L’ombra di Sandino nel Nicaragua orteguista

Le purghe si sono succedute a ritmo sempre più accelerato dal gennaio 2023 e hanno colpito decine di funzionari pubblici anche di alto livello: sindaci, ambasciatori, magistrati e ministri.

di Bái Qiú’ēn

Trincheras de ideas valen más que trincheras de piedra. (José Martí, 1891)

«Indipendentemente dai livelli di disinformazione che ha avuto chi ha partecipato alle proteste [dell’aprile 2018], evidentemente la motivazione di molti di loro è difendere i diritti del popolo, anche se lo hanno fatto in modo errato.

«In ogni caso, la responsabilità della loro disinformazione è nostra, del FSLN. I livelli di organizzazione e di azione politica del sandinismo sono decaduti negli ultimi anni, abbiamo trascurato la formazione politica e non abbiamo meccanismi efficaci per la selezione dei quadri tanto al livello politico partitico quanto al livello del governo.

«Dobbiamo essere umili, autocritici e coraggiosi, coerenti con i nostri princìpi. La nostra dirigenza non viene affatto aiutata dicendole che tutto sta andando alla grande, perché non è così e mai sarà così.

«Si commettono molti arbitri e abusi, molte ingiustizie e c’è disprezzo per il popolo e per i lavoratori al livello di molti funzionari dello Stato e compañeros che ricoprono cariche pubbliche.

«Questo crea un malessere che si accumula e basta una scintilla perché esploda».

Questa analisi critica è contenuta nell’articolo A consolidar el poder del pueblo y su vanguardia, el Frente Sandinista scritto a caldo da Carlos Fonseca Terán, figlio del fondatore del FSLN, molto prima che iniziasse la propaganda del supposto golpe blando e pubblicato il 20 aprile 2018.

In conclusione dell’articolo aveva scritto: «Gli eventi di ieri sera sono stati un campanello d’allarme. Questa è un’opportunità per superare gli errori e migliorare sotto tutti gli aspetti».

La realtà non è andata nella direzione auspicata da Carlitos Fonseca e dalla fine di luglio del 2026, sia lui sia la moglie sono agli arresti domiciliari e senza alcuna possibilità di comunicare con l’esterno della loro abitazione. Naturalmente questa detenzione non è stata ufficializzata: troppo difficile, se non impossibile, giustificarla agli occhi della militanza sandinista. Eppure, dal 2018 in poi Carlitos era stato uno dei più acerrimi sostenitori dell’orteguismo: «El diablo mal paga a sus devotos».

Per la cronaca, l’8 novembre u.s., alla cerimonia dell’anniversario della morte in battaglia di Carlos Fonseca Amador, il figlio Carlitos non era presente. Avrà ascoltato i vaneggiamenti di Rosario? «Carlos è la Rivoluzione, Carlos è il Fronte Sandinista, Carlos è la Mistica, lui è l’Ideologia, Carlos è la Memoria Storica, e Carlos è il Futuro di questo nostro Popolo, che deve essere un Futuro di Benessere, di più Diritti, di superamento di ogni povertà e di ogni precarietà, perché c’è anche povertà dell’Anima».

Neppure si hanno informazioni sui componenti sandinisti del gruppo Whatsapp «La Comuna» (coordinato appunto da Carlitos), arrestati con l’accusa di truffa e processati l’11 settembre (non si conosce la sentenza). Nel frattempo, il fratello minore di Daniel, Humberto, dopo alcuni giorni di arresti domiciliari non ufficiali e ufficialmente trasferito in una struttura sanitaria per problemi di salute, il 30 settembre è deceduto in un letto dell’Ospedale Militare. Pure lui aveva criticato con durezza taluni aspetti dell’azione politica governativa e Daniel lo aveva dichiarato «traditore dalla Patria».

Le purghe di sapore staliniano avviate nel gennaio del 2021, si sono succedute a ritmo sempre più accelerato (quasi sfrenato) dal gennaio 2023 e hanno colpito decine di funzionari pubblici anche di alto livello: sindaci, ambasciatori, magistrati e ministri (alcuni di loro sono stati persino incarcerati o espulsi dal Paese). Destituzioni e sostituzioni sono all’ordine del giorno e un semplice elenco sarebbe decisamente troppo lungo e di certo incompleto. Ciò che si pretende da loro non è la capacità politica o amministrativa, bensì soltanto l’assoluta e cieca lealtà a Daniel o a Rosario (ma non a entrambi contemporaneamente), l’obbedienza agli ordini dall’alto, «perché c’è anche povertà dell’Anima».

Non sono esenti nemmeno i sottoposti, puri e semplici passacarte: con la scusa di quello che da noi si chiamerebbe spending review, ossia un risparmio economico nella mastodontica macchina dello Stato, dal 7 agosto u.s. si sta attuando non soltanto il blocco delle assunzioni ma un crescente licenziamento del personale (dopo averlo aumentato a dismisura negli anni anteriori, in mera funzione del consenso politico). Che questa decisione comporti un aumento dei disoccupati o dei lavoratori informali (per bene che vada) è irrilevante per la coppia regnante. A coloro che sono riusciti a mantenere il loro posto di lavoro, a partire dal 16 novembre è stata pagata la tredicesima con quasi un mese di anticipo. È possibile definire questa operazione come «corruzione dall’alto», ovvero «compro il tuo voto con soldi pubblici, ossia di tutti, compresi i tuoi»… Guarda caso, il prossimo 8 novembre 2026 sono previste le elezioni presidenziali e politiche e tutto fa brodo.

Che questa spending review corrisponda davvero a una maggiore efficienza della elefantiaca e farraginosa burocrazia statale è tutto da dimostrare (anche perché, a ogni pie’ sospinto, il Governo concede giornate feriali extra al personale statale e pubblico, sempre in funzione del consenso politico). Di certo attesta che le risorse economiche disponibili non sono più sufficienti per mantenerla e che le cifre ufficiali (ossia della propaganda) sono quanto meno edulcorate.

Oltre un migliaio di dipendenti pubblici hanno già perduto il loro lavoro. È senza dubbio un numero irrisorio di fronte agli oltre 113mila calcolati nel 2021 dal Banco Central (non includeva però i dipendenti delle varie amministrazioni comunali). Per la cronaca, nel 2007 erano meno di 40mila.

Poiché il salario medio è di circa 15mila córdobas mensili (416 dollari), il risparmio con un migliaio di dipendenti pubblici in meno è di circa cinque milioni di dollari in un anno. È forse un caso che, in contemporanea a questi tagli del personale pubblico, lo stesso Daniel abbia proposto un considerevole aumento di spesa per la polizia e per il ministero dell’Interno nella legge di bilancio 2025? Anche in questo caso una piccola contraddizione appare evidente: se è vero che il Nicaragua orteguista è il Paese più sicuro dell’area centroamericana, per quale ragione logica si continua ad aumentare il personale della polizia? Nel 2007 gli effettivi della polizia erano 9.290 e nel 2020 avevano raggiunto i 16.909 (stando alle cifre ufficiali degli annuari della stessa polizia).

Anche in Nicaragua la “coperta è corta” e occorre tagliare qualcosa per poter mantenere ciò che si ritiene più importante: il proprio potere possibilmente eterno. Cueste lo que cueste.

Il Socialismo del XXI secolo nella versione orteguista assomiglia sempre più a un neoliberismo sfrenato e brutale, mescolato con un neo-stalinismo tropicale (non avendo una Siberia a disposizione, si espellono dal Paese gli oppositori o gli si impedisce di rientrare): estrattivismo con concessione a imprese straniere delle ricchezze naturali e manodopera quasi gratuita, in un contesto di deregolamentazione assoluta del mercato. E un controllo capillare e costante sul pensiero dei nicaraguensi.

Quali riforme strutturali ha realizzato Daniel dal 2007 a oggi per incamminare il Paese verso il socialismo del XXI secolo? Nessuno ha visto una nuova riforma agraria per espropriare i grandi latifondisti, nessuno ha visto una riforma fiscale che crei una maggiore giustizia sociale, nessuno ha visto una riforma politico-istituzionale che dia davvero il potere alle classi subalterne. In compenso si sono sviluppate tutte le forme di sfruttamento intensivo sia degli esseri umani sia del territorio tipiche del neoliberismo. I salari sono i più bassi del Centro America e le condizioni di lavoro non differiscono granché da quelle descritte da Engels ne La situazione della classe operaia in Inghilterra (1845) o da Charles Dickens in Tempi difficili (1854).

Con tutti i limiti e i difetti (e gli errori), in Nicaragua c’era molto più socialismo negli anni Ottanta che oggi, quando le banche erano nazionalizzate e il commercio (sia interno sia esterno) era diretto dallo Stato.

Oggi ProNicaragua pubblicizza il Paese come quello nel quale «il salario minimo è il più competitivo a livello regionale, il che rende il Nicaragua un paese ideale per avviare attività ad alta intensità di manodopera». Non è casuale che a dirigere questo organismo ufficiale che promuove gli investimenti stranieri vi sia Laureano Ortega Murillo, successore designato di Daniel e di Rosario nella dinastia familiare. Traducendo in lingua comprensibile a tutti, ProNicaragua offre agli imprenditori stranieri un Paese di schiavi tenuti sotto ferreo controllo da una polizia ormai identica a quella di qualsiasi alto Paese neoliberista.

Gli antichi Romani chiamavano «umbra» (ombra) lo spettro, il fantasma, ossia ciò che è apparenza, parvenza, illusione… I costanti richiami a Sandino da parte dell’orteguismo sono nei fatti ormai utili soltanto al mantenimento di un inganno politico. Non a caso, in senso figurato lo stesso termine latino può indicare lo scroccone, colui che approfitta di una determinata situazione.

Tanto per la cronaca, negli anni scorsi in svariate occasioni la Banca Mondiale ha elogiato l’attività di ProNicaragua, dichiarando che attua le «migliori pratiche» per facilitare gli investimenti stranieri, prima tra tutte gli esoneri fiscali.

L’economia va a gonfie vele. Oro, carne e legname non sono i soli prodotti destinati all’esportazione: se non il primo, certamente tra i primi per la formazione del Prodotto interno lordo, è senza dubbio l’esportazione di persone.

Che dire del parere positivo del Fondo monetario dopo un “sopralluogo” alla fine del 2023, nel quale si elogiava non soltanto la “prudenza” economica del Governo, ma si indicavano alcuni assi essenziali per l’economia? Il livello sostenuto delle esportazioni, gli investimenti stranieri e il livello record delle rimesse dei migranti («Si stima che le rimesse raggiungeranno circa il 28% del PIL entro la fine del 2023»). Inutile ribadire che il FMI è il cane da guardia del capitalismo mondiale, non certo incline al socialismo.

Per questo 2024 il FMI prevede una crescita economica del 3,5%, basandosi sui dati che gli ha fornito il Banco Central, ossia sulla narrativa propagandistica del Buon Governo. Che questo risultato sia ottenuto a scapito delle pessime condizioni di lavoro (per il 75% informale) e dei bassi salari al FMI le vale verga. Che pure le crescenti rimesse degli esuli concorrano a questo risultato positivo, al FMI le vale verga.

Quando l’avversario (o nemico di classe che dir si voglia) ti loda, significa che qualcosa hai sbagliato, che hai commesso uno o più errori politici. Che, nel caso dell’orteguismo, errori non sono, bensì scelte coscienti che qualcuno definisce «pragmatismo». Non a caso, gli Stati Uniti d’America sono il primo partner commerciale del Nicaragua socialista, cristiano e solidale.

Ai suoi inizi la Rivoluzione Popolare Sandinista fu una straordinaria esperienza di liberazione sociale e di recupero della dignità nazionale in un Paese dipendente e non comprendere che la protesta del 2018 era contro queste scelte politiche di stampo neoliberista (come a caldo aveva scritto Carlitos Fonseca), significa non aver compreso la realtà del sistema orteguista che alterna proclami altisonanti di miglioramenti sociali ed economici a invocazioni a un Dio costruito su misura.

Quel sogno che aveva mobilitato tante speranze negli anni Ottanta del secolo scorso è ormai morto e sepolto sotto una montagna di silenzi e di menzogne propagandistiche che soltanto una ottusa cecità politica considera ancora vivente e operante. La manipolazione e il tradimento degli ideali originari di Augusto Sandino e di Carlos Fonseca è palese da parte dell’orteguismo e difendere un modello che soltanto a parole si definisce “socialista” e anticapitalista fa soltanto il gioco della destra troglodita che non vede l’ora di tornare al potere con il benestare di Washington per prendersi l’agognata rivincita.

Nel frattempo Daniel ha fatto pervenire all’Asamblea Nacional la dodicesima riforma della Costituzione politica da quando è tornato al potere nel 2007. Per il momento non è dato saperne il contenuto, né a quali articoli si riferisce si sa soltanto che mira alla stabilità politica e al rafforzamento delle istituzioni. In lingua più comprensibile non è difficile ipotizzare che l’obiettivo sia quello di rafforzare il potere perpetuo della famiglia Ortega-Murillo. Grazie al sistema presidenziale e alla maggioranza assoluta dei deputati è impensabile che non venga approvata.

Una delle possibili ipotesi è che Daniel abbia rispolverato una sua vecchia idea avanzata nel 2003, quando ancora era all’opposizione: creare un sistema semipresidenziale alla francese, con lui Presidente e Rosario nel ruolo di capo del Governo (oggi ricoperto dallo stesso Daniel), da presentarsi alternativamente nei ruoli da un’elezione all’altra. All’apparenza parrebbe un “progresso” in senso democratico, ma la realtà fattuale non muterà di una virgola: il potere resta nelle stesse mani, con il vecchio e collaudato meccanismo gattopardesco del «cambiare tutto affinché nulla cambi». L’unico aspetto positivo, se proprio lo si vuole ricercare con il classico lanternino, è forse la fine della annosa battaglia senza esclusione di colpi tra lui e la moglie vice-presidente (o co-presidente che dir si voglia).

Quella Costituzione approvata nel 1987 e previamente discussa da tutto il popolo è ormai uno dei tanti ricordi di un periodo ben diverso della storia del Nicaragua (La nuova Costituzione, EMI/SUD Sezione Asal, Bologna 1988, 315 pag.).

Il futuro del Nicaragua e della sua rivoluzione è soltanto nelle mani dei tanti militanti sandinisti non ancora totalmente corrotti o cooptati da quasi un ventennio di orteguismo chayista e forse, assieme al saggio Cyrano de Bergerac, ripetono in cuor loro:

«Orsù che dovrei fare?…

Cercarmi un protettore, eleggermi un signore,

e come l’edera, che dell’olmo tutore

accarezza il gran tronco e ne lecca la scorza,

arrampicarmi, invece di salire per forza?

Grazie, no!» (atto secondo, scena VIII).

Redazione
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