“L’incidente” del 25 settembre 1920

Si fa presto a dare dell’assassino a Fritz Lang

di Fabio Troncarelli

Il 25 settembre 1920, dopo le sette di sera, fu trovato a Berlino il corpo di una giovane ebrea lituana, uccisa da un colpo di pistola al petto. Il corpo giaceva nel bagno di una casa, non certo di lusso, al numero 1 della Tharandter Strasse nel quartiere di Wilmersdorf, nella parte sud della città.

Si chiamava Elizabeth Rosenthal ed era probabilmente la moglie di una “leggenda del cinema”, il grande regista Fritz Lang, allora trentenne e ancora semisconosciuto.

Ho scritto “probabilmente” perché il certificato di matrimonio fra i due non è stato ritrovato: né negli archivi comunali di Berlino, né nei registri dello stato civile della comunità ebraica della città (Landesarchiv Berlin, Rep. 120-01). E’ possibile che i due si fossero sposati altrove, per esempio a Vienna dove Lang era nato e dove la coppia abitò per qualche tempo al numero 1 della Zeltgasse, nello stesso palazzo dove abitavano i suoi genitori, il cattolico Anton Lang e Paola Schlesinger, nata ebrea, ma poi convertita al cattolicesimo. Tuttavia, anche in questo caso non esiste alcuna documentazione del matrimonio, tranne una sibillina allusione in un documento dell’Anagrafe di Vienna, che definisce la Rosenthal «moglie di un regista», senza risolvere il problema, perché chi viveva more uxorio spesso faceva credere di essere regolarmente sposato, per evitare pettegolezzi. In ogni caso, anche se Lang non fosse stato giuridicamente sposato con la Rosenthal, era stato comunque suo amante e convivente, abitando per un certo periodo nella stessa casa dove fu ritrovato il corpo1.

Ci piacerebbe sapere qualcosa di più di questa vicenda che riguarda un grande artista come Lang, ma purtroppo le informazioni in nostro possesso sono scarse. Il verbale della polizia non si è conservato e non sappiamo molto dell’accaduto: non sappiamo ad esempio chi abbia trovato il cadavere, chi e quando abbia chiamato la polizia e neppure tutto quello che è successo, a parte qualche dettaglio, come il fatto che la pistola usata, una Browning calibro 9, fosse l’arma di ordinanza di Lang durante la Grande Guerra; che l’ora della morte fu fissata alle 19; che il corpo fu sepolto nel cimitero ebraico di Berlino di Weissemesser, il primo ottobre 1920. Nonostante la mancanza di notizie o forse proprio a causa di tale mancanza, la fantasia di molte, troppo persone si è scatenata nel corso degli anni, ingigantendo l’episodio e trasformandolo in un’autentica tragedia greca, cui manca solo il coro.

Proviamo a riassumere una matassa ingarbugliata di affermazioni, confutazioni, insinuazioni.. Innanzi tutto bisogna ricordare che vi sarebbero stati pettegolezzi e commenti fra amici e conoscenti della coppia. Dico “vi sarebbero stati” perché anche di tali dicerie sappiamo poco. In altri termini, a parte il caso di due amiche della donna uccisa, che avrebbero insinuato una che Lang era un violento e l’altra che la Rosenthal, molto allegra il giorno dell’incidente, non sembrava incline al suicidio, per il resto non abbiamo testimonianze dirette ed esplicite di altri personaggi che conoscevano la coppia. Possiamo solo fare qualche deduzione a partire da ricordi contraddittori di amici o conoscenti del regista, che dopo anni di assoluto silenzio avrebbe ammesso, a mezza bocca, un qualche suo coinvolgimento nella morte della Rosenthal2.

La “confessione” più chiara sarebbe questa: Lang e la sua nuova amante, Thea von Harbou, si stavano baciando appassionatamente sul sofà dell’appartamento di Tharandter Strasse, quando improvvisamente sarebbe tornata a casa la Rosenthal. Ci sarebbe stata una violenta scenata. Poi la Rosenthal, piena di rabbia, si sarebbe chiusa in bagno. Subito dopo si sarebbe sentito un colpo di pistola. Lang e la von Harbou sarebbero riusciti ad aprire la porta e avrebbero trovato la giovane riversa a terra, in una pozza di sangue, con la pistola in mano. I due, profondamente scossi, avrebbero cercato di ritrovare la calma, prendendo tempo e bevendo qualcosa. Dopo un bel po’ si sarebbero decisi a chiamare la polizia e avrebbero atteso l’arrivo degli agenti. Rispondendo alle loro domande avrebbero omesso di raccontare la lite avvenuta e avrebbero detto solo di aver trovato la donna morta, confermando l’uno la deposizione dell’altro. La polizia avrebbe creduto alla coppia e avrebbe chiuso le indagini, valutando l’episodio come “un fatale incidente”, senza neppure alludere all’eventualità di un suicidio.

Questa versione dei fatti sarebbe stata fornita dallo stesso Lang, a una persona che conosceva appena, l’attore Howard Vernon (pseudonimo dello svizzero Mario Lippert) che avrebbe poi rivelato tutto in un’intervista3. Lo stesso Vernon avrebbe aggiunto, in un’altra intervista, che Lang aveva in mano un documento riservato della Polizia di Berlino del 1934, nel quale si diceva che egli era rimasto “impunito” per la morte della Rosenthal. Il regista aveva letto attentamente il documento perché lo aveva accluso o pensava di doverlo accludere alla domanda per avere il visto di ingresso negli Stati Uniti.

La testimonianza di Vernon, che confermava i sospetti delle amiche della Rosenthal, è stata presa per buona da tutti e addirittura confermata indirettamente da mezze allusioni fatte da Lang ad altri suoi amici, come Lotte Eisner4. Di conseguenza, tutti si sono scatenati, integrando il racconto del regista in vario modo, allo scopo di risolvere finalmente l’enigma. Secondo alcuni la Rosenthal si sarebbe suicidata e Lang sarebbe stato incredibilmente cinico, evitando di rivelare particolari compromettenti. Secondo altri la Rosenthal sarebbe stata addirittura assassinata da Lang e la polizia avrebbe taciuto, per le pressioni di qualche potente personaggio che cercava di salvaguardare il buon nome del più grande regista tedesco e della cinematografia germanica, che ambiva a competere da pari a pari con Hollywood. Qualcun altro, a sua volta, ha insinuato il dubbio che Lang abbia provocato accidentalmente la morte della Rosenthal, cercando di strapparle la pistola e tutti avrebbero chiuso un occhio su questa storia penosa. Altri ancora hanno lasciato in sospeso il giudizio su questa morte misteriosa, affermando che essa getta, comunque, un’ombra sinistra sul regista.

Nessuna di queste ipotesi, tuttavia, è risultata pienamente convincente e il problema è rimasto sotanzialmente irrisolto. Per questo motivo non è mancato chi ha pensato che la finzione artistica potesse giungere dove la ragione non era riuscita ad arrivare: il noto studiososo di cinema Paolo Bertetto, ad esempio, ha scritto un giallo ispirato alla vicenda, che collega la morte della ragazza ebrea a quella dell’ebrea, rivoluzionaria Rosa Luxemburg, nel clima di accanito antisemitismo della Berlino di allora5. Altri sono andati ancora più oltre. Il regista Gordian Maugg ha girato nel 2016 un’incredibile, anzi inqualificabile docu-fiction6, che dimostra come Lang non solo abbia assassinato la moglie ma sia stato addirittura un serial killer, come mostrano i suoi film che descrivono assassini seriali con una precisione che può avere solo chi conosce personalmente il loro modus operandi

Peter Lorre in “M. Il mostro di Düsseldorf” di Fritz Lang

Bene. Vediamo di capirci qualche cosa.

Punto primo: anche un bambino si rende conto che la testimonianza di Vernon è una bufala. Eppure nessuno lo ha detto. Perché sostengo che è una bufala? Ma perché se uno vuole chiedere il visto per gli Usa non presenta alle autorità statunitensi un documento che lo accusa di omicidio. Non solo non lo presenta ma non ci pensa neppure un secondo a presentarlo. E poi, questo fantomatico documento come fa ad averlo in mano? Senza contare che sarebbe stato datato 1934, quando in Germania ormai c’era Hitler al potere: visto che Lang era fuggito clamorosamente proprio dal regime nazista qualunque documento nazista che lo riguardi non conta un fico secco.

E ci fosse solo questo. Nel 1920 Lang non abitava più insieme alla Rosenthal ma viveva ormai con la von Harbou, in una grande villa a sette chilometri di distanza da lei, in Siemens Strasse 52-54 nel quartiere periferico di Lankwitz7. Perchè mai avrebbe dovuto scegliere di fornicare, a tarda ora, con la von Harbou nel salotto della vecchia casa dove non abitava più e dove c’era la sua ex-compagna, quando aveva tutto lo spazio e la riservatezza che voleva nella sua nuova abitazione a Siemens Strasse?

La testimonianza di Vernon è fasulla. Del resto, egli non era un amico di vecchia data di Lang, come la Eisner, ma solo un suo conoscente perché aveva recitato in un suo film nel 1960. Non si capisce per quale ragione il regista avrebbe dovuto fargli confidenze così compromettenti, mentre si capisce benissimo perché un attore di modesta fama come Vernon abbia cercato notorietà vantando rapporti inesistenti. Comunque, anche ammettendo che Lang abbia veramente detto quello che Vernon gli attribuisce, non va dimenticato (cosa che tutti hanno invece fatto) che il regista raccontava spesso e volentieri un sacco di balle. Per esempio confessò a due conoscenti, Dan Seymour e Cornelius Schnauber, di essersi sposato in gran segreto a Palm Spring con Lilly Latte e di aver chiamato, subito dopo il matrimonio presso l’ufficiale civile, un rabbino a casa sua per santificare l’unione, fuggendo a Las Vegas per evitare giornalisti e curiosi: tutte bugie, delle quali non c’è la minima traccia nei registri comunali o negli alberghi di California e Nevada! I biografi del regista considerano queste notizie “pura leggenda”8. Che cosa vieta di pensare che anche quello che Vernon afferma di aver saputo sulla morte della Rosenthal sia un’altra “leggenda”?

Ricominciamo da capo, dunque.

La strana morte della Rosenthal fa nascere molti interrogativi. Il primo è questo: perché la morte è stata giudicata un incidente e non sono state svolte ulteriori indagini? Che la morte sia stata giudicata “incidente” lo sappiamo dal referto del medico legale che si è conservato. Quanto alla polizia, anche se non abbiamo il verbale dell’inchiesta, è chiaro che non ha avuto dubbi su questa valutazione: lo possiamo dedurre con sicurezza dal fatto che il corpo della donna fu portato subito in una morgue al numero 6 di Charlotte-Sophie Strasse e fu lasciato lì fino al primo ottobre, contrariamente a quanto avveniva di solito. Infatti normalmente le vittime di omicidio o di morti sospette erano sottoposte ad autopsia nella Clinica della Charité, che lavorava in accordo con la polizia berlinese, ancora non dotata di una “Sezione Scientifica” autonoma. Inoltre il 28 settembre la polizia diede l’autorizzazione alla sepoltura, con un documento timbrato Regia Polizia Prussiana, in spregio alla neonata Repubblica di Weimar, nel quale si affermava che non c’erano ragioni di ritardare l’inumazione e di procedere con ulteriori indagini. Non ci sono dubbi, di conseguenza, che il caso sia stato chiuso senza alcun approfondimento dalla polizia. Perché?

Esaminiamo le ipotesi possibili. La prima è quella che la polizia abbia coperto un omicidio. E’ chiaro che un’ipotesi del genere può riscuotere un ampio successo presso il vasto pubblico, sempre attirato dai lati morbosi degli artisti. Meno chiaro è il fatto che abbia riscosso altrettanto successo fra intellettuali e storici del cinema che dovrebbero essere un tantino meno ingenui e primitivi dell’uomo comune.

Consideriamo quest’eventualità con animo sgombro da pregiudizi. L’idea di un’incredibile omertà dei poliziotti per proteggere un assassino è decisamente poco credibile. Del resto, essa è stata già in gran parte smentita dalla monumentale raccolta di documenti sul regista fatta nel 2001 da Aurich e dai suoi collaboratori. Essi hanno infatti osservato che all’epoca dei fatti Lang non era ancora divenuto il grande regista che fu in seguito e non aveva alcuna influenza o prestigio. L’aristocratica Thea von Harbou godeva di una fama maggiore del suo compagno ma era a sua volta una figura di secondo piano nel panorama culturale e sociale del tempo. L’unica persona vicina a Lang, che avesse un certo potere, anche se non illimitato, era il produttore di cinema e impresario teatrale Erich Pommer: tuttavia al momento dei fatti egli era ad Amsterdam e non poteva esercitare alcuna pressione. Senza contare poi che era ebreo, in un’epoca di violento antisemitismo e questo limitava in partenza le sue possibilità.

L’ipotesi della congiura tra Lang e le forze dell’ordine è inverosimile anche per altre ragioni. Chi si compiacesse di immaginare una cosa del genere dovrebbe spiegare come mai una simile cospirazione possa essere stata messa in piedi in quattro e quattr’otto. Il referto medico venne fatto subito e fu subito accettato da chi conduceva le indagini, cioè da un ufficiale responsabile. Oltre a lui sulla “scena del delitto” c’erano verosimilmente diversi agenti. Come si poteva ottenere il silenzio e la complicità di tante persone in un battibaleno?

A parte questo va considerato che passarono sei giorni dalla morte alla sepoltura e nessuno aprì bocca. E’ credibile che tutto un commissariato sia stato messo a tacere e ciascuno abbia serbato un silenzio a prova di bomba per una settimana, rischiando la carriera e la prigione, solo per fare un piacere al semisconosciuto Lang? Una simile omertà fa pensare a Cosa Nostra non alla rigidissima polizia di Berlino, che come abbiamo visto ancora si autodefiniva “Regia”, con orgoglioso anacronismo, neanche fossimo ancora ai bei tempi del Kaiser e del pugno di ferro contro malavita, anarcoidi e comunisti.

Dobbiamo dunque scartare l’ipotesi di una collusione fra i poliziotti nostalgici dei bei tempi di Bismarck e un regista “sovversivo” che viveva nel peccato con una donna di dubbia fama ed era amico dei “degenerati” della Berlino di Bertolt Brecht e Kurt Weill.

Consideriamo la seconda ipotesi: la Rosenthal è morta casualmente durante una colluttazione e l’assassinio preterintenzionale è stato mascherato da incidente da Lang e dalla von Harbou, ingannando tutti. Astrattamente la cosa è possibile ma in concreto è molto difficile da dimostrare. Innanzi tutto è evidente che non sono rimaste tracce della presunta colluttazione, visto che la polizia non le ha trovate. Anche ammettendo che la coppia diabolica abbia cancellato ogni traccia, prima di chiamare gli agenti, possibile che non abbia commesso nessuno sbaglio, improvvisando senza copione in una situazione imprevista? Quando si fanno le cose in fretta e furia, in preda all’ansia, è facile commettere errori e il mestiere dei poliziotti è individuarli.

A parte questo, come è stato osservato da Bernartd Eisenschitz, amico di Lang e studioso della sua opera, manca qualcunque traccia di uno scandalo legato alla vicenda nei giornali dell’epoca. Se ci fosse stato il sospetto di una morte procurata involontariamente dal regista o dalla sua amante, qualcosa sarebbe filtrato negli organi di informazione, sempre a caccia di scandali: invece tutti ripetono pedissequamente il giudizio della polizia.

Veniamo alla terza ipotesi: l’incidente. Per quanto possa apparire la più banale e possa deludere i patiti del sensazionalismo, sembra fino a prova contraria l’unica credibile,

Ragioniamo un attimo: se il medico legale e tutti i poliziotti presenti hanno affermato che si trattava di un incidente, una ragione ci doveva essere. La ragione è presto detta. Le ferite di arma da fuoco non sono tutte uguali e questo lo sanno bene i poliziotti abituati a trovare cadaveri colpiti da proiettili, soprattutto se appartengono a un’arma di ordinanza dell’esercito, che avrà lasciato le stesse tracce sui nemici uccisi durante la guerra appena terminata.

Il foro di entrata della pallottola si presenta in modo differente se il colpo è stato sparato stando dritti, davanti alla persona uccisa o stando in posizione obliqua. C’è anche differenza se il colpo arriva da lontano o da vicino: perfino nel caso di un colpo a distanza ravvicinata, c’è una vistosa differenza se la pistola è a cinque centimetri o se invece è a quaranta-cinquanta cm dal corpo.

E’ evidente che in un’indagine preliminare e in un referto medico-legale si debba tenere conto di tutto questo; altrettanto evidente che se ne sia tenuto conto anche nel caso della Rosentahl. Se la direzione del colpo, la distanza presumibile della pistola in rapporto all’alone intorno al foro e la posizione del corpo avessero indotto a escludere categoricamente un omicidio o la possibilità di un suicidio, l’unica conclusione possibile per gli inquirenti e per il medico sarebbe stata la constatazione di un fatale incidente.

Per quale ragione sarebbero stati esclusi omicidio e suicidio?

Partiamo dal referto medico, che è l’unico documento sull’episodio in nostro possesso: il medico legale afferma esplicitamente che il colpo viene esploso da una “insolita angolazione” (“ungewöhnliche Handstellung”) il che significa che sia il foro di entrata sia la posizione del corpo facevano chiaramente pensare a un colpo sparato obliquamente rispetto alla persona colpita. Cioè, detto in altre parole, che non ci fosse alcuna possibilità di attribuire lo sparo a una persona che sta davanti alla vittima. In questo caso si potrebbe pensare a un omicidio solo se vi fosse spazio suffciente a fianco della vittima: ma nel bagno, piccolo e stretto di una casa non lussuosa è molto verosimile che tale spazio non ci fosse.

Una volta esclusa la possibilità di un omicidio resta quella del suicidio. Tuttavia anche questa eventualità può essere facilmente esclusa: chi si uccide non si spara contorcendosi da una “angolazione insolita” ma ponendo la pistola diritta davanti al corpo e a distanza estremamente ravvicinata.

Eliminato omicidio e suicidio che cosa resta? Accettando il fatto che il colpo è partito da un’angolazione insolita si può pensare a un errore involontario della Rosenthal: per esempio alla possibilità che la donna abbia cercato di poggiare la pistola che aveva trovato in casa su un armadietto da bagno posto al suo fianco e senza volere abbia fatto partire un colpo.

C’è di più. Il medico sostiene, senza il minimo dubbio, che la morte è avvenuta alle 19. Una simile precisione non è certo attribuibile all’esame superficiale del corpo, senza neppure un’autopsia. E’ evidente invece che essa dipende da una fonte incontrovertibile, come ad esempio la testimonianza di un vicino che ha sentito il colpo o la presenza di un orologio rotto nel bagno, fermo alle 19, caduto insieme al corpo.

Se le cose stanno così si può capire che la polizia non abbia incriminato Lang e la sua compagna: se i due fossero arrivati nel palazzo dopo le 19 e fossero stati visti da qualcuno, come la portiera o un vicino, sarebbero stati automaticamente al di sopra di ogni sospetto. Che cosa andassero a fare nella casa resta un mistero e non sembra aver suscitato la curiosità di nessuno. In ogni caso, il problema non era quello ma l’interpretazione degli eventi. In base a quello che abbiamo detto l’ipotesi più verosimile era quella di un incidente: di fronte a una morte incomprensibile, avvenuta quando in casa non c’è nessuno, a causa di una pistola che appartiene a qualcuno che nella casa abitava e può essere stata trovata per caso, che ha sparato obliquamente rispetto al corpo, da una distanza diversa da quella che sarebbe logico attendersi in caso di suicidio, l’unica possibilità che resta in piedi è quella di una sfortunata fatalità.

Mi rendo conto che il mio ragionamento è deduttivo e si presta a molte critiche: d’altro canto bisogna anche rendersi conto che non esiste al momento una ricostruzione alternativa più credibile. In mancanza di meglio, ci sembra ragionevole attenersi al referto del medico legale e credere a qualcosa di plausibile, invece di immaginare complotti e congiure impossibili da provare.

Resta ancora da dire una cosa. Nessuno ha prestato la minima attenzione al medico legale. Si chiamava F. Perls. Con ogni verosimiglianza si trattava di Frederich Perls, detto Fritz9, un medico che conosceva personalmente Lang, non si sa bene a partire da quale data.10 La sua parabola umana lo porterà molto lontano dagli anni folli di Berlino e negli anni Sessanta diverrà, negli Stati Uniti, un Guru della guarigione dell’anima, celebre quanto Bob Dylan. Nel 1920 tuttavia, quando si limitava solo alla guarigione dei corpi senza occuparsi delle anime, era comunque un uomo fuori dal comune: eroe di guerra, credeva con ardore appassionato alla professione di medico, esercitata nei tempi drammatici che segurono alla rivoluzione spartachista e alla sua sanguinaria repressione. L’anticonformista Perls era ben conosciuto nei circoli intellettuali della città e in particolare nell’ambiente dello spettacolo, a cominciare dal grande Max Reinhardt, di cui era amico. Oltre a lui, Perls frequentava i migliori ingegni della Berlino del tempo, come il grande regista Ernst Lubitsch, il pittore Ludwig Meidner, il critico Alfred Kerr, la scrittrice Else Lasker-Schüller, il filosofo Martin Buber e il celebre filosofo Salomo Friedlaender, conosciuto con lo pseudonimo di Mynona. Tuttavia, nonostante la sua vita da bohèmien, non era affatto un uomo privo di princìpi e di moralità: non avrebbe scritto un referto se non ne fosse stato convinto.

Fritz Perls

Naturalmente è anche possibile che si tratti di un caso di omonimia e che il medico legale F. Perls non sia il Fritz Perls di cui stiamo parlando. Una cosa però è comunque sicura: chiunque egli fosse si trattava di un medico ebreo. Qualcuno che non avrebbe certo riscosso la simpatia di una polizia piena di personaggi ferocemente antisemiti e di reazionari che odiavano gli outsider, protagonisti della vita culturale della Berlino di allora. Come ha scritto Bocian: «Il forte antisemtismo… in quegli anni del dopoguerra sviluppò un’asprezza e un’aggressività senza precedenti»11. Sarebbe stato facile per un poliziotto antisemita accusare un medico ebreo, troppo compiacente, di complicità nell’omicidio commesso da un mezzo ebreo come Lang.

Anche questo rafforza l’idea che il referto medico sia stato redatto con scrupolo e che l’ipotesi di un incidente non sia stata formulata avventatamente.

Come spiegare allora l’ossessione del grande Fritz Lang per le figure di criminali, attanagliate da sensi di colpa? Per molte, troppe persone questa è la controprova evidente di veri e propri crimini commessi dal regista, come se un artista che parla di un delitto debba per forza riferirsi a un’ esperienza personale realmente accaduta. Contro questa visione paranoica dell’arte si è espresso con forza un autorevole studioso di cinema come Jean Loup Bourget: «L’importante non è il fatto che Lang “abbia ucciso sua moglie”: è che egli abbia avuto il sentimento di averla uccisa, di essere responsabile della sua morte.12

Se questo è vero e se tutti i criminali che pullulano nei film di Lang sono solo maschere, allegorie del suo senso di colpa, non sarebbe più giusto mettere da parte il morboso accanimento degli Inquistori e provare almeno una volta un sentimento di pietà?

Autoritratto di Fritz Lang da giovane

    MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

N O T E

Per tutte queste informazioni si veda Fritz Lang. Leben und Werk. Bilder und Dokumente. 1890-1976 (English, German and French Edition), a cura di Rolf Aurich-Wolfgang Jacobsen-Cornelius Schnauber- Filmmuseum Berlin–Deutsche Kinemathek , Berlin, Jovis, 2001, pp. 59-61.

2 N. Grob, Fritz Lang. “Ich bin ein Augenmensch“. Die Biographie, Berlin, Propyläen Verlag, 2014, pp. 82-85.

3 Ibid., p. 84.

4 L. H. Eisner, Ich hatte einst ein schönes Vaterland: Memoiren, Geschrieben von Martje Grohmann, Heidelberg, Wunderhorn, 1984. p. 114.

5 P. Bertetto, Autunno a Berlino, Casal Monferrato, Piemme, 2008.

6 Fritz Lang, Regia: Gordian Maugg / Sceneggiatura; Gordian Maugg, Alexander Häuser / Fotografia: Lutz Reitemeier, Moritz Anton / Montaggio: Florentine Bruck, Olivia Retzer / Scenografia: Fritz Günter / Musica: Tobia Wagner / Interpreti: Heino Ferch, Thomas Thieme, Samuel Finzi, Johanna Gastdorf, Lisa Charlotte Friedrich / Produzione: Belle Epoque Film / Origine: Germania / Anno: 2016 / Durata: 104 minuti. Presentato in concorso al festival di Roma del 2016.

7 Fritz Lang. Leben und Werk, p. 66.

8 P. McGilligan, Fritz Lang: the Nature of the Beast, New York, St. Martin’s Press, p. 473.

9 B. Bocian, Fritz Perls a Berlino 1893-1933. Espressionismo, psicoanalisi, ebraismo, Milano, Franco Angeli, 2012.

10 M. Shepard, Fritz. An intimate oortrait of Fritz Perls and Gestalt Therapy, New York, Dutton, 1975, p. 13.

11 Bocian, Fritz Perls, p. 125

12 J. L. Bourget, Fritz Lang ladykillers, Paris, PUF, 2015, p. 12.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *