Lettera aperta al signor Luciano Benetton

a cura dell’associazione “Il Cerchio”

Chi le scrive è l’associazione “Il Cerchio”, un’associazione italiana che da oltre 20 anni opera a sostegno dei popoli indigeni di tutto il mondo.
Abbiamo letto l’intervista pubblicata su “La Repubblica” il 30 novembre, a firma di Francesco Merlo, e abbiamo appreso che dopo i negativi risultati della sua azienda è stato costretto a tornare in prima persona alla conduzione della stessa, accingendosi ora ad una ricostruzione basata su idee forti e innovative.
A tal proposito, le chiediamo se tali idee forti e innovative saranno alla base anche della gestione delle terre in Argentina di cui la sua azienda rivendica il possesso, terre che però da sempre appartengono al popolo Mapuche, che in quelle terre viveva e vive da secoli, prima che la sua azienda le acquistasse negli anni 90. I Mapuche ne richiedono da sempre la restituzione, come previsto peraltro dalla stessa legislazione argentina (con la Costituzione, articolo 75, e con le leggi 23302, 26160 e proroga 26554, Decreto 1122/07).
Il modo in cui queste terre sono passate dai Mapuche alla Repubblica Argentina e poi alla sua azienda è quello in cui storicamente sono avvenute le colonizzazioni in Sudamerica.
Purtroppo, negli ultimi tempi le crescenti rivendicazioni dei Mapuche sono state represse con la forza dallo stesso Stato e dalle forze dell’ordine argentine, che evidentemente non hanno agito a tutela della popolazione, durante ripetuti scontri recentemente funestati dalla morte violenta dell’attivista argentino Santiago Maldonado, e del giovane mapuche Rafael Nahuel, oltre che dal ferimento e arresto di molti Mapuche, inclusi diversi minori.
E la morte di Santiago Maldonado è strettamente legata proprio alle rivendicazioni dei territori della sua azienda da parte della comunità Mapuche Pu Lof in Resistenza Cushamen. Le chiediamo, tramite questa lettera aperta, una sua dichiarazione pubblica su cosa la ricostruzione della sua azienda preveda in questo specifico ambito; se la sua azienda intenda o meno aprire un reale dialogo costruttivo con i Mapuche, o se invece continuerà a seguire la stessa strada che finora l’ha portata non solo al conseguimento di problemi sociali con un’intera popolazione, ma anche a risultati economici negativi. A questi, in mancanza di un cambiamento nella gestione della questione Mapuche, sempre più rischieranno di aggiungersi le severe critiche alla sua azienda che già circolano sui social e il boicottaggio di fatto, a cui già chiama diversa parte della società argentina.
La nostra associazione, infine, si unisce a quanti chiedono verità e giustizia per la morte di Santiago Maldonado, in primo luogo la sua famiglia. Per questo, riteniamo anche opportuno un suo chiarimento in merito alle gravi accuse riportate dai media sudamericani, riguardo il possibile utilizzo di una cella frigorifera situata nella Estancia Leleque (tenuta Leleque, appartenente alla sua azienda), unica proprietà a possedere celle di grandi dimensioni nella zona dove è stato ritrovato dopo mesi il cadavere di Santiago. Circostanza che, alla luce dei risultati dell’autopsia, che ipotizzano che il corpo del giovane possa appunto essere stato mantenuto in stato di refrigerazione per un certo periodo, assume aspetti inquietanti, dato che la Gendarmeria coinvolta nell’attacco ai manifestanti nel quale è scomparso Maldonado è ospitata all’interno della stessa tenuta.
Associazione “Il Cerchio” – Il presidente Toni Ventre
Redazione
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