Le recensioni di Valerio Calzolaio alla fine del 2023
Valerio Calzolaio recensisce Tiziano Scarpa, Enrico Bettinello, Clara Zanardi, Alessandro Marzo Magno, Giuanfranco Bettin, Gianni Montieri, Ginevra Lamberti, Diletta Sereni, Eleonora Vio, Vera Mantengoli, Anna Toscano, Chiara Valerio, Marco Baravalle, Andrea Molesini, Giménez Bartlett, Malvaldi, Manzini, Piazzese, Recami, Robecchi, Savatteri, Tanzini, Maurizio de Giovanni, Harald Gilbers, Bruno Morchio, Fulvio Capezzuoli, Carlo Piano, Peter May, Arianna Destito Maffeo
Bonnie Parker. Un destino chiamato Clyde – Arianna Destito Maffeo
Morellini Milano – 2023
Pag. 239 euro 20
Fra Texas e Louisiana, soprattutto. Dicembre 1927 – maggio 1934. L’irrequieta allegra minuta carina Elizabeth Bonnie Parker era nata il primo ottobre 1910. Pur continuando a vivere poveramente tra campi e sobborghi di Cement City accanto a mamma e nonna, fratello e sorella, si era già sposata con Roy Thornton il 25 settembre 1926, nemmeno 16enne, lui quasi sempre fuori per lavoro. A fine 1927, quando comincia a non avere più notizie del marito, cerca lavoro e col nuovo anno diventa cameriera a chiamata, da febbraio 1928 abbastanza stabile e apprezzata al Marco’s Cafè. Dopo la caduta di Wall Street, a gennaio 1930 si trova disoccupata e accetta di aiutare la ragazza del fratello che si è rotta un braccio e ha bisogno di averla a casa, dove vive col proprio di fratello, a West Dallas. Lì conosce quasi subito un loro amico, il quasi 21enne Clyde Barrow, curato ed elegante, capelli corti con ciuffo in ordine, occhi azzurri vivaci e penetranti, capace di preparare bene ottima cioccolata calda. Ed è improvvisa travolgente passione per entrambi! Clyde suona un poco sassofono e armonica a bocca, dopo qualche settimana Bonnie lo presenta alla madre Emma, che li farebbe pure dormire insieme, ma arriva la polizia e lo ammanettano: era ricercato in una dozzina di cittadine per rapine a piccoli negozi e pompe di rifornimento. Si scrivono lettere d’amore, lei lo va a trovare spesso, riesce a portargli una pistola alla prigione di Waco, lui fugge. In qualche modo continuano a frequentarsi, finché Bonnie non scappa con Clyde, pur tornando spesso da amici e parenti, e diventando famosi, la celebra leggendaria “coppia” di giovanotti ricercati statunitensi, attivi negli Stati Uniti centro meridionali, commettendo lui diverse rapine e omicidi talora assieme ad altri membri della Barrow Gang, lei complice, decisa a non abbandonarlo mai. Traditi, furono uccisi, da taluni osannati al funerale e in seguito, mai scordati.
La brava fisioterapista, ottima intraprendente operatrice culturale e sensibile scrittrice Arianna Destito Maffeo (Genova) riesce nella non facile impresa di farci conoscere meglio un peculiare personaggio storico, mal descritta nei giornali dell’epoca e solo parzialmente compresa anche in tanti film e romanzi. La narrazione è in prima persona al presente, una venticinquina di capitoli con la protagonista (precisamente cronologici dopo il prologo, con pagine di diario), una decina (spesso più brevi) retrospettivamente con la mamma dopo la notizia della morte. Il titolo contraddistingue una sorta di (auto) biografia noir molto ben romanzata (opportunamente non c’è mai un controcanto ufficiale in terza, i poliziotti sono comparse e vittime); il sottotitolo sottolinea la crucialità della relazione a due, pur se il “destino segnato” riguarda anche altro, sempre con il punto di vista di due donne acute (il legame affettivo e la deriva delittuosa). Emma riflette sulla figlia “destinata a morire” che getta via tutta sé stessa “come se non fosse più padrona del proprio destino”; Bonnie si domanda di continuo come si sia venuta a trovare in quelle disperate situazioni non perché sia pentita, piuttosto rispetto a “come facciano gli eventi a trasformarsi e mutare così velocemente, a sedurti per poi legarti senza scampo a una vita fatta di fughe, paure e incertezze”; concludendo che non era “il mio destino quello di esistere e basta, come un manichino in posa, come quelli che usava mia madre quando cuciva”. Forse. L’autrice si è molto documentata, senza ideologismi e manierismi spiega l’origine della leggenda (poco rispondente alla dimensione della giovanissima immatura criminale, ossessionata dal tornare a casa), delle fake news e delle foto (decontestualizzate) apparse sui giornali. Accurata la descrizione degli ecosistemi e del periodo storico, con il toccante esempio della Dust bowl del settembre 1933. Quando Bonnie s’arrabbia in auto giustamente furiosa con Clyde, alla radio trasmettono Put That Sun Back In The Sky delle Boswell Sisters. Per il resto molto jazz accanto alle sue canzoni e poesie (una incisa sulla lapide).
Il rumore del ghiaccio – Peter May
Noir Speculative fiction
Traduzione di Alfredo Colitto
Einaudi Torino
2023 (orig. A Winter Grave, 2023)
Pag. 309 euro 18
Valerio Calzolaio
Scozia, Kinlochleven e Glasgow. Novembre 2051. In gaelico loch è lago, kin è testa. Da oltre sei anni la minuta giovane meteorologa Adele Addie Brodie, lunghi capelli castani e maliziosi occhi dolenti, vive in quel piccolo insediamento a un capo del Loch Leven, bacino glaciale sotto le alte montagne scozzesi Mamores; in mezzo alle tempeste di gelo gestisce varie piccole stazioni meteorologiche; si è sposata con il 30enne agente di polizia Robert Robbie Sinclair; risiedono appartati con il figlio Cameron. I cambiamenti climatici hanno ormai già prodotto il Grande Cambiamento: lì prima i punti dove la neve durava a lungo erano diventati sempre più rari, quasi scomparsi circa trenta anni addietro; ora sono ricomparsi e in aumento anche durante i mesi estivi, la neve alterna scioglimenti e ricongelamenti fino a diventare dura come il ghiaccio e impenetrabile alle temperature estive. Lei soffre di depressione e un giorno scopre addirittura un cadavere maschile a testa in giù e incastonato nel ghiaccio, urla. Non che il padre detective Cameron Cam Iain Brodie (aprile 1996) stia meglio a Glasgow: l’ecosistema metropolitano è parimenti sconvolto dalle acque e a lui è stata appena confermata una diagnosi di malattia terminale (cancro alla prostata, metastasi in espansione). Con la figlia non si sentono da tempo immemorabile: lei è fuggita lontano convinta che fosse lui a tradire la madre Mel morta suicida, mentre era esattamente il contrario. A Brodie propongono di andare a indagare sull’omicidio: prima rifiuta, poi decide d’improvviso di correre un’ultima volta incontro al proprio destino, lascia il bravo collega Tiny e parte per quelle aspre lande quasi spopolate. Affronterà un’intricata catena di uccisioni, la vittima era il giornalista Charles Younger e forse aveva scoperto qualcosa di “scottante” sul governo in carica.
Il nuovo bel romanzo dell’ottimo giornalista e scrittore scozzese Peter May (Glasgow, 1951) è ambientato tra circa trent’anni in mezzo ai ghiacci che potrebbero ricoprire quelle Highlands. La narrazione è quasi fissa su Cameron padre, colmo di ricordi e rimpianti, alternando il tempo al passato in terza persona nel 2051 e il tempo al presente in prima persona nel 2023 o nel 2040, talora in terza adesso su Addie. Si tratta insieme di un noir, un’indagine con molte sorprese e morti oltre a complessi risvolti politici e sociali (d’altra parte, le elezioni sono proprio imminenti), e di speculative fiction (cara a Margaret Atwood), la descrizione plausibile dei futuri effetti dei cambiamenti climatici antropici globali in corso su ecosistemi e migrazioni (sulla base degli scenari scientifici oggi lucidamente disponibili). L’ultima (saggia) trovata degli ecologisti è una replica della testimonianza resa davanti a un comitato del Senato statunitense dal famoso scienziato Carl Sagan nel 1985 (citato anche in esergo): “gli effetti dureranno più di una generazione…”! Tra qualche decennio le tecnologie saranno certo migliori e pervasive, con le macchine si potranno fare molte più cose; nel contempo, è probabile che mancheranno spesso beni essenziali, abiotici come l’elettricità e biotici come il diritto di restare o la libertà di movimento. Brodie ascolta i titoli in tv: “Le Nazioni Unite riferiscono che le guerre sull’immigrazione scoppiate in Nord Africa hanno raggiunto un punto di svolta. Il numero dei migranti sta per schiacciare le difese nazionali…” E Glasgow è sott’acqua. Quando si erano conosciuti Mel aveva detto a Brodie che il proprio nome era stato scelto dalla madre a causa di due delle Spice Girls, proponendo poi di chiamare la loro figlia come la cantante preferita: Adele. Birra, whisky, gin, qualsiasi cosa pur di alleviare un poco e per poco il dolore mentale (lì non c’è e forse non ci sarà il Varnelli).
Il torto. Diciassette gradini verso l’inferno – Carlo Piano
Edizioni e/o Roma – 2023
Pag. 271 euro 18,50
Genova. Dall’ottobre 1997 al maggio 1998. Donato Walter Bilancia (Potenza, 10 luglio 1951 – casa circondariale di Padova, 17 dicembre 2020) è stato un serial killer italiano, 17 omicidi a fine anni Novanta in Liguria e nel basso Piemonte, con conseguente condanna a 13 ergastoli. Il severo fallocrate padre Rocco era impiegato come ragioniere di secondo livello all’Inam; la soggiogata “terrona” madre, Anna Mazzaturo, faceva la casalinga; il fratello Michele era più grande di diciotto mesi. Nel 1954 la famigliasi era spostata ad Asti, i figli soffrivano d’asma; poi il padre venne destinato altrove, nel 1956 definitivamente in Liguria. Fra litigi furiosi e silenzi spaventosi in casa, Walter è taciturno e introverso, soffre di enuresi (pipì a letto), prende schiaffi. Va bene a scuola, ma inizia presto a rubare e a giocare d’azzardo. Lavoricchia. Nel 1987 si suicida il fratello con in braccio il nipote di quattro anni, nel 1990 finisce in coma vittima di un incidente d’auto. La prima volta a 46 anni, nella notte del 16 ottobre 1997, uccide il biscazziere truffatore Giorgio Centenaro, omicidio archiviato come attacco di cuore. Otto giorni dopo il presunto complice del primo, con la moglie, neosposi. Altri tre giorni dopo due coniugi orefici per rapina. E via così. Il 9 marzo 1998 con la pistola fa fuori la prima prostituta, un’albanese con la quale si era appartato. Poi altre tre nello stesso mese, una casualmente sopravvissuta, insieme ad altri lungo la strada e con la stessa arma, lui girando sempre in Mercedes nera: un cambiavalute, due metronotte. Ormai gli hanno fatto l’identikit, cambia modalità d’azione e tipologia di obiettivo e compie altri quattro omicidi ad aprile. Viene arrestato a maggio, confessa tutto e di più, trascorre in isolamento la maggior parte dei decenni da detenuto, muore causa Covid-19. Durante e dopo è stato narrato da molti giornalisti ed esperti, in vario modo. Ora con tragica efficacia.
Il bravo giornalista e scrittore Carlo Piano (Genova, 1965) reinterpreta con stile e sentimento gli atti processuali del processo al feroce assassino Donato Bilancia: le dichiarazioni rese dall’imputato in vari momenti e forme, testimonianze e relazioni, novanta mila pagine di verbali, 65 faldoni di documenti e 80 fascicoli di intercettazione telefoniche. Si era occupato del “mostro” da giovane capocronista in corso d’opera; lo aveva intervistato con un sotterfugio appena catturato; lo aveva reincontrato a Chiavari nel parlatorio prima del processo; si è rivolto alla figlia dell’avvocato difensore d’ufficio per verificare tutte le carte dopo la morte; è tornato sui luoghi dei delitti e ha incontrato chi lo ha conosciuto e chi non avrebbe mai voluto conoscerlo, piangendo con loro. Ha riversato tutto infine, come rito liberatorio, in questo ottimo toccante testo fra true crime e fiction crime dalla parte del raggelante torto (da cui il titolo). Il testo è diviso in tre parti: i primi omicidi nel girone della “vendetta”, gli omicidi delle prostitute nel girone del “cattivo sangue”, l’evoluzione terminale del serial killer nel girone della “matta bestialità”. Un capitolo per ogni delitto (raramente plurimo) e per ognuno dei gradini verso l’inferno (da cui il sottotitolo); in fondo a ogni parte criminale, un capitolo con le impressioni dell’autore rispetto alla “bolgia della memoria”, fino alla cattura e all’epilogo (narrato anche nel prologo). Nessuna concessione alle frasi fatte e alle descrizioni trucide, talora i fatti, i deliri e i ricordi spiegano abbastanza. L’opera si è aggiudicata il Premio dei lettori al Noir in festival 2023, il romanzo più votato sul sito (sezione Scerbanenco), la cui 33° edizione è prevista dall’1 al 7 dicembre a Milano.
La vacanza del commissario Maugeri – Fulvio Capezzuoli
Todaro Lugano – 2023
Pag. 196 euro 16
Val Brembana. Luglio 1947. Il commissario Gianfranco Maugeri parte in treno per due settimane di riposo con la comprensiva mite volitiva moglie Giovanna e il loro figlio Giacomo (dai sei verso i sette anni, fra prima e seconda elementare), lontani da casa e lavoro milanesi, lui trasferito da un anno alla questura centrale. Economicamente non stanno messi benissimo, ma la coppia ha mantenuto buoni rapporti con alcune persone conosciute a Roncobello, paesino dell’Alta Valle Brembana, quando lui si era unito alle formazioni partigiane per due intensi anni. Una cortese vedova ha loro proposto per un prezzo accessibile l’affitto di un’ampia stanza con uso di bagno ben attrezzato e fornita cucina a legna, erano partiti. Solo che la mattina dopo l’arrivo a destinazione si presenta il maresciallo Acampora della stazione dei Carabinieri di Piazza Brembana, turbato da un’indagine che deve riprendere in mano: il cadavere sconosciuto rinvenuto nel giugno 1946, la probabile attribuzione del corpo ad Aurelio Ronzoni (emigrato in Francia nel 1937 e tornato con un po’ di soldi), la chiusura del caso con la faticosa cura della stalla che gestivano e dell’alpeggio (in estate) alla sola moglie Caterina Begnis (più danni che benefici), l’arrivo ora di lettere anonime sul Ronzoni ancora in vita. Qualche giorno dopo viene trovato sul torrente Valsecca (affluente del Brembo) il cadavere affogato di Antonio Salvetti detto il Pinin, vecchio ubriacone che sparlava sempre in giro e che aveva appena incrociato Maugeri al bar, chiamandolo Tovarisc. Arriva subito anche la questura di Bergamo e il commissario metropolitano non riesce a sottrarsi dall’essere coinvolto nell’indagine: difficile raccapezzarsi fra passato e presente, leggende e legami, interessi e sentimenti, misteri e depistaggi, vecchi amici e nuove conoscenze.
Il bravo storico ed esperto critico cinematografico Fulvio Capezzuoli (Milano), dal 2014 scrive ogni anno un’avventura ella serie, ricca di particolari lombardi nei primi anni del dopoguerra, finora dieci storie con il commissario Maugeri dall’estate 1946 all’autunno 1949 (qui un intermezzo nel 1947), volute dalla compianta Tecla Dozio per la collana “Impronte” (gialle), che dirigeva. La narrazione è in terza persona quasi fissa, quieta e sorniona, con molti riferimenti a vicende del passato anche fuori di Milano. L’autore getta ancora una volta lo sguardo documentato su alcuni eventi storici che nelle zone montane si svolsero durante l’occupazione tedesca e italiana: l’armata Vlasov dei cosacchi filonazisti e la strage del cimitero di Poscante. Stile e dialoghi curati ad alto artigianato, compatti essenziali godibili. Vi sono altre morti contemporanee, vari pericoli da correre: non c’è vacanza (da cui il titolo) né riposo per chi cerca verità e giustizia! Tutto si svolge ora in meno di una quindicina di giorni, ma è nel passato che hanno memoria e origine alcuni crimini del nostro dopoguerra, comunque condizionato dall’eredità degli orrori e degli arricchimenti forzati. Come ormai si sa, il protagonista è una bella persona, già famoso comandante partigiano Simone durante la Resistenza, provvisto di fiuto intuitivo e capacità analitiche, sprovvisto di senso dell’umorismo e di attitudine a sparare. Nella piccola osteria ritrova Lupo che organizza una magnifica polenta taragna con il rosso di Valcalepio-Bergamo; il maresciallo porta una bottiglia di grappa distillata a Paladina in un deposito della Guardia di Finanza: altri tempi!
Le ombre della sera. Un’indagine senza capo né coda – Bruno Morchio
Garzanti Milano – 2023
Pag. 201 euro 17,60
Genova. Primavera 2023. Giovanni Battista Bacci Pagano sta consolidando il rapporto con la maestra elementare Giulia Corsini (ormai vivono insieme) e riceve la visita di Katia Airoldi dopo otto anni che non si vedevano. L’ultimo incontro risale al funerale di Cesare Almansi, marito di Katia e amico di Bacci, tutti adolescenti nello stesso austero liceo-ginnasio Cristoforo Colombo di via Bellucci (con ariosa succursale in corso Dogali), decenni prima. Lei ora vuole diventare una cliente dell’investigatore privato e affidargli un incarico: nonostante il tanto tempo trascorso, i viaggi e i figli, non riesce a farsi una ragione dello schianto quel martedì notte dell’auto dell’allora 60enne marito senatore, alle tre del mattino sulla deserta autostrada A11 nel tragitto Roma-Liguria. Riluttante, con contrastanti sentimenti, pur convinto che ci sia poco di nuovo da scoprire, Bacci accetta e chiarisce di non voler essere pagato, sono coinvolte in vario modo tutte care persone e lui stesso si domanda di continuo perché dopo il 1980 (scontata la sua ingiusta pena in carcere, essendosi comunque laureato su Pavese, poi partito per girovagazioni americane e africane fino al 1985) con Cesare non si fossero più cercati, finché nel 2013 durante la campagna elettorale il candidato non gli aveva chiesto assistenza e consulto. Grazie alle proficue chiacchierate con Giulia e con la figlia Aglaja a Parigi (via Skype), tutte le antiche vicende tornano a galla, molto anche attraverso il contatto con le figure cruciali ancora vive, frequentate con la solita Vespa amaranto 200 PX: il creativo docente gay Checco Maso Masini (Cesare si era stufato della politica romana), il “vero” libraio di Camogli e Ventotene (Cesare era divenuto appassionato di letteratura, in particolare era rimasto colpito del Nobel Patrick Modiano, Via delle Botteghe Oscure), il caro commissario in pensione Totò Pertusiello; l’amante di Cesare Lou Suárez, sorella minore della prima compagna (uccisa), molto legata anche a Bacci.
Il nuovo intenso romanzo seriale del grande scrittore Bruno Morchio (Genova, 1954), psicologo pubblico in pensione e ottimo psicoterapeuta, ripercorre varie fasi della biografia privata (come il rapporto con i genitori e gli amati luoghi centrali nell’ecosistema metropolitano) e della carriera investigativa (soprattutto connessa al legame con Cesare, con tutti i relativi nessi nella nota finale per il lettore) del suo famoso e mitico protagonista, un metro e ottantacinque per settantotto chilogrammi di peso (pur ora più lento e pacato), ateo e colto, coerente nello stare dalla parte dei perdenti senza badare troppo all’onorario, narratore fisso in prima persona al presente. Ben lo conosciamo e amiamo, da fratelli diversi: ironico e disilluso; figlio fiero di un operaio tifoso del Genoa; amante della musica di Mozart e della buona enogastronomia. Qui si tratta di un romanzo noir soltanto per quello che c’è stato prima e per la personalità “autocoscienziale” di Bacci, certo non crime: l’alternativa è fra incidente casuale o suicidio meditato, dovrebbe essere proprio impossibile che Cesare sia stato ucciso, l’indagine non può portare da nessuna parte. Anche se, ovviamente, da una parte non mancano rivelazioni e sorprese, dall’altra forte è cresciuto il senso di colpa di quasi tutti quelli e quelle che aveva accanto per non essere riusciti a prevenire la morte. Titolo e sottotitolo appaiono in due dei ventuno capitoli, insieme ai personaggi ritrovati, alle relazioni affettive del passato e del presente, ad alcuni luoghi e progressi. Secondo Modiano “non siamo altro che ombre e tutto quello che possiamo fare per contrastare questa evanescenza è lasciare un segno, una traccia che affidiamo agli altri, alla loro memoria…”. La sera più che al singolo giorno si riferisce alla vecchiaia, possibilmente matura. Vini di gusto fine, scelti per le occasioni giuste o in osterie da appuntare: dolcetto di Ovada e Asti spumante, poi Granaccia di Quiliano, barbera, sauvignon, pure prosecco e bianco francese. Belle memorie musicali fra Guccini e Beethoven.
Morte sotto le macerie. Il commissario Oppenheimer e la banda dei fazzoletti gialli – Harald Gilbers
Traduzione di Angela Ricci
Emons Roma – 2023
Pag. 417 euro 16
Berlino. Febbraio 1949 – marzo 1930. Robert Oppenheimer è un commissario quasi 50enne della polizia criminale della parte ovest e ha una lunga storia alle spalle. Ebreo sopravvissuto solo in quanto marito della cara moglie ariana Lisa, già rimosso dall’incarico investigativo per le sue origini ma poi rimesso sul campo da un gerarca nazista per interesse personale, ora reintegrato in servizio ufficiale e pubblico pur nella dinamica povera e divisa dei primordi della guerra fredda, deve indagare su tre corpi ritrovati casualmente in un’enorme discarica di detriti (una fossa comune in collina), brutalmente uccisi e abbandonati a settimane di distanza. Nella metropoli i quattro settori sono separati (rigidamente quello orientale) e la sopravvivenza ancora dipende dai voli “umanitari” che portano viveri e medicine, mentre l’elettricità è razionata, prevalgono freddo e buio, prosperano le bande criminali. I colleghi sono sulle tracce di una crudele banda di giovani senza scrupoli (riconoscibili grazie a un fazzoletto da taschino giallo), attiva in tutti e tre i settori occidentali, capace di gestire prostituzione, contrabbando e furti con il sostegno di delinquenti di lungo corso e la guida di un ventenne terribile di nome Jo, che si crede Al Capone ed elimina ogni concorrenza. Oppenheimer va a trovare il suo storico informatore nel sottobosco fuorilegge, Ede il Grande, e suggerisce al capo di istituire una commissione speciale fra i dipartimenti omicidi, buoncostume e rapine, ma i misfatti continuano, gli ostacoli oggettivi aumentano, i possibili informatori scompaiono uno dopo l’altro, i rari testimoni vengono intimoriti, minacciati o eliminati, pare si prepari un colpo davvero grosso, piovono soldi e qualcuno dei “suoi” probabilmente fa da talpa. Ci si gioca la vita in tanti.
L’ottimo giornalista scrittore e regista Harald Gilbers (Monaco di Baviera, 1969), solido storico di formazione e ricerca, ormai vive nella Germania del Nord e continua a mietere successi con la splendida premiata serie dell’omonimo, giunta al settimo episodio (l’ottavo nel 2024). Esordì dieci anni fa con Berlino 1944 (in Italia nel 2014) e intende arrivare molto in là, quasi alla caduta del muro, valutando nel frattempo come organizzare la biografia dell’interessante protagonista (nato nel 1900), già con trasposizioni cinematografiche e televisive in corso. Finora, dopo l’esordio, in originale: Odins Söhne (1945), Endzeit (1945), Totenliste (1946), Hungerwinter (1947), Luftbrücke (1948), tutti con gli stessi bravi editore e traduttrice. La narrazione è in terza varia al passato (molto sullo stesso Oppenheimer, sui suoi famigli vari, sulla villa in cui è graziosamente ospitato e sugli altri inevitabili conviventi). Come nelle avventure precedenti, la cornice storica è ricostruita con grande accuratezza. Sia l’attività delle bande criminali (almeno quarantaquattro nel Dopoguerra) che gli esordi della fiorente industria cinematografica in mezzo all’archeologia industriale sono ispirate a fatti veri, in fondo si trova una bibliografia di almeno una decina di testi consultati con competenza. Berlino era ridotta a un cumulo di macerie (da cui il titolo) in cui si aggiravano comportamenti noir fra individui disperati alla ricerca di qualunque cosa li aiutasse a sopravvivere, contando sulla eventuale benevolenza degli invasori, i vincitori della guerra. Non c’è mai “occhio pornografico” o morboso compiacimento nelle descrizioni e nei dialoghi, la violenza appare fuori scena, se ne vedono solo i drammatici effetti. Acquavite e whisky appena possibile, raro champagne e ovviamente molta birra. Richard (non Robert) ha fortunosamente mantenuto una bella antica collezione di dischi, questa volta sceglie Haydn e Dvořák.
Soledad. Un dicembre del commissario Ricciardi – Maurizio de Giovanni
Einaudi Torino – 2023
Pag. 281 euro 18,50
Sempre Napoli e, ogni tanto, ancora Buenos Aires, significativamente. Dicembre 1939. L’abitudinario commissario Luigi Alfredo Ricciardi di Malomonte occhi verdi, basette grigie, rughe incipienti, sa che ormai il nuovo edificio della questura è quasi completato, presto dovranno trasferire gli uffici. Ripensa ai luoghi cari e agli effetti intensi come la figlia Marta (quasi cinque anni, nata mentre la mamma moriva nel parto), alla carissima affiatatissima moglie morta e ai pochi veri amici, a una canzone commovente e pure alla 40enne Livia (che sempre lo ha amato, affiatata ma non ricambiata). Dall’altra parte del mondo, lei ora si chiama Laura Lobianco, le stesse iniziali rispetto a quelle dell’esistenza di cui ha nostalgia; fa soddisfacente sesso con il ricco magnifico innamorato 32enne Facundo Rubia; canta ammaliando nei caffè; studia un pezzo struggente e continua a pensare di tornare in patria, nonostante tutti i pericoli. Il 60enne brigadiere Maione, un metro e novanta per centotrenta chili, avvisa Ricciardi che è stato ritrovato un cadavere in via del Grande Archivio. All’interno dell’abitazione vivevano insieme la 61enne madre invalida Angelina Prudenzi e la bella figlia 32enne Erminia Cascetta, appena uccisa con un oggetto contundente, incinta. Sulla scena del crimine Ricciardi si concentra per abbandonarsi alla dannazione del Fatto (un’eredità genetica, chissà se trasmessa a Marta), che gli fa sentire l’ultima frase pronunciata dai morti sul luogo della dipartita, l’ultimo barlume di una vita spenta: questa volta “Egoista, egoista, lasciami vivere”. La porta era socchiusa e, nella reticenza e con molti dubbi, emergono via via alcuni possibili colpevoli: portinaie e apparenti amiche, un anziano ricco avvocato amante e il nuovo aitante fascista amato. Intorno c’è una grande confusione prebellica e tutti hanno pure altri pesanti pensieri per la testa. Non basterà risolvere il caso per trovare un Natale di pace.
Il grande scrittore italiano Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) aveva chiuso oltre quattro anni fa la sua prima e più amata serie con il dodicesimo romanzo. Dopo gli esordi con le quattro stagioni del 1931, il seguito delle feste del 1932, le svolte matrimoniale del maggio 1933 e genitoriale dell’estate 1934, aveva dovuto abbandonare alla sua sorte l’amatissimo “diverso” commissario. Lo abbiamo poi ritrovato ad aprile 1939 (tredicesima avventura) e ora alla fine dello stesso anno (quattordicesima), romanzi di grande qualità. La trama rimane quella di un ingegnoso delitto che Ricciardi deve risolvere. Tutto intorno prendono spazio e tempo (come nelle serie tv) le vicende parallele noir e sentimentali dei tanti coprotagonisti, questa volta imperniate sulla solitudine, privata e sociale: chi uccide, che probabilmente decide di agire per non restare solo; la splendida e raffinata Livia-Laura, che sopravvive troppo sola in Argentina e sente il richiamo dei legami precedenti in Italia; il buon Maione, che deve gestire da solo il recupero di un figlio sulla cattiva strada; l’attempato amico medico delle autopsie Bruno Modo, che milita nell’antifascismo e sente il fiato sul collo della delazione e delle repressione (l’isola carcere o confino di Ventotene sullo sfondo); la contessa Bianca Borgati di Zisa che contribuisce alla crescita di Marta (amando il padre) finalmente incerta fra il consolidarsi sola o accettare la corte di un nuovo gentile intenso spasimante; la mitica brutta governante Nelide che capisce di dover accompagnare comunque il barone pur se il bell’ambulante fruttivendolo Tanino ‘o Sarracino potrebbe aver sfiorato la sua dura solitaria scorza; addirittura l’isolato questore Angelo Ganzo, che ha la moglie ebrea ormai in pericolo (dopo le leggi razziali del 1938) e cambia atteggiamento verso la famiglia ebrea dell’Enrica di Ricciardi (solitario per definizione). La narrazione è, come sempre, in terza varia (con incursioni in prima su chi uccide e sul potente sincero avvocato). Lo stesso titolo si riferisce alla canzone Soledad (1934, testo di Le Pera, musica di Gardel), l’eterna solitudine che resta in chi vede lasciarsi per sempre. Altro che letteratura minore di genere! Altre belle musiche, d’orchestra e jazz. Champagne al bordello.
AAVV (Giménez Bartlett, Malvaldi, Manzini, Piazzese, Recami, Robecchi, Savatteri, Tanzini)
Sellerio Palermo – 2023
Pag. 429 euro 16
Valencia. Di recente. Berta e Marta Miralles sono due dinamiche sorelle ispettrici, inesperte e giovanissime, brillantemente diplomate all’Accademia di Ávila, operative da un anno in servizio al commissariato di Russafa. Dopo infanzia e adolescenza nella campagna di Càlig coi genitori contadini (soprattutto l’aranceto), sulle colline del Maestrat in provincia di Castellón, sono magre, caratterialmente l’una l’opposta dell’altra, conviventi in un piccolo centrale appartamento e in un minuscolo ufficio, accomunate dal medesimo senso di giustizia. Berta è la maggiore, cauta disciplinata musona fumatrice lettrice; dopo la laurea ha avuto una forte delusione amorosa, dedicandosi poi solo allo studio e al lavoro. Marta è operativa entusiasta svelta allegra salutista; le piace ballare e cerca spesso di divertirsi con i ragazzi palestrati e con l’ultima moda. Insomma, forse Berta ha la vocazione ma non il carattere del poliziotto, Marta viceversa. La Policìa Nacional sta offrendo corsi di formazione a tutti i colleghi, facoltativi e gratuiti. Berta scegli inglese, Marta cucina thailandese. Conosciamo questo secondo gruppo di quindici, perlopiù donne, bell’insegnante affabulatore sulla quarantina, giovane splendida assistente silenziosa. All’uscita si fa vedere il 15enne Gabriel, sostiene che la madre (corsista) è sparita. Marta finisce per scoprire un traffico d’oppio, prima o poi verrà fuori il cadavere. La bravissima Alicia Giménez-Bartlett (Almansa, 1951) è famosa per la serie gialla che ha protagonista l’ormai sessantenne ispettrice Petra Delicado (una meticolosa attaccabrighe, ossimoro vivente), anche se ha scritto più di una decina di altri ottimi romanzi (1984-2015), saggi, racconti, articoli, sempre attenta al femminismo e ai diritti civili. Il racconto prosegue la nuova serie, primo (“Il pasticcio thailandese”) di un volume collettaneo di otto, dedicati a piatti tipici e a chef, a diete e veleni vari.
Ennesima (sedicesima?) antologia di racconti gialli per la casa editrice palermitana, scritti per l’occasione, in continuità con le accorte riuscite sperimentazioni che hanno costituito una svolta nel genere del genere. Per l’edizione 2023 qualità media alta, testi godibili, intrattenimento garantito per palati più o meno sopraffini. Sono otto gli autori coinvolti della scuderia Sellerio, sei uomini e due donne: dopo Bartlett (il più lungo), in terza persona sulle due investigatrici, Francesco Recami (“L’eterna lotta fra brodetto e cacciucco”) nella casa di ringhiera di Milano, in terza con i vari inquilini vecchi e nuovi in gara; Gaetano Savatteri (“Le stelle non vogliono saperne”), in prima persona a dieta (teorica) con Saverio Lamanna e soci, là per Màkari e Monte Cofano; Alessandro Robecchi (“Umiltà Luxury Experience”) nel ristorante stellato di Milano, in terza sui poliziotti Ghezzi e Carella; Simona Tanzini (il più breve, “Il timballo di Monsù”) al corso di cucina, in prima con la cronista televisiva Viola e i colleghi giornalisti a Palermo; Marco Malvaldi (“Concorrenza sleale”), in terza sui quattro vecchietti del BarLume senza barrista e vicequestora, in un dibattimento processuale comunque, dalle parti di Pineta; Santo Piazzese (“La vendetta dell’aglio cinese”) nel garage dell’Università, in prima con l’esperto biologo Lorenzo La Marca a Palermo; Antonio Manzini (“Killing food”) fra cuoche e nutrizionisti, in terza sul mitico Rocco Schiavone ad Aosta. Ancora una volta il tema è interpretato da tutti con ironica originalità, ben gestito attraverso personaggi ormai cari a tanti. La lunghezza è abbastanza omogenea, la raccolta ribadisce una contaminazione d’impatto sul pubblico, che non inficia gli stili noti e amati di ogni autore, nel modo caratteristico di ogni relativa serie di romanzi. Impossibile citare tutti i vini e liquori citati o le colonne sonore e i crediti musicali, ormai conoscete gli autori e si può lasciar vagare l’immaginazione con competenza.
Venezia
Autori vari (Tiziano Scarpa, Enrico Bettinello, Clara Zanardi, Alessandro Marzo Magno, Giuanfranco Bettin, Gianni Montieri, Ginevra Lamberti, Diletta Sereni, Eleonora Vio, Vera Mantengoli, Anna Toscano, Chiara Valerio, Marco Baravalle, Andrea Molesini)
Fotografie di Matteo de Mayda
Iperborea Milano – 2023 (tutti testi 2023)
Pag. 192, euro 22
Venezia. Oggi. I limiti fisici all’espansione in orizzontale così come in verticale hanno contribuito a darci di Venezia un’ingannevole sensazione di immobilità e astoricità, una visione cristallizzata, in parte coltivata dagli stessi veneziani (e vi sono stati girati ben tre James Bond), pur ben consapevoli di un ambiente anfibio e mutevole come quello lagunare. Eppure, la città potrebbe addirittura essere presa a paradigma delle crisi contemporanee, come termometro di quello che accadrà nel mondo, a simbolo dell’Antropocene. Calano gli abitanti e cresce il livello dell’acqua. Lo spopolamento e la riduzione alla monocultura turistica risultano una minaccia altrettanto esistenziale. Si tratta di un comune di quasi 415 km² (il 62 per cento sono acque interne) ove vivono 250 mila sapiens (la densità del centro storico è 6177 abitanti per km²), con un numero di turisti giornalieri nei picchi di alta stagione di 110 mila. Il punto più elevato è il campanile di San Marco, poco meno di 100 metri, il punto più basso è proprio la piazza sottostante. Consentono di transitarvi 417 ponti (72 privati), 176 rii e poco più di 400 gondolieri (4 mila barche e 40 mila persone in occasione della festa del Redentore). Le isole della laguna sono 118, la profondità media un metro e mezzo, la velocità di sprofondamento nell’intervallo fra 1 e 2 millimetri l’anno. La città ha riserve d’ossigeno nella sua storia di resilienza nei suoi studenti e in un attivismo associativo che ha pochi eguali in Italia. La società civile chiede di re-immaginare l’intero antico insediamento, ascoltando la voce dei residenti e rispettando l’ecosistema, per non ripetere gli errori del passato (anche recente), per esempio quando per inseguire un ideale di modernità si è insediato un polo industriale petrolchimico in un contesto così vulnerabile.
La collana The Passenger (per esploratori del mondo) è ormai nota e molto apprezzata, commissiona o raccoglie articoli recenti su luoghi umani del pianeta (città, paesi ed ecosistemi) in bei volumi illustrati e vuol farci meglio capire, partendo sempre da temi d’attualità. L’ultimo volume del 2023 è dedicato alla cara Venezia, come al solito ricchissimo di foto (belle e d’autore), frequenti precisi significativi dati, grafici, schede, ritratti (dei tre ultimi sindaci, per esempio) e illustrazioni infografiche (originali e ben leggibili). Dopo il risvolto di copertina con le informazioni di base, la mappa urbana (tra Lido e Zelarino, tra Chioggia e La Salina) e due pagine di numeri (i siti più visitati, l’apice nazionale di imprecazioni, i rifiuti e qualcosa d’altro), nel primo servizio il romanziere drammaturgo e poeta veneziano Tiziano Scarpa conferma che la città non è fatta per chi la abita e butta là, con colti riferimenti alla topografia antica, che forse sarà proprio la spazzatura (soprattutto dei turisti) a salvarla, tendenzialmente il più grande collettore al mondo di produttori di scorie della vita allegra, fecce a pattumi della vita vacanziera. Secondo Enrico Bettinello sono soprattutto sei le attività che a Venezia sono più complicate che altrove: figliare, traslocare, suonare il contrabbasso, morire, venire ricoverati, girare un film. Chissà?! Seguono una decina di pezzi di autori e autrici italiane, fra gli altri per spiegare le radici antiche della bonifica umana e dello spopolamento verso una città sempre più elitaria (Clara Zanardi), per valutare come reinventare e riqualificare lo spazio alieno del petrolchimico abbandonato (Gianfranco Bettin), per concentrarsi sul Lido tutto l’anno (Gianni Montieri), per incontrare i pescatori di moeche, granchi in fase di muta (Diletta Sereni), per sponsorizzare la positiva colletta civica sull’isola di Poveglia (Vera Mantengoli). A chiusura due interessanti riflessioni sulle coordinate geografiche di Chiara Valerio e sul Biennalocene di Marco Baravalle, i consigli d’autore, una playlist e una breve bibliografia.