Le bugie sul Venezuela e sulla rivoluzione bolivariana

Il paese è in una situazione oggettivamente difficile ed è spaccato a metà, ma su Caracas aleggiano i piani destabilizzanti del Pentagono e le trame del segretario Osa Luis Almagro. Per certi aspetti sembra di rivivere la situazione pre golpe del Cile nel 1973.

di David Lifodi (*)

Quando la Confindustria venezuelana, con il sostegno degli Stati uniti e dell’allora premier spagnolo José Aznar, cercò la spallata per far cadere Hugo Chávez, nell’aprile 2002, il quotidiano il manifesto titolò: “Sembra Caracas, invece è quel Cile”. Adesso la situazione è più o meno simile, con l’aggravante che il Venezuela non è esposto solo agli attacchi del Pentagono e a quelli del segretario dell’Organizzazione degli stati americani (Osa) Luis Almagro, ma è anche sottoposto al fuoco incrociato della stampa mainstream. Non passa giorno senza che sui giornali, a partire dai nostri Repubblica e Corriere della Sera, non ci sia almeno un articolo in cui si fa il funerale alla rivoluzione bolivariana e a Maduro, dipinto come un dittatore.

Certo, la crisi venezuelana avrebbe potuto essere gestita in maniera migliore. Lo stesso James Petras, analista politico radicale non certo nemico del chavismo, ha sostenuto che Maduro in più di una circostanza avrebbe dovuto essere maggiormente chiaro e che la decisione del Tribunale Supremo di Giustizia di sospendere le funzioni del Parlamento (poi revocata pochi giorni dopo), non fa altro che dare corda ad una destra che da tempo, per non dire da anni, si è posta aldilà dell’ordine democratico e, con una buona dose di faccia tosta, accusa Maduro di essere illiberale. Contemporaneamente, Maduro denuncia che in Venezuela è in atto un vero e proprio sabotaggio economico volto a creare le condizioni per una sorta di rivoluzione arancione sul modello dei paesi dell’Europa dell’est, ma non riesce a togliere alle forze di destra il controllo di buona parte dell’opinione pubblica del paese.

Tuttavia, questa fase di golpe strisciante che sta attraversando il paese ha un’origine ben definita. Il 25 febbraio 2015, un documento significativamente intitolato “Venezuela Freedom 2”, firmato dall’ammiraglio Usa Kurt Tidd, a capo del Comando Sur, e mai smentito dal Pentagono, indica in 12 punti come far cadere il Venezuela bolivariano e coinvolge direttamente il segretario Osa Luis Almagro, che proprio in qualità della funzione che ricopre, solo per fare qualche esempio, non ha mai proferito parola sugli omicidi ai danni di attivisti e militanti sociali in Colombia o Honduras, ma ha a cuore solo la liberazione dal carcere di Leopoldo López, quel “sincero democratico” che ha diretto le guarimbas responsabili di aver provocato 43 morti nel paese e riprese in questo ultimo mese. Come sottolinea il politologo argentino Atilio Borón, se López, leader del partito di ispirazione fascista Voluntad Popular, avesse compiuto negli Stati uniti ciò che ha fatto in Venezuela, invece che a 13 anni di carcere sarebbe stato condannato all’ergastolo. Tra i pochi ad esprimere solidarietà al Venezuela e a Maduro il presidente boliviano Evo Morales, che ha dichiarato: “L’Almagro dell’invasione spagnola è resuscitato per assumere i panni dell’Almagro favorevole all’intervento nordamericano”. Morales, in questo caso, si riferiva a Diego de Almagro, uomo di fiducia di Francisco Pizarro all’epoca dei conquistadores. Entrambi progettarono l’omicidio di Atahualpa per spartirsi le ricchezze degli incas.

La decisione del Tribunale Supremo di Giustizia di assumere le funzioni del Parlamento, per quanto sia durata lo spazio di pochi giorni, ha ricevuto una valanga di critiche, ma nessuno ha ricordato, come ha scritto Gennaro Carotenuto, che è stato “il legislativo, controllato dall’opposizione dal dicembre 2015, ad avere, autoparalizzandosi fin dall’inizio, prodotto una situazione insolita e intollerabile in un sistema democratico: quella di un potere avente come unico obiettivo l’abbattimento di un altro, perseguendo il tanto peggio per il paese”. È stato il caso di tre deputati dello stato di Amazonas, che tra le altre cose avrebbero effettuato una compravendita di voti e sono stati eletti con frode ,a spingere Maduro a chiedere di ripetere l’elezione per questi tre politici contro il parere del Parlamento. In questo contesto, l’Assemblea legislativa ha dichiarato di entrare in stato di agitazione paralizzando il Parlamento e proclamando, niente di più falso, che Maduro aveva abbandonato il suo incarico, nel tentativo di far svolgere, nel giro di un mese, nuove elezioni presidenziali. Al tempo stesso, il rifiuto dell’Assemblea di mettere in pratica un articolo della Ley de Hidrocarburos, che prevede la ratifica degli impegni internazionali con gruppi di investimento stranieri da parte di un Parlamento autodichiaratosi nella situazione giuridica di desacato (ribellione), ha rappresentato un altro motivo che ha spinto il Tribunale Supremo di Giustizia a prendersi carico delle attività parlamentari. In un momento in cui il paese affronta una fortissima crisi economica, dovuta essenzialmente al crollo del prezzo del greggio e ad una inflazione galoppante, la ratifica di questi contratti avrebbe rappresentato una boccata d’ossigeno significativa per il Venezuela.

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Contemporaneamente, in sede Osa, Almagro ha compiuto un colpo di mano di cui nessuno ha parlato. Ignorando il parere contrario di Bolivia e Haiti, a cui spetta la presidenza pro-tempore e la vicepresidenza del Consiglio permanente dell’Osa, l’uomo al servizio del Pentagono e delle destre più reazionarie del continente latinoamericano (l’ex presidente uruguayano Mujica, senza mezzi termini, lo ha accusato di essersi venduto), ha fatto approvare una mozione in cui si evidenzia che “in Venezuela è in atto una grave alterazione costituzionale dell’ordine democratico”, per la gioia di Brasile, Paraguay e Argentina, i paesi che hanno fatto fuori il Venezuela dal Mercosur grazie alle presidenze dei destrissimi Temer, Macri e Cartes. Tutto ciò che ha fatto il Tribunale supremo di Giustizia, con la sua contestata decisione del 29 marzo, è stato il tentativo di evitare una paralisi legislativa del Venezuela. Paradossalmente, il tentativo di Almagro di dipingere il paese come uno stato fallito, non fa altro che avallare la teoria di un Venezuela la cui agenda politica è nelle mani di una potenza straniera, gli Stati uniti, e delle principali corporazioni che Washington intende tutelare.

Almagro, l’Osa, la Casa bianca, ma anche i quotidiani progressisti di mezzo mondo hanno approfittato della decisione del Tribunale Supremo di Giustizia e di altri passaggi ambigui di Maduro, a partire dalla sua revoca del referendum revocatorio, per attaccare una volta di più il chavismo e un presidente democraticamente eletto. Uscire da questa spirale, per il Venezuela bolivariano, non sarà facile.

(*) tratto da Peacelink – 12 aprile 2017

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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