i dati maggiormente preoccupanti, quello che risalta maggiormente riguarda le migliaia di giovani e giovanissime in gravidanza a seguito di violenze sessuali. Le storie di bambine sottoposte ad abusi fin dall’età di 5 anni non sono una novità. Spesso i primi responsabili sono i familiari che, non contenti, non appena le giovani arrivano in età adolescente, addirittura le affittano ai reclusi delle carceri. Molte ragazzine hanno vissuto un inferno del genere prima di giungere a La Alianza, un centro dedicato ad offrire protezione, sostegno psicologico e assistenza sanitaria a bambine e adolescenti vittime di abusi sessuali. Diretta dalla giornalista e poeta guatemalteca Carolina Escobar Sarti, attualmente la Alianza ospita 65 giovani tra i 12 e i 22 anni: tra loro si trovano quelle che sono riuscite ad affrancarsi dalla vera e propria schiavitù imposta da un padrone a quelle abbandonate da famiglie non in grado di farsene carico. Inoltre, al compimento dei 18 anni di età, le giovani possono decidere se rimanere a La Alianza (in questo caso il centro le aiuterà a trovare un lavoro che le permetta un reddito in grado di renderle indipendenti) oppure lasciare la struttura e provare a camminare con le proprie gambe. A La Alianza, che si trova nella capitale, Città del Guatemala, non solo si cerca di restituire dignità e diritti a giovani che hanno trascorso un’infanzia traumatica, ma anche di metterle in contatto con avvocati in grado di tutelare i loro diritti e far condannare gli sfruttatori. Purtroppo, la maggior parte dei casi di violenza nemmeno arrivano ai tribunali, sia perché le ragazze sono in balìa dei loro aggressori sia per una sorta di normalizzazione della violenza sessuale e della tratta di giovani e giovanissime, come se rappresentassero un dato di fatto tipico del paese centroamericano e quindi difficile  da sradicare. Nell’opinione comune, se una giovane è stata violentata significa che avrà fatto qualcosa per meritarsi questo, come accade anche in Messico ogni volta che emerge un nuovo caso di femminicidio. Sono rari i casi in cui i violentatori o i padroni delle giovani vanno in carcere, al pari dei genitori che organizzano matrimoni combinati in cui le ragazze si trasformano in schiave del marito. Secondo il Sistema Nacional de Salud, in Guatemala si registrano almeno 18 parti al giorni di giovani di età inferiore a 14 anni. L’Observatorio de Salud Sexual y Reproductiva segnala invece che, una volta venuta alla luce del sole, la gravidanza deve essere portata a termine dalla ragazza, pena il disonore per la famiglia o l’intera comunità. Non sono rari nemmeno i casi di prostituzione infantile. Al quotidiano spagnolo El País Carolina Escobar Sarti racconta di genitori disposti a vendere le proprie figlie al miglior offerente per pochi quetzales, che saranno utilizzati per poter mandare avanti le famiglie. Anche una volta che sono giunte a La Alianza, le giovani continuano ad essere chiamate dai genitori che le rimproverano di aver abbandonato la famiglia e costretto alla fame i loro fratelli e sorelle. Escobar Sarti parla di giovani di dodici anni costrette a soddisfare fino a 25 clienti al giorno per poter comprare la colazione. Oltre il 60% delle bambine coinvolte nella tratta delle persone e spesso in stato di gravidanza sono di origine maya e discriminate quattro volte, denuncia la Procuradoría de Derechos Humanos, in quanto bambine, minori di età, indigene e povere.  Di fronte a tutto ciò, e in considerazione del fatto che i matrimoni forzati rappresentano una tradizione ancora assai radicata nel paese, nel 2015 il Congresso ha innalzato da 14 a 18 anni l’età minima per sposarsi, ma la giustizia può comunque autorizzare le nozze tra minori se hanno compiuto 16 anni. Dai matrimoni infantili, inoltre, derivano una serie di conseguenze funeste, dalla gravidanza delle giovani ad una mancata assistenza sanitaria adeguata, passando per maltrattamenti di ogni genere.

Il Guatemala è il paese centroamericano dove è più alta la tratta dei minori (soprattutto delle bambine), seguito da Honduras ed El Salvador e, più in generale, una ragazzina su tre nei paesi in via di sviluppo è costretta a contrarre il matrimonio prima dei 18 anni di età. Unica luce in fondo al tunnel la diminuzione dei paesi latinoamericani che permettono o tollerano ancora questi fenomeni, ma si tratta di una magra consolazione in un contesto sociale caratterizzato da degrado e violenza.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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