Le lacrime e la rinuncia

di Monica Lanfranco

Certo che ci vuole poco a migliorare la situazione sul piano simbolico e su quello concreto rispetto al precedente governo: si è già detto che, almeno, gli uomini e sopratutto le donne sono altro.

Certo che prima di fidarsi e di rilassarsi ci vuole non solo tempo, ma servono prove e pratiche che si distinguano dal recente e rovinoso passato.

Certo che tutto il disgusto, la rabbia, perché no il rancore verso il Palazzo e chi lo incarna non svaniscono al mero cambio della guardia.

Però è possibile con occhi ben aperti guardare a quello che sta accadendo: non risulta che prima d’ora un presidente del consiglio abbia dichiarato che non prenderà soldi per il suo incarico, e non risulta che un ministro prima d’ora abbia pianto annunciando misure terribili per risollevare l’economia.

Per ora a commuoversi non è un ministro, ma una ministra.

Ovvio, femmina, il pianto le si addice. Lo stress, la stanchezza, il senso immenso di responsabilità la schiacciano.

E mentre in un uomo sono tutte prove che ne fortificano l’ego per una donna sono troppo, e quindi ecco lo schianto in pubblico. Debolezza, tipico.

Le lacrime sono il sintomo della scarsa autorevolezza, perché l’autorità non piange: l’autorità genera lacrime sui sottoposti attraverso il potere che esercita, non si commuove.

Ma se invece provassimo a leggere queste lacrime come un segno di forza, una forza che è il frutto della consapevolezza della difficoltà del momento, il frutto dell’emozione da condividere da parte di una persona che incarna in quel momento il potere datole, che così esprime, con il corpo che duole, la fatica di decidere e la evidenzia in modo da rendere vere e autentiche le sue motivazioni? Lo avrebbe fatto un uomo, nelle condizioni della ministra? Avrebbe un ministro interrotto una riunione monosessuata, esprimendo disappunto per quella “normale” aporia che in molte e molti abbiamo vissuto in continuazione, non al ministero ma nei luoghi “misti” (a sinistra, specifichiamo) che abbiamo frequentato?

Certo si può fare ironia, anche malevola, per le lacrime della ministra: il potere che piange resta potente e la commozione non basta per guadagnarsi fiducia.

Però se il potere fosse usato come verbo ausiliario (questo insegna da decenni Lidia Menapace) allora sarebbe solo uno strumento per rafforzare l’azione importante: cambiare, riparare, costruire, condividere.

E’ per questo che, di fronte alle macerie generate dal ventennio berlusconiano, del quale purtroppo non solo la destra è responsabile e che non è possibile addurre a colpa solo ad un piccolo e ripugnante omuncolo e alla sua corte di uomini e donne consenzienti, le lacrime della ministra mi colpiscono e mi paiono un segno di cambiamento.

Certo, non bastano, perché nulla può bastare, se ragioniamo in termini di immediato risarcimento.

Ma intanto queste lacrime, e la dichiarazione economica del presidente del consiglio, dicono che almeno al governo ci sono esseri umani.

 

Redazione
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6 commenti

  • Forse invecchiando divento più cinico ma vedendo quelle lacrime (di una donna al potere) ho pensato a una messa in scena. Siamo nella società dello spettacolo, no?
    In ogni caso la commozione – anche sincera – di donne (le poche al potere e le molte escluse) è spesso servita a nascondere i misfatti del potere. Di quelle lacrime sappiamo cosa hanno fatto le Chiese organizzate (tutte o quasi). Di quel dolore sono figlie anche le benefattrici che sfamavano i poveri: alcune di loro erano le mogli dei padroni che sfruttavano, derubavano, impoverivano, perseguitavano e a volte uccidevano chiunque non accettasse di essere loro schiavo.
    (db)

  • si certo è un punto di vista, segnalo questo di Barbara Spinelli su Repubblica che mi pare valga la pena, sempre soffermandoci sul senso delle lacrime anche e soprattutto nella nostra società (incolta) dell’ immagine
    http://www.repubblica.it/politica/2011/12/06/news/le_lacrime_e_le_parole-26154641/?ref=HREA-1

  • ???? !!!! ???? Bilderberg Bank,panfilo Britannia 1992,piano di rinascita nazionale di Licio Gelli…. Propongo prima di natale un “no bank no cry”… che paghino i poveri,senno’ ci pensa superciuk… Come scriveva Luis Sepulveda nella lettera a babbo natale 2010 “…che brucino le banche le borse le finanziarie e l’equitalia perchè mille piccoli fuochi ci donino fiunalmente una notte di Pace”. Mi sa che ho sbagliato blog. Che le Vita ci sia leggera. Marco Pacifici. (un grande Fraterno abbraccio Daniele B.)

  • In passato, non sono stato (genere: maschile) d’accordo con alcuni contributi di Monica Lanfranco. Trovo questo misuratissimo, sfaccettato, ricco. Non entro in merito sulle misure del governo: ma ogni tanto questo bisogna riuscire a fare: aggiungere, come faceva Kant dopo una definizione troppo …definitiva, un “nondimeno”. Nondimeno, c’è questo comportamento, bene mostrato da Lanfranco. Grazie

  • Mi chiamo ContrarioBastian. In passato, sono stato spesso d’accordo con alcuni contributi di Monica Lanfranco. Questa volta invece, leggo una bellissima riflessione che però non ritengo centrale. Mi sembra ingenuo soffermarsi sull’umana capacità di commozione che ci pare aliena dopo anni di grezzure e brutalità.
    Dall’articolo segnalato su repubblica credo sia sembra esagerato scomodare l’esprit de finesse, l’umanità, e poi? la bontà d’animo?? Per quanto possa essere toccata,non cambia una virgola il piano politico di questo governo tecnico..o il piano tecnico di questo governo politico…
    non credo sia utile dedicare articoli alla forma -anche se sincera,umana,comprensibile-con tutte le riserve del caso- quando i contenuti hanno un peso insostenibile. Inoltre nell’era delle statuette che volano e rilasciano sangue finto, non mi stupirei di fronte a 2 goccine negli occhi quando c’è in gioco la fiducia popolare piu che quella parlamentare…
    Segnalo sempre da repubblica un provocatorio oddifreddi..
    http://odifreddi.blogautore.repubblica.it/2011/12/05/lacrime-da-coccodrillo/

  • Sono assolutamente d’accordo con Monica. E’ incomprensibile la scelta, assolutamente pregiudiziale (infatti le opinioni si erano già formate con stolida convinzione monolitica prima ancora che questo governo dicesse una sola parola) di marchiare, con disprezzo, questo come il governo dei banchieri e dei baciapile. Qualsiasi cosa facciano. Se una persona si commuove, è una messa in scena. Come se non avessero anche dimostrato, Monti in testa, di sapere mostrare indipendenza e serenità di giudizio in più di un’occasione in passato. Come se venissimo da 18 anni di rose e fiori, di buon governo, di politici integerrimi, senza conflitti di interesse, di gestione corretta del potere, di trasparenza, di rispetto per il prossimo, di dialettica civile. Certi commenti che si leggono in giro sono a dire poco lunari. E rivelano non tanto il cinismo, quanto il pregiudizio e una triste realtà: c’è davvero gente che non ha messo a fuoco la gravità della situazione.

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