L’Energu che forse non ti aspetti

Tre “strani scritti” aspettando il sabato numero 198

ChumyChumez-vedereUdireTacere

Domani è sabato, dunque… qui in “bottega” si va a tavola con Energu. Vi siete accorti che «Fratelli siam(co)esi» marcia veloce verso le 200 puntate? Uh, uh. Ancora tre sabati e ci toccherà festeggiare: già pensiamo a fuochi artifi-ciosi da inviarvi a casa, direttamente sotto le ascelle.

Per una incredibile coincidenza due giorni fa un altro tipo il quale si chiama Massimo eppure si firma (invidia? sdoppiamento della personalità? abominio d’omonimia?) Energu ci ha inviato tre scritti. Ci sono piaciuti – anzi “piaciati” come si dice a Roma, patria di tanti Energu – e dunque li trovate qui sotto. Poi abbiamo fatto un affollato “brainstorming” per decidere i TAG: sono 2 poesie e un testo arrivato dal futuro? scritture sperimen-taliequali? O si tratta di messaggi telepatici che solo poche/i (fra voi bipedi implumi) leggeranno? Occorre saggezza e noi qui ne abbiamo “a pacchi”… però non ci ricordiamo mai in che cassetto è finita.

Ma il serio-serissimo-sererrimo problema è questo: adesso quanti Energu ci sono? 1, 2, centomila incluso Pirandello, tutto il cucuzzaio oppure nessuno? Uno fra loro viaggia nel tempo? E poi: il legame fra Noè e le vigne-tte è una provocazione, un indizio o un sarchiapone?

Boh.

  Di certo non potevamo illustrare questo post con l’altro (?) Energu e dunque beccatevi ‘sto Chumy Chúmez. E se non sapete chi è… poffarbacco datevi una mossa. E ari-se non ari-sapete lo spagnolo noi che possiamo farci/farvi? Comunque non si vive di solo Energu e/o Jacek Yerka. (db)

 

Mani

Odore di aria piovana

forse un sogno, intorno buio pesto

come in un caleidoscopio immagini rutilanti:

la famiglia, mia moglie, i ragazzi e domani al lavoro tante cose;

ecco un sibilo dal timbro irregolare, odore di bruciato.

Stasera la partita in televisione, mal di testa, sonno finito?

In macchina fermo al semaforo.

Casa di nonna, nonno ancora vivo, mia madre e la finale dei 100 metri alle Olimpiadi;

non più rumore, ma voci concitate nello sforzo di un’azione comune; clangore di metalli forzati, di colpo luce ovunque ed un uomo in divisa con l’elmetto in testa: i suoi occhi nei miei, altre mani, protese sulle mie spalle.

Lamiere contorte, dalla barella i resti della macchina sotto un grosso pino.

 

Buon anno

Affido la mia disperazione a questo messaggio e alla bottiglia che lo contiene. Non m’illudo che qualcuno venga a salvarmi, perché se ancora esistono esseri umani da qualche parte(e ne dubito) quando leggeranno queste righe io sarò già morto. Perciò, ipotetico lettore, chiunque tu sia, prendi questa mia(che rima!) come lo sfogo d’un sopravvissuto che sta per dipartire; uno sfogo ed un piacere, l’ultimo, quello di scrivere, rimastomi prima che anche la cazzo di Bic si esaurisca; biscotti e scatolette lo sono già da tempo, come pure sigarette e snakes: tutto finito, non ho più viveri. Non posso nemmeno cacciare i pochi animali rimasti, ne mettere tagliole perché intorno a me la montagna, o meglio: l’ex montagna, è seppellita da 2 metri di neve, inoltre che esche potrei usare? Si, scavando a fondo qualche bacca ancora si trova, l’acqua non manca, ma sono stanco e non ho più voglia. Stanotte ho sognato mia moglie. Non so dov’è e mi manca da impazzire; forse morire è il sistema migliore per ricongiungermi a lei. Pensare che ero venuto quassù per vedere un appartamentino in vendita, segnalatomi da un amico. Questo posto piaceva a tutti e due e spesso vagheggiavamo di fine settimana trascorsi a passeggiare nei boschi o a fare l’amore davanti al caminetto acceso. Ormai poco importa. La Grande Mareggiata mi sorprese quassù il 3 marzo 2028, isolandomi dal resto del mondo. Per un po’ di tempo dopo il disastro un’emittente radio trasmise dei notiziari confusi. Non è mai stato chiaro se fu un aereo, un meteorite o addirittura un ufo del cazzo a precipitare, esplodendo su un pozzo di petrolio su, al Polo Nord. L’intero giacimento prese fuoco e le fiamme alte come grattacieli provocarono nel giro d’una settimana il disgelo di milioni di tonnellate di ghiaccio. L’immane onda creatasi sommerse qualsiasi cosa sulla Terra fino a 1000 metri sul livello del mare. Fu il tragico epilogo della Terza Crisi Petrolifera. Maledetti gli americani e la loro smania di trivellare ovunque. Insieme a me sopravvissero altre persone. All’inizio ci organizzammo, costruimmo capanne, attrezzi da caccia e per l’agricoltura, utensili. Per un po’ funzionò; ci facemmo una ragione della situazione e fintanto che rimase la speranza di essere tratti in salvo, vivere ebbe un senso. Passarono i mesi e all’isolamento si aggiunse la consapevolezza che non avremmo più rivisto i nostri cari, ne altri esseri umani; coi primi freddi poi la depressione e l’apatia dilagarono, alimentate anche dalla scarsità di cibo e di luce. I primi furono una coppia di anziani. Si chiusero nella loro auto, collegarono un tubo di gomma alla marmitta e accesero il motore. Questo fatto provocò una reazione a catena. Un giovanotto s’impiccò ad un albero e un handicappato si gettò in un burrone. L’ultima persona è morta d’infarto due settimane fa. Adesso tocca a me, poco male, non credo che la morte sia peggiore della solitudine e del freddo. Isola nell’isola, la roulotte nella quale sono ora asserragliato con poche vettovaglie, è l’ultimo ghiacciato rifugio. Gli americani stavolta l’hanno fatta grossa e sono stati pure fortunati che non ci saranno posteri per maledirli e scriverne male sui libri di Storia. Tranne me. Un motivo in più per farlo. Però adesso basta, sono stanco. Oggi è l’ultimo giorno dell’anno e vado a riempire di neve un bicchiere, per brindare al nuovo anno del cazzo…BLEAH!…

Monte Terminillo (Lazio, Italia), già m.2213,ora m.1200 circa,

ore 22.48 del 31/12/2029.

Salvatore Noè, a bordo di una roulotte modello ‘Arca’…

 

Verso casa

Salii a bordo.

Nell’autobus strapieno fui subito

aggredito da aliti e traspirazioni pesanti.

Vidi un finestrino libero.

Un maturo travet si strusciava dietro ad una signora

mentre un anziano inveiva contro 2 giovani seduti.

Forzai una mischia di studenti urlanti

e conquistai il finestrino.

Era bloccato.

 

 

Redazione
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