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La Bottega del Barbieri

Le luci sono del popolo/3

Accesso all’energia e povertà energetica (*)

di Jonatan Nuñez, Felipe Gutiérrez RíosObservatorio Petrolero Sur

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Contro il dominio del “pensiero unico” neoliberista

La formazione della Federación de Trabajadores de la Energía de la República Argentina (FeTERA) era strettamente correlata ai cambiamenti economici, politici e sociali critici provocati dal boom neoliberista della fine degli anni ’80 e dell’inizio degli anni ’90.

Creata in forma organica e statutaria nel 1995, l’obiettivo di FeTERA era di riunire tutti i sindacati e le organizzazioni indipendenti dei lavoratori dell’energia che si opponevano allo stato di cose imperanti, caratterizzato dal dominio del capitalismo globale che distrugge diritti e posti di lavoro, e sfrutta in eccesso le risorse naturali non rinnovabili (FeTERA, s.d.).
La Federazione fu particolarmente partecipata da quei settori insoddisfatti delle decisioni dello storico sindacato dei lavoratori dell’elettricità, Luz y Fuerza, oltre che da lavoratori statali, lavoratori del carbone, dell’energia nucleare e contingenti di lavoratori licenziati nel processo di privatizzazione della compagnia Yacimientos Petrolíferos Fiscales (YPF).
La FeTERA esprimeva un cambiamento epocale per la classe operaia argentina e si collocava all’interno della Central de Trabajadores de la Argentina (CTA), nata nel 1991 come risultato dello scontro di settori, sempre più in crescita, con i vertici dei principali sindacati della Confederación General del Trabajo (CGT), accusati di avere un atteggiamento di complicità con la privatizzazione delle imprese pubbliche e di acquiescenza rispetto la perdita dei diritti del lavoro (Gutiérrez Ríos, 2017).

Secondo Gabriel Martínez – ex segretario generale di Luz y Fuerza di Mar del Plata, ed ex segretario organizzativo di FeTERA – la situazione all’inizio degli anni ’90 non solo rifletteva un processo di disintegrazione della partecipazione dello Stato alla vita sociale dovuta all’alienazione delle imprese fornitrici di servizi, ma rivelava piuttosto l’emergere di una “indigenza statisticamente strutturale”. Questa generale precarietà della vita, frutto di una perdita generalizzata di diritti, ebbe ripercussioni sulla possibilità di accedere al consumo minimo di servizi di base indispensabili per un tenore di vita dignitoso.

Per quanto riguarda strettamente il servizio elettrico Martínez racconta che, dopo le privatizzazioni nella città di Mar del Plata, le imprese privatizzate cercarono di rimuovere i contatori elettrici degli utenti morosi che, in diverse occasioni, resistettero attivamente a questa operazione, a volte con violenza. A questo complesso panorama, che metteva a rischio l’integrità fisica dei lavoratori dell’elettricità, si sommava il crescente malessere politico regnante tra di loro.

Di conseguenza, la rimozione dei contatori richiesta dalle aziende si concretizzò raramente, nonostante i tentativi dei consigli di amministrazione di coinvolgere la polizia e la magistratura, ricorrendo alla figura della “frode elettrica”.

Come già osservato, uno degli elementi evidenziati dalle organizzazioni dei lavoratori insoddisfatti della direzione presa dalla politica economica del governo peronista riguardava il disagio e il rifiuto dell’atteggiamento adottato dai sindacati più importanti.

Secondo Martínez, “le privatizzazioni trovarono il sostegno dei sindacati nella maggior parte dei casi diventando per alcuni aspetti, in molti aspetti, partner delle privatizzazioni all’interno delle quali partecipavano come amministratori, membri dei consigli di amministrazione delle società privatizzate“.
Tuttavia, di fronte a questa situazione, spicca la posizione della sezione di Mar del Plata del sindacato Luz y Fuerza, che affrontò il processo di privatizzazione e flessibilizzazione del lavoro in tutti i suoi aspetti, almeno fino al 1997, quando una parte dei suoi membri decise di formare un’altra organizzazione con posizioni in linea con le idee neoliberiste dominanti.

Con l’avvento degli anni ’90, è diventato sempre più chiaro che le politiche di privatizzazione stavano influenzando la vita della grande maggioranza della popolazione. Nel caso dei servizi pubblici, c’era una circostanza che stava diventando pressante: l’impossibilità di pagare qualsiasi tipo di tariffa per le sacche sempre più dense di popolazione disoccupata.

Secondo Martínez, “le famiglie disoccupate abbondavano ovunque, i tassi di disoccupazione erano altissimi. La mancanza di reddito di questi settori era totale perché, a differenza dell’esistenza di vari tipi di sussidi come quelli che esistono oggi, negli anni ’90 non esistevano o erano in fase di invenzione“.

Nonostante le condizioni minime per una vita dignitosa fossero sempre più precarie, non bisogna sottovalutare la capacità di resistenza dei settori popolari, come si può vedere ricordando le strategie che utilizzavano quando le imprese riuscivano a interrompere la fornitura di elettricità. Secondo quanto afferma il leader di Luz y Fuerza Mar del Plata, di fronte a una situazione del genere, “l’utente prendeva una scala e continuava a consumare, questo succedeva a molti: collegarsi all’elettricità alla fine degli anni ’90 e all’inizio degli anni 2000 era uno scenario molto comune in gran parte della provincia di Buenos Aires, non solo a Mar del Plata o sulla costa, ma in tutta il Gran Buenos Aires“.

Nonostante questo scenario di opposizione dal basso alla pauperizzazione della vita, i lavoratori riuniti in FeTERA sentivano la necessità di andare oltre e di far riconoscere come un diritto l’accesso a un certo livello minimo di consumo energetico.

Un primo passo in questa direzione fu quello di cercare di rompere l’inerzia prodotta dalla serie di sconfitte subite.
Martínez commenta: “Dovevamo creare alternative di resistenza, inventare la resistenza e convincere gli altri che era possibile. Per farlo dovevamo convincerci a vicenda, ed è stato un lavoro molto duro. Nel sindacato Luz y Fuerza avevamo un manifesto che diceva ‘si può fare’, e c’erano molti compagni che non capivano cosa si potesse fare“.
Uno degli assi di questa proiezione in avanti consisteva nel generare consenso sul fatto che la via da seguire, per coloro che erano usciti dal sistema, non era quella di rubare energia con metodi più o meno ingegnosi, ma di garantire legalmente l’approvvigionamento energetico.
All’epoca, già a cavallo del 2000, si cominciò a discutere concretamente della possibilità di proporre una tariffa sociale per l’elettricità.

Partendo dal presupposto che la protesta è il primo passo della resistenza, Luz y Fuerza Mar del Plata è stato il primo attore sociale a denunciare l’Empresa Distribuidora de Energía Atlántica (EDEA), incaricata della fornitura di elettricità alla principale località balneare e ad altre situate sulla costa.

Dopo una serie di azioni che hanno incluso mobilitazioni di lavoratori occupati e disoccupati, grandi blocchi stradali e la “presa simbolica” degli uffici dell’azienda, l’amministrazione comunale iniziò a prestare maggiore attenzione alle richieste di quanti danneggiati dalla difficoltà di accesso all’energia, iniziando ad affrontare la questione anche con le autorità provinciali.
Una tappa importante di questo percorso fu l’incontro con le autorità dell’EDEA nel dicembre 1999, grazie all’impegno di José Rigane, allora segretario generale di Luz y Fuerza e FeTERA.
All’incontro parteciparono anche diversi rappresentanti della CTA, dei movimenti di quartiere e universitari e delle piccole e medie imprese.

Le rivendicazioni riguardavano alcune questioni fondamentali: la necessità di concedere i riallacci agli utenti che avevano perso l’accesso legale al servizio, il rifinanziamento dei debiti con l’azienda e la cancellazione delle bollette impagabili che andavano da $100 ai $200 (all’epoca equivalenti a dollari americani).

Davanti a una commissione composta dai diversi settori coinvolti, l’azienda si impegnò a chiedere allo Stato provinciale di intervenire per risolvere le richieste. A differenza di quanto era accaduto fino ad allora, il governatore di Buenos Aires, Carlos Ruckauf, e i funzionari locali promisero di studiare come sviluppare una tariffa sociale per Mar del Plata e di stabilire una riduzione generale dei costi dell’elettricità.

Ci fu una mobilitazione incessante dei settori coinvolti nella rivendicazione in diverse parti della provincia di Buenos Aires, tanto che a questo primo successo seguì la Risoluzione 17 del Ministero dei Lavori Pubblici e dei Servizi nel gennaio 2000.

Tale risoluzione permetteva alle società di distribuzione dell’energia di “concedere agli utenti residenziali con scarse risorse, esistenti o future delle tariffe inferiori a quelle regolamentate in ciascun periodo“. La disposizione derivava dal testo del Quadro normativo che proponeva che tutti gli esseri umani avessero accesso ai servizi elettrici. Con il colpo ad effetto della Risoluzione 17, si ripristinava sulla scena legislativa la convinzione che l’energia doveva essere considerata un bene sociale e l’accesso all’energia come un diritto da cui nessun utente deve essere escluso per motivi economici.

Un altro episodio con lo stesso orientamento si materializzò nel giugno dello stesso anno con il decreto provinciale 1.522, che proponeva una riduzione fino al 40% delle tariffe e delle imposte associate nel caso di utenze incluse nella Tariffa di Interesse Sociale, rivolta ai settori a basso reddito.

Per avere diritto a questo sussidio, l’utente doveva trovarsi in condizioni di “povertà dimostrabile”, un eufemismo riservato a lavoratori disoccupati, pensionati, pensionandi, ecc. Stabiliva inoltre che l’EDEA e altre 180 cooperative sparse in tutta la provincia dovevano conformarsi al nuovo decreto, di cui FeTERA si assumeva la responsabilità speciale di controllarne l’osservanza.

L’intero processo culminò nel maggio 2001 con la promulgazione della legge provinciale bonaerense n. 12.698, Legge sulla Concessione di Tariffe Elettriche di Interesse Sociale (TEIS) per i distributori di energia elettrica.

Nel suo primo articolo la legge definiva il suo ambito di applicazione affermando che “i distributori di energia elettrica della Provincia di Buenos Aires potranno concedere ai loro utenti residenziali, esistenti o futuri, classificati nella tariffa residenziale T.I.R. e incapaci di accedere o mantenere il servizio elettrico minimo, tariffe inferiori del 40% rispetto a quelle regolamentate in ogni periodo fino a 150 kWh al mese, che saranno denominate Tarifa Eléctrica de Interés Social (TEIS)” (tariffa elettrica di interesse sociale).

Anche se può essere considerato come un trionfo minimo – dice Martínez – l’approvazione della legge ha rappresentato un passo in avanti verso altre conquiste sociali legate alla possibilità per i cittadini di accedere ai servizi di base.

Sebbene l’obiettivo finale di recuperare la gestione pubblica delle aziende privatizzate non sia stato raggiunto, quella lotta ha contribuito a creare un senso comune che nemmeno i governi di destra come quello di Mauricio Macri (2015-2019) sono riusciti a calpestare.
Pertanto, anche durante quel periodo di regressione per i settori popolari, le tariffe sociali per il gas naturale, l’acqua corrente e i trasporti pubblici sono state mantenute e persino estese.
Infine, afferma lo storico rappresentante di FeTERA Mar del Plata, il bilancio dell’esperienza della lotta per l’accesso all’elettricità a Buenos Aires è stato positivo anche in termini di generazione di precedenti internazionali, come dimostra il fatto che l’iniziativa è stata studiata e applicata in Paesi come Spagna, Messico e Uruguay.

(3. Continua)

Traduzione di Marina Zenobio per Ecor.Network.


Las luces son del pueblo. Energía, acceso y pobreza energética
Jonatan Nuñez, Felipe Gutiérrez Ríos
Observatorio Petrolero Sur, 2022 – 50 pp.


Riferimenti:

– Gutiérrez Ríos, Felipe, FeTERA: la energía un derecho que construye soberanía, Buenos Aires, OPSur, 2017.


alexik

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