Leggendo i versi del senso perso

di Pabuda

leggendo

i versi

del senso perso

io non mi spavento:

non mi sperdo:

io

non vago senza meta:

a ogni verso

mi ritrovo

a studiare

da analfabeta

un verso nuovo:

più che leggerlo,

prima lo guardo

e lo soppeso:

poi  lo rivoltolo

in bocca

carezzandolo

con la lingua

e succhiandolo

un po’.

ogni verso

di Scialoja

per me

è un bacio di bruco,

una carezza di farfalla

con strascico

di tinta viola

e gialla.

è un gradevole

solletico.

io penso:

se tutti i Poeti

avessero il genio,

l’astuzia,

l’innocenza e la coltivata

scienza

e l’ingegno e i numeri

di Scialoja Toti

l’arte poetica

avrebbe già

surclassato

da almeno

un mezzo secolo

(buon peso)

il prevedibile

e monotono gioco

della palla al piede,

la noiosissima

opera lirica

e anche un bel po’

di brutta politica.

voi, adesso,

lasciate perdere

Pabuda e la sua

noia:

leggete l’opera

completa

di Sialoja!

Pabuda on Facebook
Pabuda
Pabuda è Paolo Buffoni Damiani quando scrive versi compulsivi o storie brevi, quando ritaglia colori e compone collage o quando legge le sue cose accompagnato dalla musica de Les Enfants du Voudou. Si è solo inventato un acronimo tanto per distinguersi dal suo sosia. Quello che “fa cose turpi”… per campare. Tutta la roba scritta o disegnata dal Pabuda tramite collage è, ovviamente, nel magazzino www.pabuda.net

Un commento

  • non ho messo una NOTA: avevo troppo sonno. Ora, fatta colazione e le abluzioni rituali, la aggiungo qui:
    TOTI SCIALOJA nacque a Roma il 16 dicembre 1914 e morì il 1 marzo 1998. Fu pittore e poeta. io amo il poeta. Il pittore non lo conosco abbastanza. La pittura in genere non la conosco abbastanza per parlarne/scriverne. Scialoja pubblicò un sacco di raccolte di poesie per bambinetti e di nonsense per tutti. Io lo leggo senza interruzione da 40 anni, grazie a mio fratello più grande, il Basilio. I vecchi libri originali (roba come: “La zanzara senza zeta” o “Una vespa! Che spavento” e altri capolavori) non li trovo più ma, per fortuna, nel 2002, Garzanti ha pubblicato una buona raccolta (“Poesie 1979-1998”) con prefazione di Giovanni Raboni. Poi, nel 2009, Einaudi ha messo insieme l’antologia dei “Versi del senso perso”.
    Cercateli! Gradite un assaggio? Ecco qui:

    L’UCCELLO NERO
    SALTA LEGGERO,
    SI CHIAMA MERLO
    SENZA SAPERLO

    Un altro po’?
    Con piacere:

    UN ORSO E’ UN ORSO
    NON C’E’ SOCCORSO
    DA LUI SON CORSO
    GLI HO OFFERTO UN TORSO
    MI HA DATO UN MORSO.
    UN ORSO E’ UN ORSO
    NON C’E’ SOCCORSO,
    NON HA RIMORSO.

    Potrei andare avanti per ore. Ma mi fermo per segnalarvi anche “Rapide e lente amnesie”: una raccolta di versi esametri, secondo la definizione dell’autore. Roba tosta: li ho letti con l’Alberta, due o tre estati fa, a Basaluzzo. Con notevole frullamento di cervella e grandissimo gusto.
    Tanto per darne un’idea:

    L’INGENUO MA A CAPO CHINO AVVOLTO DI MALINCONIA
    CAMMINAVA A PASSI TARDI E LENTI CON LO SCHIOPPO IN SPALLA
    VERSO IL MARE INCONSAPEVOLMENTE SI TROVO’ SULLA RIVA
    DOVE BAMBINI SOFFIANO NELLE TROMBE RAUCHE DI SABBIA
    E GLI CHIESERO: “CHI SEI TU?” RISPOSE: “SONO MOLTO PEGGIO”.

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