L’orto dei Tu’rat

di Angela Greco

Oggi parliamo di chi ha la voglia e la capacità di non fermarsi davanti alle apparenze, di chi scardina la vuota retorica con il grimaldello della ricerca, di chi evita i tuffi onanisti nella storia e nelle tradizioni ma invece parte dal meticciamento per attraversare il divenire di territori, culture e immaginari.

E ci sono due buone notizie: trattiamo una realtà delle “nostre parti” e possiamo contribuire anche noi.

Ma innanzitutto di chi parliamo?

Dell’Orto dei Tu’rat, che è un’associazione di Ugento, ma anche molto di più. E’ un progetto in cui si concretizzano i desideri, le aspirazioni, la voglia di cambiare di un gruppo di appassionati del fare, del costruire, alla ricerca del Bello e del Giusto. Sapendo come evitare gli spietati precipizi dell’assoluto estetizzante o moralizzante (guardate la bellezza delle loro mani scolpite dalla quotidianità del saper fare artigianale) hanno costruito delle terrazze a forma di mezzaluna.

Dal punto di vista paesaggistico già di per se’ e’ stupendo: il fiato rimane sospeso per alcuni secondi quasi come se ci si ritrovasse davanti a Machu Pichu.

Ma e’ strepitoso quando veniamo a sapere che queste mezzelune, costruite con la tecnica dei tradizionali muretti a secco, sono esposte per trattenere i venti umidi del Salento; in questo modo riescono a trasformare in “pioggia” l’umidità. «I venti umidi hanno il loro maggior successo durante le stagioni intermedie, quali fine estate autunno/inverno inizio primavera, conoscevamo il loro percorso nel Salento e due sono fondamentali e cioè il Libeccio e lo Scirocco» racconta Mino Specolizzi: «La forma e l’orientamento delle mezze lune in pietra a secco che avevo realizzato era studiato in modo tale da consentire una raccolta dell’umidità presente in questi venti, in modo tale da attuare un’irrigazione senza apporto meccanico e consentire di realizzare un orto botanico con tutte le specie autoctone e naturalizzate del Salento. Noi con l’Orto di Tu’rat stiamo procedendo in questa scommessa: negli ultimi tre anni abbiamo piantato oltre cento piante intorno ai Tu’rat e hanno tenute quasi tutte, eccezion fatta per qualche capretta di passaggio e qualche cacciatore distratto per il resto sono tutte lì turgide e verdi anche in pieno agosto in attesa di ricevere altri innesti».

Il nomadismo culturale è l’elemento forse chiave per capire come sia stato possibile intrecciare l’aridocoltura con la biodiversita’ e con il coinvolgimento del territorio che può sostenere il progetto attraverso il crowdfunding (che è un processo collaborativo di un gruppo di persone le quali utilizzano il proprio denaro in comune per sostenere gli sforzi di persone e organizzazioni). «Ora siamo in questa corsa di fundraising con il solo fine di organizzare la stagione e le spese vive che ci troviamo ad affrontare continuamente all’interno del parco. Io personalmente credo che il fundraising sia e sarà sempre di più lo strumento di reperimento fondi per le prossime generazioni di sognatori. Questo non dà sicurezza di raggiungere l’obiettivo, ma fa in modo che si provi a fornire un servizio veramente sostenibile alla comunità che desidera partecipare a un progetto e che pian piano si esca fuori dalla logica che le banche siano la manna caduta dal cielo. In fondo cosa c’è di più esaltante pensare che qualcuno – a me a noi sconosciuto – decida di offrire liberamente i suoi pochi euro per fare sopravvivere un progetto il cui cordone ombelicale è composto esso stesso dalla lotta all’aridità, al procacciarsi l’acqua dalle pietre con un ingegnoso meccanismo che la natura porta con sè fin dalla notte dei tempi».

Allora, ecco dove sostenere l’Orto dei Tu’rat 

http://www.eppela.com/ita/projects/398/le-mezzelune-fertili-che-spremono-acqua-dalla-pietra

Inoltre potete cominciare a visitare a partecipare al ricco calendario di iniziative presso l’Orto

 

Redazione
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