Lidia Menapace sulla violenza

Ecco il mio dire. Innanzitutto non è lecito, massime da parte di cattedratiche, mettersi a pontificare come se inventassero il mondo, su cose sulle quali vi è una ricca e aggiornata bibliografia. Se c’è comunque un tema che non ha bisogno di propaganda è quello della violenza, che dilaga ovunque.

Secondariamente, ho sempre considerato la Resistenza, come i grandi fenomeni storici, col suo oro e il suo fango. Quando vi entrai nel 1943 dichiarai che non volevo portare armi e non fu una scelta eroica, anzi  avevo paura di farmi male da sola. Mi presero lo stesso e dopo qualche mese mi chiesero se volessi essere addestrata: dissi che non volevo imparare a sparare nella pancia di nessuno e feci una scelta più consapevole. Tra le cose che facevo vi era anche di portare plastico per attentati a ponti o ferrovie. Noi facevamo saltare ponti o binari per impedire che le truppe nazi dilagassero. Facevamo saltare quando non vi era nessuno che vi passasse sopra e il passaggio restava interrotto. Mentre i bombardamenti aerei facevano molte vittime e spesso lasciavano in piedi le strutture. Ricordavo l’ammirazione di mio padre dalla prima guerra mondiale che parlava di quelli che non portavano armi e andavano come portaferiti a cercare le persone fra le trincee e i reticolati, che gridavano di male e disperazione. Naturalmente durante il regime venivano invece detti vigliacchi perché inermi e la Chiesa anche li attaccava perché l’obiezione di coscienza era tipica di protestanti. Alla fine mi congedarono (congedo illimitato assoluto col brevetto  di partigiana combattente, col grado di sottotenente). Tutto questo è oro. Una mia compagna di classe che era una fascistona fu fucilata senza processo dai partigiani: forse era stata lei che aveva denunciato un giovane renitente ai bandi di Graziani,  che fu poi trovato morto, orribilmente torturato. La fucilazione e per di più senza processo, questo è fango; e ancora non mi sono data pace con quell’orrendo episodio. Non  si può transigere con la violenza che è inquinante e  infettiva, non si possono trovare connessioni e mediazioni.

UNA NOTA PER INQUADRARE QUESTO INTERVENTO

La lettera di Lidia Menapace era indirizzata originariamente a una rete di donne ma siccome concerne la discussione nata dall’intervento di Monica Lanfranco (che è anche in blog) un’amica mi chiede di inserirla qui. Lo faccio volentieri perché lo considero un contributo importante per tutte/i anche se ho l’impressione che, nel nostro caso, Menapace abbia letto solo gli interventi delle altre donne. Per quanto riguarda codesto blog il post di oggi si colloca in una discussione aperta da «Non c’è mai una violenza giusta» di Monica Lanfranco (in connessione o meglio in contrapposizione con quanto Luisa Muraro ha scritto su «Via Dogana»); di seguito la mia risposta «Sullo stesso piano chi aggredisce e chi si difende?», poi «Il limite, la violenza» di Giancarla Codrignani, «Violenza, risposta a Monica Lanfranco» di Mauro Antonio Miglieruolo, «Violenza: mi sono persa qualcosa» di Rosangela Pesenti. Come forse avete visto nel blog (e immagino anche altrove) e come spesso accade parlando della violenza – o dovremmo dire delle molte facce che la violenza assume? – si stanno sovrapponendo discussioni su temi diversi se pure intrecciati fra loro; questo non mi pare necessariamente un male a condizione che tutte/i facciamo uno sforzo per tener conto delle esigenze (che sono sofferenze, dubbi, disaccordi ma io spero anche esperienze positive, proposte, voglia di capire) che altre/i portano. Perciò mi permetto di fare tre raccomandazioni a chi vorrà dire la sua in blog: la prima è appunto di tener conto (nei limiti del tempo) delle obiezioni e delle domande di chi è già intervenuta/o, anche perché mi parrebbe una (piccola) violenza l’essere sordi alle ragioni degli altri o delle altre e/o alle loro risposte; la seconda di non soffermarsi su questioni secondarie ma su quelle centrali…. che già sono complicate assai; infine di tenere conto che codesto è un blog affollato e dove si parla di questioni molto diverse, dunque di scrivere in modo comprensibile senza dar per scontati riferimenti che magari sono ovvii altrove ma qui no. Di nuovo grazie. (db)

Redazione
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4 commenti

  • Emotivamente approvo l’intervento di Menapace. Mi fossi trovato nelle stesse circostanze in cui si è trovata a operare lei probabilmente avrei fatto le medesime scelta, che considero particolarmente coraggiose.
    Occorre anche sottolineare però che in tanto ha potuto entrare nella resistenza con le modalità che ha ben descritto in quanto altri ha fatto scelte diverse dalle sue. Perché altri si è sporcato le mani.
    Ritengo che Menapace abbia ben chiaro questa verità. Infatti non ha speso parole contro i metodi dei suoi compagni di lotta. Ha difeso le proprie. Una sola parola contro: per condannare un episodio di giustizia sommaria, che in quanto sommaria con la giustizia ha poco a che vedere, essendo invece puro furore di vendetta. Comprensibile, ma non giustificabile.
    Se ne può trarre forse una morale. Che il nemico, anche se sconfitto, ottiene una piccola vittoria quando riesce a trascinarci oltre la nostra umanità. A quest’ultima occorre fare appello per non dimenticare chi siamo noi e chi sono loro. Non rifiuto della resistenza all’aggressione, dunque, ma il mantenere ben saldi i principi di civiltà che ci contraddistinguono. Mantenersi Donne e mantenersi Uomini, tali anche dopo essere stati perseguitati e feriti.

  • Lo ridico: ho grandissima stima per Lidia Menapace, per il suo pensiero ma ancor più per quel che ha fatto in una lunga, degna vita.
    Siccome però lei invita giustamente alla coerenza, devo ricordare come sia difficile: in Parlamento votò (con quasi tutta Rifondazione) perchè l’Italia prendesse parte alla missione di guerra – travestita da pace – in Afghanistan.
    Colpa del partito? Il male minore (davvero?) per non far cadere un governo che in ogni caso faceva schifo? Un periodo di incoerenza?

  • nello scorrere degli interventi ho perso di vista cosa si intenda con “violenza”. Menapace, per cui appoggio la nota di DB, pone la distinzione tra colpire le cose (ponti e via dicendo) e colpire le persone. Allora i black block a Genova erano contro la violenza: non si scontrarono fisicamente ma distrussero simboli, cose. Ma allora come distinguiamo: far saltare i ponti per fermare i nazisti è cosa utile e giusta, distruggere un bancomat simbolo dell’infame sistema è solo un atto simbolico che non incide, non blocca i flussi di denaro, sta in questo la sua violenza?
    Incazzarsi e lanciare una pietra dopo che ti sparano lacrimogeni che ti fischiano vicino all’orecchio perché tirati ad altezza d’uomo è violenza? sicuramente inutile perché i robocop, pecorelle, sono ben riparate nelle loro moderne armature, sta in questa inutilità la violenza?
    Sono cresciuto tra simpatiche risse e mi sono convinto della necessità della nonviolenza dopo i ventanni ma sono rimasto alquanto schifato dalle proposte di diversi movimenti sedicenti nonviolenti che si fanno mantenere con i soldi di partiti guerrafondai, invitandoli magari a marciare mentre i loro bombardieri fanno saltare per aria petrolchimici (in un sistema non orwelliano si chiamerebbe guerra chimica, un crimine) oppure invocano l’intervento violento della polizia contro i violenti.
    Menapace dice, giustamente, che fucilare senza processo è un abominio, e non dimentichiamo che a un certo punto fu dato l’ordine di farlo in caso si sospettasse uno di essere una spia. Sono nato e cresciuto in una zona partigiana, la maggior parte delle vie del paese sono intotolate a lor e diverse iniziano con “fratelli” e poi un cognome. Sono cresciuto sapendo che erano state commesse barbarie e il mio dubbio è sempre stato se sia più violento fucilare senza processo o uccidere un dittatore in un momento di scontro brutale oppure non farci i conti dopo, analizzando ciò che è successo e prendendo una via di mediazione.
    nonviolenza, per come ho capito, significa un atto estremo di coraggio di disobbedienza, si bassa sul fatto che non possono fucilare tutti per cui se tutti disubbidiscono prima o poi devono smettere di fucilare e arrendersi. Chi si offre per primo?
    miii che lungo, scusate

  • Francesco Cecchini

    Non entro in merito al tema della violenza, non bastano poche righe di un commento. Comprendo anche che Dio e’ violent di Luisa Muraro e’ stato letto, quindi sull’argomento si e’, per lo meno aggiornati.
    .E’ troppo facile ricordare che il nazifascismo e’ stato sconfitto coplendo non solo le cose, ma anche il nemico.
    Menapace ex staffetta partigiana e’ ancora sconvolta dalla fucilazione senza processo di una delatrice fascista sua ex compagna di scuola. Un episodio in una vicenda che non e’ stata un pranzo di gala, ma una lotta di liberazione.
    La non violenta Menapace, coerentemente, dovrebbe non dormire la notte per i morti uomini, donne e bambini, causati dalla missione di guerra dell’ Italia in Afganisthan, voluta da un governo che lei appoggiava.
    E vergognarsi anche ( dovrebbe).

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