Lettere ai figli (e per il figlio)

di Francesco Masala

Testi di Anna Achmatova, Marina Cvetaeva, Che Guevara, Antonio Gramsci e Nicola Sacco

Murlyga! Perdonami ma andare oltre sarebbe stato peggio. Sono gravemente ammalata, non sono piu’ io. Ti amo follemente. Devi capire che non potevo più vivere. Di’ al papà e ad Alja . se li vedrai, che li ho amati fino all’ ultimo istante e spiega che sono finita in una via senza uscita.

Marina Cvetaeva (da un gulag in Mordovia, dove adesso è imprigionata Nadezhda Tolokonnikova)

 

Carissimo Giuliano,
ti faccio tanti auguri per l’andamento del tuo anno scolastico.
Sarei molto contento se tu mi spiegassi in che consistono le difficoltà che trovi nello studiare. Mi pare che se tu stesso riconosci di avere delle difficoltà, queste non devono essere molto grandi e potrai superarle con lo studio: questo non è sufficiente per te? Forse sei un po’ disordinato, ti distrai, la memoria non funziona e tu non sai farla funzionare? Dormi bene? Quando giochi pensi a ciò che hai studiato o quando studi pensi al gioco? Ormai sei un ragazzo già formato e puoi rispondere alle mie domande con esattezza.
Alla tua età io ero molto disordinato, andavo molte ore a scorrazzare nei campi, però studiavo anche molto bene perché avevo una memoria molto forte e pronta e non mi sfuggiva nulla di ciò che era necessario per la scuola : per dirti tutta la verità debbo aggiungere che ero furbo e sapevo cavarmela anche nelle difficoltà pur avendo studiato poco. Ma il sistema di scuola che io ho seguito era molto arretrato; inoltre la quasi totalità dei condiscepoli non sapeva parlare l’italiano che molto male e stentatamente e ciò mi metteva in condizioni di superiorità perché il maestro doveva tener conto della media degli allievi e il saper parlare l’italiano era già una circostanza che facilitava molte cose (la scuola era in un paese rurale e la grande maggioranza degli allievi era di origine contadina).
Carissimo, sono certo che mi scriverai senza interruzione e mi terrai al corrente della tua vita. Ti abbraccio.
Antonio

 

Cari Hildita, Aleidita, Camilo, Celia ed Ernesto,
se un giorno dovrete leggere questa lettera, è perché non sarò più tra voi.
Quasi non vi ricorderete di me e i più piccolini non mi ricorderanno affatto.
Vostro padre è stato un uomo che agisce come pensa
ed è certamente stato fedele alle sue convinzioni.
Crescete come buoni rivoluzionari. Studiate molto per poter
dominare la tecnica che permette di dominare la natura.
Ricordatevi che l’importante è la rivoluzione e che ognuno di noi, da solo, non vale niente.
Soprattutto siate sempre capaci di sentire nel più profondo di voi stessi ogni ingiustizia
commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo: è la qualità più bella di un rivoluzionario.
Arrivederci, bambini miei, spero di rivedervi ancora.
Un grande bacio e abbraccio da papà

 

Mio carissimo figlio e compagno, sin dal giorno che ti vidi per l’ultima volta ho sempre avuto idea di scriverti questa lettera: ma la durata del mio digiuno e il pensiero di non potermi esprimere come era mio desiderio, mi hanno fatto attendere fino ad oggi. Non avrei mai pensato che il nostro inseparabile amore potesse così tragicamente finire!

Ma questi sette anni di dolore mi dicono che ciò è stato reso possibile. Però questa nostra separazione forzata non ha cambiato di un atomo il nostro affetto che rimane più saldo e più vivo che mai. Anzi, se ciò è possibile, si è ingigantito ancor più. Molto abbiamo sofferto durante il nostro lungo calvario.
Noi protestiamo oggi, come protestammo ieri e protesteremo sempre per la nostra libertà. Se cessai il mio sciopero della fame, lo feci perchè in me non era rimasta ormai alcuna ombra di vita ed io scelsi quella forma di protesta per reclamare la vita e non la morte, il mio sacrificio era animato dal desiderio vivissimo che vi era in me, per ritornare a stringere tra le mie braccia la tua piccola cara sorellina Ines, tua madre, te e tutti i miei cari amici e compagni di vita, non di morte. Perciò, figlio, la vita di oggi torna calma e tranquilla a rianimare il mio povero corpo, se pure lo spirito rimane senza orizzonte e sempre sperduto tra tetre, nere visioni di morte. Ricordati anche di ciò figlio mio. Non dimenticarti giammai, Dante, ogni qualvolta nella vita sarai felice, di non essere egoista: dividi sempre le tue gioie con quelli più infelici, più poveri e più deboli di te e non essere mai sordo verso coloro che domandano soccorso. Aiuta i perseguitati e le vittime perché essi saranno i tuoi migliori amici, essi sono i compagni che lottano e cadono, come tuo padre e Bartolomeo lottarono e oggi cadono per aver reclamati felicità e libertà per tutte le povere cenciose folle del lavoro. In questa lotta per la vita tu troverai gioia e soddisfazione e sarai amato dai tuoi simili. Continuamente pensavo a te, Dante mio, nei tristi giorni trascorsi nella cella di morte, il canto, le tenere voci dei bimbi che giungevano fino a me dal vicino giardino di giuoco ove vi era la vita e la gioia spensierata – a soli pochi passi di distanza dalle mura che serrano in una atroce agonia tre anime in pena! Tutto ciò mi faceva pensare a te e ad Ines insistentemente, e vi desideravo tanto, oh, tanto, figli miei! Ma poi pensai che fu meglio che tu non fossi venuto a vedermi in quei giorni, perché nella cella di morte ti saresti trovato al cospetto del quadro spaventoso di tre uomini in agonia, in attesa di essere uccisi, e tale tragica visione non so quale effetto avrebbe potuto produrre nella tua mente, e quale influenza avrebbe potuto avere nel futuro. D’altra parte, se tu non fossi un ragazzo troppo sensibile una tale visione avrebbe potuto esserti utile in un futuro domani, quando tu avresti potuto ricordarla per dire al mondo tutta la vergogna di questo secolo che è racchiusa in questa crudele forma di persecuzione e di morte infame. Si, Dante mio, essi potranno ben crocifiggere i nostri corpi come già fanno da sette anni: ma essi non potranno mai distruggere le nostre Idee che rimarranno ancora più belle per le future generazioni a venire. Dante, per una volta ancora ti esorto ad essere buono ed amare con tutto il tuo affetto tua madre in questi tristi giorni: ed io sono sicuro che con tutte le tue cure e tutto il tuo affetto ella si sentirà meno infelice. E non dimenticare di conservare un poco del tuo amore per me, figlio, perché io ti amo tanto, tanto… I migliori miei fraterni saluti per tutti i buoni amici e compagni, baci affettuosi per la piccola Ines e per la mamma, e a te un abbraccio di cuore dal tuo padre e compagno.

Nicola Sacco

 

Rispettabile Josif Vissarionovic! Conoscendo il suo interessato affetto per le culture del paese e in particolare per gli scrittori, mi permetto di rivolgermi a Voi con questa lettera. Il 23 ottobre a Leningrado sono stati arrestati dalla polizia segreta mio marito Nicolaij Nicolaevic (professore all’accademia dell’arte) e mio figlio Lev Nicolaevic Gumilev (studente all’università statale di Leningrado).Josif Vissiarionovic, io non so di cosa li accusano, ma do a voi la mia parola onesta che loro non sono fascisti, né spie, né partecipanti alle fondazioni controrivoluzionarie. Io abito nella URSS dall’inizio della Rivoluzione e non ho mai voluto lasciare il paese con il quale sono legata con la mente e con il cuore. Sebbene i miei versi non vengano pubblicati e i commenti dei critici mi diano tante amarezze, io non sono mai stata pessimista; in pesanti condizioni morali e materiali ho continuato a lavorare e ho già pubblicato un lavoro su Puskin, e il secondo sta per essere pubblicato. A Leningrado abito in modo molto riservato e spesso ho qualche problema fisico. L’arresto delle due uniche persone a me care mi ha recato una dura ferita che non riesco a sopportare.Io vi prego, Josif Vissarionovic, di tornarmi il marito e il figlio, sono sicura che di questo nessuno si pentirà.

Anna Achmatova

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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