LIbera nos a Balo – di Mark Adin

Non ho certo niente contro Balotelli come calciatore, e figuriamoci come persona. Non mi ha mai interessato lo sport del calcio, non ne capisco nulla, non comincerò proprio adesso a esserne competente. Mi piace invece il gioco di squadra applicato non solamente allo sport, e forse per questo mi sembra che Supermario, come altri grandi campioni, rappresenti bene il tratto pericolosamente individualista di una parte di noi: bravo, eclettico, e poco incline a pensare al bene comune. Disponibile ed esigente nel chiedere palla, un po’ meno interessato a lanciare un compagno. Sogna di pensarci lui, incasinandosi in dribbling impossibili rischiando di perdere palla; pensando, pur con generosità nello spendersi fisicamente, di concludere una personale battaglia. In campo c’è lui e il portiere avversario, gli altri non contano. Quando segna getta la maglia a terra nel gesto, forse inconscio, di rifiutare l’insegna comune, per mostrarsi nella sua assoluta individualità, per non condividere.  La sua immagine è composta in una posa che sfiora il grottesco, con la muscolatura contratta in una figura da body builder che traspare uno scampolo di delirio di potenza. E’ la sindrome dell’attaccante che vuole intestarsi la vittoria apponendo la sua firma personale e distinguendosi dagli altri. Quanta diversità di comportamento rispetto al difensore sgobbone e silenzioso! Certo, a noi piace il campione che segna, ci immedesimiamo, è lui l’eroe, in lui ci identifichiamo. Quando la squadra vince, sembra sia merito soltanto di chi fa il goal, non del collettivo. Sulle pagine dei giornali, nei titoli, c’è posto unicamente per il nome di chi mette dentro la palla. Quando perde, è tutta la squadra che perde.

Il generale vince le battaglie, ma i soldati ci mettono il sangue e la vita. Eppure sulle pagine dei libri di storia compare il suo nome, quelli dei soldati riempiono soltanto i cimiteri.

Bello sarebbe se Balo se ne rendesse conto, di essere un privilegiato, di essere l’uomo al quale tutti i compagni si affidano per mettere il pallone nella rete: spetta  a lui, al suo indiscutibile talento, andare a concludere. Si ricordi però che quel pallone gli arriva dalle retrovie, è stato lavorato, conteso agli avversari, sudato con altrettanta bravura. Pensi che le volte che non riesce a segnare è per i compagni un tuffo al cuore, uno spreco di lavoro duro, un rendere vana la fatica di tutti.

C’è qualcosa di familiare nel comportamento di Balotelli, di quel grande campione che è, qualcosa che ci riguarda, che ci assomiglia.  E’ la tendenza a credere di essere sempre in grado di poter fare a meno degli altri, di pensare che siano importanti solo coloro che segnano i goal, quelli che contano, che hanno successo. Mi chiedo se, dietro questo modo di pensare, non si celi, in un certo senso, anche il bisogno, molto italiano, dell’uomo della provvidenza, del singolo che in quattro e quattr’otto risolva, che ci allontana così distruttivamente dalla buona politica, nella quale non si può dimenticare che il leader è importante soprattutto perchè ha il compito di esprimere la sintesi delle istanze che provengono dal basso. In un momento come l’attuale, in cui la base rinuncia a essere parte attiva, a partecipare, per usare una metafora calcistica “manco esce dagli spogliatoi”, ecco che il leader diventa una risposta pericolosa per la politica.  Si trasforma in attaccante che, non ricevendo palla, vuole fare tutto da sè, con il quale è ben difficile vincere la partita: non ci può essere vittoria, nè per sè stesso, nè per la sua squadra.

Per questo sarei contento se il grande Balo, diventando adulto, si rendesse conto di essere sì la parte preziosa della squadra, ma  di non essere niente senza di essa. Si sentirebbe molto meno solo anche quando qualche merda gli tira in campo le banane.

Pensaci Balo, e passa ‘sta palla, non sei l’Unto del Signore. Altri, prima di te, son “scesi in campo”, e abbiamo visto come è andata a finire.

Mark  Adin

Redazione
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2 commenti

  • Gli Europei sono solo una moderna versione di panem et circenses. Per qualcuno, data la crisi, un po’ meno panem, ma i circenses ci sono tutti, guai se non ci fosse sta droga collettiva, il loto dell’oblio, capace di far dimenticare il mutuo impagabile o le cambiali in scadenza. E ogni due anni c’è pure la dose di richiamo. Certo non hanno problemi di panem gli undici semidei strapagati che in quel contesto rappresentano la Nazione. I loro difetti fanno tanto personaggio. Balotelli, senza le sue cavolate, non sarebbe più lui. Se Cassano dovesse “pensare a quel che dice”, sarebbe un Cassano dimezzato. Ci scandalizziamo perché sono pagati cifre iperboliche? Ma fanno audience! La gente fa ressa per vederli, sfida l’incolumità nei campi di battaglia che sono gli stadi. Regredisce intellettualmente ad un livello primordiale, di quando gli ominidi si dipingevano il corpo. È la maggioranza che lo vuole, è come se lo volesse dio, e ogni buon democratico deve adeguarsi. In fondo, i due gol che Balotelli ha inflitto alla Germania (nb: non alla squadra tedesca, ma alla Germania!), ci hanno ripagato ad usura dei calci nel sedere che ci siamo presi ultimamente dalla Sig.ra Merkel & soci. Caro Mark, chi vuoi che pensi alla nostra situazione politica, agli unti del Signore che risorgono dopo sei mesi? (non erano tre giorni?), o all’abdicazione della classe politica eletta con il porcellum, di fronte ai cosiddetti tecnici chiamati pericolosamente a fare il lavoro sporco? Troppo pochi. Viva l’Italia.

  • Mark, condiviso su fb, con gran successo di pubblico: a tutti i miei amici è piaciuto molto

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