Lettera a uno studente pisano

di Maria G. Di Rienzo (*)

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Premessa: in quel di Pisa, dai primi di aprile a fine maggio, una studentessa senegalese di 14 anni ha ricevuto in classe 6 lettere di pesanti insulti razzisti e minacce.

Inoltre le hanno fatto a pezzi libri e quaderni scrivendole poi: “adesso vediamo se riesci a studiare e se prendi 10 nelle verifiche”… La ragazza è molto brava a scuola e lo sgrammaticato autore non se ne dà pace. Visto che le lettere piacciono tanto a costui, ho deciso di scrivergliene una io.

Caro ragazzo,

sebbene appaia chiaro dagli errori di ortografia e grammatica nelle tue lettere che non sei portato per gli studi umanistici – e forse non sei portato per gli studi del tutto, non ci sarebbe nulla di male – tu hai nella tua ancor breve esistenza già imparato una grande quantità di cose e molte le esprimi appunto nei messaggi diretti alla ragazza senegalese.

I tuoi maestri in tale apprendimento sono stati alcuni adulti, alcuni amici, alcuni “modelli” (le persone che tu trovi in gamba, “vincenti”, ecc.), la quasi totalità dei media e dei social media, il clima culturale e politico vigente nel nostro Paese da circa 30 anni. Certi maestri li hai scelti, per certi altri non hai avuto la possibilità di esprimere preferenze. Il risultato è comunque questo, tieniti forte: le attitudini e le opinioni apprese che rivolgi alla tua compagna sono un mucchio di stronzate e, a meno che tu non ti risolva ad abbandonarle, non avranno altro effetto del renderti ancora più miserabile di come ti senti ora.

Perché, diciamoci la verità, è così che stai. La professoressa ti ha detto che il compito non l’hai fatto “male”, l’hai fatto “malissimo”. Non ne azzecchi una, a scuola. Ti stanno passando tutti davanti. E se puoi ingoiare, di traverso, il veder sfrecciare altri maschi mentre tu resti al palo, ti è insopportabile che lo faccia una femmina. Una femmina di colore, poi, diventa il massimo dell’oltraggio. Questo malessere deriva da una delle stronzate di cui sopra: tu hai imparato che esiste una gerarchia fra esseri umani e che in cima alla stessa sta il maschio bianco ricco popolare fico furbo dominante ecc. – una caratterizzazione a cui tu non rispondi. Hai 14 o 15 anni e secondo la classifica vigente sei già un fallito. Si direbbe, a rigor di logica, che tu dovresti rigettarla al completo e contrastarla, non credi? Non ti sta facendo alcun bene.

Ma la gerarchia resta in piedi perché indica, ai maschi come te, che sotto di loro c’è qualcuno di più miserabile ancora e che se esercitano il loro disprezzo e la loro violenza contro membri delle categorie inferiori hanno la possibilità di salire di grado, di sentirsi “qualcuno”.

Le donne ricadono nella categoria dell’inferiorità. Sono classificate come esistenti per l’unico scopo della gratificazione sessuale maschile. Non sono esseri umani “veri”, completi, complessi. Sono cosce-culo-tette-figa. Il loro compito è mettere in mostra tutto questo e rispondere alle fantasie degli uomini, non prendere 10 nella verifica, non eccellere negli studi, non avere sogni per il futuro: chi ha mai sentito di un’avvocata nera è, per esempio, il tuo strillo intriso d’ignoranza, perché esistono MILIONI di donne di colore nella professione legale.

Una donna che rifiuti l’imposizione del ruolo di bambola gonfiabile assegnatole scende di un gradino.

Una donna che ha delle aspirazioni diverse e non esita ad usare le sue capacità ed il suo impegno per realizzarle, scende di un altro gradino.

Una donna appartenente a un’etnia / religione / zona geografica differenti da quelle legittimate perché in cima alla gerarchia (“bianchi”, cristiani/cattolici, europei o nordamericani) scende un ulteriore gradino.

Una donna migrante o nomade ne scende un altro ancora. E così via, sono certa non vi sia necessità di sciorinarti tutto l’elenco: lo conosci, e se ti pare di non conoscerlo prova a mettere in fila gli insulti che usi contro la tua compagna di classe o qualsiasi altra femmina – a ognuno di essi corrisponde un gradino nella scala della disumanizzazione.

Ora, che degli esseri umani ne giudichino altri meno che umani, non degni di rispetto, usando una scusa qualsiasi per giustificare tale giudizio e sapendo bene che si tratta di una scusa (come fai tu, a esempio, quando dici che la pelle della tua compagna è “sporca”, neanche fossi un eremita scemo che ha vissuto sino ad ora su un’isola deserta e non aveva mai visto prima una persona di colore diverso dal suo) NON rende le persone giudicate meno che umane. Cerca di capirmi. Le tue opinioni, ovvero le idiozie che ripeti a pappagallo per averle purtroppo sentite qualche miliardo di volte, non influenzano la realtà al punto che delle persone esistenti in essa mutano il loro status. Checché tu pensi di loro, esse restano esseri umani, titolari di diritti umani, a cui devi rispetto e interazioni civili.

Se credi che, scusa la franchezza, buttando merda sugli altri l’odorino tuo diverrà fragrante ti sbagli, ma continua pure a crederlo se preferisci. Niente, però, ti conferisce la legittimazione a tradurre in azioni violente la tua convinzione. Tu non esisti in un vuoto, sei parte di un sistema di relazioni e sopravvivi grazie ad esso. Il tuo limite, il limite di ciascuno di noi nell’agire, è l’impatto che le nostre azioni hanno su altre persone.

E’ interessante, al proposito, che tu abbia definito “bravate” le tue lettere minatorie e la distruzione di effetti personali altrui: quando emergerai da questo sogno autoreferenziale in cui t’incensi – sai che gran coraggio virile ci vuole a scrivere lettere anonime e a sfasciare di nascosto quaderni e libri – e presto dovrai farlo tuo malgrado, ti accorgerai che si tratta di reati. Te lo spiegheranno i carabinieri, dovranno spiegarlo anche ai tuoi genitori e non sarà un bel momento. Non mi troveranno mai, scrivi tu: ma ti rendi conto di quanti indizi hai lasciato nei testi? Non è stata una gran furbata, tanto per citarne uno, riportare le parole esatte che ti hanno detto gli insegnanti…

Due cose ancora, e chiudo.

1) Tu puoi disimparare tutte le stupidaggini su sesso, razza, superiori/inferiori se solo lo vuoi. Non occorre che tu stia a becco aperto come un’oca che beve la pioggia e ingoia qualsiasi cosa caschi dal cielo. Se non ti piace leggere, usa internet. Se hai dubbi, cerca e verifica. Se non sai, chiedi. Soprattutto, chiediti sempre “perché” e “a chi giova”. Le cosiddette “ragioni” per la sistematizzazione gerarchica degli esseri umani sono sempre molto squallide, puoi verificarlo da te.

2) Quando gli stracci saranno volati, quando il tuo nome sarà pubblico e tutta la tua arroganza in pezzi, chiedi aiuto psicologico perché sei su una china pericolosa. I rimarchi sessuali con cui umili la ragazza fanno già abbastanza schifo, ma dirle di tornarsene al suo “cazzo di paese” con tutta la famiglia se vuole che le vessazioni finiscano non è semplice bullismo, è un comportamento criminale, mafioso, altamente disturbato. Peggio ancora, hai scritto che godi nel vederla piangere, che la sua sofferenza ti ispira a inventare qualcosa d’altro per vederla piangere di nuovo. Neppure questo è semplice bullismo, caro ragazzo, è un segnale ancora più allarmante per la tua salute mentale. Si chiama sadismo e se non lo affronti subito, potresti dover maneggiare le sue conseguenze per il resto della tua esistenza: giacché gli altri esseri umani non esistono per farti da trastullo, a questa tua attitudine si ribelleranno. Potranno farlo fisicamente, infliggendoti il dolore che a te piace osservare negli altri. Potranno usare la legge e cacciarti dietro un po’ di sbarre e di lucchetti per lunghi periodi di tempo.

Fermati prima. Non è troppo tardi.

(*) Ripreso dal bellissimo blog «Lunanuvola».

 

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