L’evento di Clarke: se il 19 marzo 2008 il cielo…

s’accende più del solito

di Andrea Bernagozzi


Chi frequenta scienza e fantascienza sa bene che la realtà supera sempre la fantasia: la migliore fantascienza sa essere una palestra di idee, incredibilmente ricche e audaci, ma quando si fa il confronto con quello che davvero succede anche l’ipotesi più folle passa in secondo piano.
Non ero negli uffici dove tredici anni fa stavano lavorando J. D. Harrington, Robert Naeye e Rob Gutro, mentre scrivevano il comunicato stampa della NASA per una spettacolare osservazione compiuta poche ore prima dal satellite Swift, ma sono certo che stavano pensando proprio questo. D’altronde non capita tutti i giorni di scrivere un comunicato in cui si parla della scoperta dell’esplosione più energetica registrata fino a quel momento nella storia dell’astronomia e insieme si rende omaggio a uno dei più importanti scrittori di fantascienza di tutti i tempi.

Di che cosa parlava, quel comunicato rilasciato dalla NASA il 20 marzo 2008 (1)? Di due fatti avvenuti il giorno prima, fra loro scorrelati, tuttavia legati da una coincidenza temporale che definire suggestiva è poco.

Il 19 marzo 2008, alle ore 6.12 di tempo universale, le 7.12 dei nostri orologi, il satellite Swift della NASA osservò un fenomeno celeste davvero particolare: un Gamma Ray Burst (GRB) ovvero un’emissione improvvisa di raggi gamma, proveniente da una zona così distante del cosmo che si calcola che quel lampo di energia abbia impiegato oltre sette miliardi di anni a raggiungere la Terra.
Il segnale arrivò dalla direzione della costellazione di Boote. L’osservazione catturò istantaneamente l’attenzione di tantissimi astronomi in tutto il mondo, fra cui anche molti italiani (2) al lavoro con il satellite in orbita e con telescopi sulla superficie terrestre, subito puntati verso la misteriosa sorgente appena il sistema automatico diffuse l’allerta.
Tre caratteristiche resero questa osservazione indimenticabile per i ricercatori e gli appassionati di fantascienza — due insiemi che, come vedremo, hanno un’ampia sovrapposizione tra loro.
La prima caratteristica riguarda la scienza. Come suggerisce il nome, l’emissione di un GRB è concentrata soprattutto nella banda dei raggi gamma dello spettro elettromagnetico ma ad essa è associata anche la produzione di onde elettromagnetiche di altro tipo, compresa la luce. Ebbene, quel GRB fu così potente da essere visibile a occhio nudo, per una trentina di secondi, come una debole stellina di quinta magnitudine. La vista umana, in condizioni ideali di osservazione, coglie fino alla sesta magnitudine. Mai nessun GRB osservato dalla Terra aveva raggiunto questa intensità nel visibile e mai nessun altro sembra averla più raggiunta (magari è capitato, ma ce lo siamo perso). Se una persona avesse saputo dove guardare, con il cielo terso e buio, la sua retina avrebbe captato, senza bisogno di strumenti, alcuni fotoni emessi ben prima non solo della nascita di Homo Sapiens, ma addirittura della formazione dell’intero Sistema Solare. Non risulta che qualcuno l’abbia notato – sarebbe stato un incredibile colpo di fortuna, aguzzare la vista al momento giusto e nel posto giusto! – ma telescopi automatici l’hanno fatto per noi. La luce che compare al centro dell’animazione visibile in questa pagina web (3) è proprio quel lampo gamma, ripreso dal telescopio del progetto a guida polacca «Pi of the Sky» al Las Campanas Observatory, nelle Ande cilene.
La seconda caratteristica è spaziale e terrestre allo stesso tempo. Il fenomeno fu catalogato come GRB 080319B, nome tecnico non particolarmente affascinante, che indica che fu il secondo GRB captato da Swift il 19 marzo 2008 (data indicata con anno, mese e giorno). Dopo la rivelazione dell’incredibile lampo gamma, giunse la notizia della morte di Arthur C. Clarke, il famoso autore britannico di fantascienza, noto al grande pubblico per «2001: Odissea nello spazio». Agli astronomi e astrofisici avidi lettori delle sue opere non sfuggì che fra i suoi racconti più famosi c’è «La stella» che narra le conseguenze della violenta esplosione di una stella per gli abitanti del pianeta che le orbita attorno e per i terrestri (nessun spoiler, se non l’avete mai letto ovviamente consigliamo di farlo). Proprio l’esplosione di una stella molto più massiccia del Sole, con la possibile formazione di una stella di neutroni o di un buco nero, era una delle spiegazioni dell’origine di GRB 080319B. Sembrava quasi che l’universo avesse voluto salutare l’autore accendendo un astro apposta per lui, anche solo per una manciata di secondi. Per questo allora e ancora oggi, informalmente, in barba a ogni regola e denominazione ufficiale, per tanti studiosi GRB 080319B è conosciuto come «Clarke Event», l’evento di Arthur Clarke.

La terza caratteristica è la classica ciliegina sulla torta. Quel giorno Swift registrò in tutto quattro GRB, compreso l’evento di Clarke, e questo all’epoca stabiliva il record del satellite (in media c’è un GRB al giorno, grossolanamente parlando). Troppo anche per i paludati comunicati della NASA, all’epoca contraddistinti da un rigore e da uno stile formale molto più di quanto non si usi adesso, con il linguaggio della comunicazione istituzionale rivoltato come un calzino dall’era dei social. Di fronte a tutte queste coincidenze, Harrington, Naeye e Gutro decisero di chiudere il comunicato dando la parola non a un professorone affermato, com’era tradizione, bensì a una giovane dottoranda in astrofisica della Pennsylvania State University, Judith Lea Racusin, evidentemente appassionata di fantascienza quanto di raggi gamma: «La scomparsa di Arthur C. Clarke sembra aver fatto fare fuoco e fiamme all’universo».
Ricordate la famosa citazione da
The Hollow Men di T.S. Eliot? «È questo il modo in cui finisce il mondo / Non con uno schianto ma con un gemito» (“Not with a bang but a whimper”). Mi perdoni il Poeta se anch’io lo cito a sproposito, ma nel caso di Arthur Clarke forse il cosmo ha voluto fare un’eccezione.
(1) “NASA Satellite Detects Naked-Eye Explosion Halfway Across Universe”, https://www.nasa.gov/centers/goddard/news/topstory/2008/brightest_grb.html
(2) “A Burst to See. Observing the distant Universe with the unaided eye”, https://www.eso.org/public/news/eso0808/

(3) “Pi of the Sky” observation of GRB 080319B – the brightest ever gamma ray burst”, https://web.archive.org/…/highlights/grb080319b_normal/

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

 

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Un commento

  • Andrea Ettore BERNAGOZZI

    AGGIORNAMENTO: https://www.facebook.com/osservatorioastronomicovalledaosta/posts/5171874912883273

    Qui trovate un altro spettacolare video dove la ripresa del lampo gamma nella luce visibile è affiancata anche alla misura della sua variazione di luminosità nel tempo. Detto così non sembra granché, ma vi assicuro che guardando la “stellina” accendersi e spegnersi, mentre il grafico va su e giù ora che da brillante poi si affievolisce, io mi sono emozionato — ma sono di parte, sia come ricercatore, sia come appassionato di fantascienza.

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