Lottare per la vita nel Messico dei mega-progetti

di Inés Durán Matute, Rocío Moreno (*)

La lucha por la vida frente a los Megaproyectos en Mexico”,  di Inés Durán Matute e Rocío Moreno, è un libro che pone al centro dell’analisi la costruzione delle grandi infrastrutture critiche in Messico, il loro impatto diretto ambientale e sociale e quello indiretto, come catalizzatori di uno “sviluppo” devastatore.
Le autrici vengono accompagnate nella narrazione dalle testimonianze di sei difensor* della Terra,
che si confrontano con l’imposizione di megaprogetti in distinte regioni del paese.
Sono Bettina Cruz, difensora binnizà e membro dell’Assemblea dei Popoli Indigeni dell’Istmo in Difesa della Terra e del Territorio
(APIIDTT) (Congresso Nazionale Indigeno CNI-Sur); Mario Luna, portavoce della tribù yaqui a Vicam, Sonora (CNI – Nordest); Pedro Uc, poeta maya e membro dell’Assemblea dei Difensori del territorio Maya Muuch’ Xiinbal (CNI – Penisola); Samantha César, membro del Fronte dei popoli in Difesa della Terra e dell’Acqua , di Morelos,  Puebla e Tlaxcala (CNI-Centro); Sofia Enciso e Alan Carmona, membro di Un Salto di Vita a Jalisco e dell’Assemblea dei Popoli in Resistenza del bacino Chapala-Santiago (CNI-Occidentale).
“La lucha por la vida frente a los Megaproyectos en Mexico”  è  un ottimo testo per  comprendere il livello di aggressione del profitto contro i territori messicani e l’espandersi della resistenza popolare, e per riflettere sulle tante similitudini fra i processi di imposizione delle Grandi Opere devastanti  qui in Italia e nel mondo. Un ottimo testo per conoscere le ragioni e i contorni dei principali conflitti territoriali in Messico, anche in vista dell’arrivo della delegazione dell’EZLN
in Italia.
Ne proponiamo oggi la traduzione di alcuni capitoli, a cura di Marina Zenobio, tratta da Ecor.Network.
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I megaprogetti da un punto di vista storico

Tutto il paese è sconvolto dai vari megaprogetti che stanno tentando di realizzare; i casi che riportiamo di seguito sono le testimonianze di persone legate al CNI (Congreso Nacional Indigena) che hanno deciso di combattere per difendere i propri territori, la vita. Sono lotte passate, presenti e future che oggi si stanno concretizzando in una disputa contro una serie di megaprogetti: nella penisola stanno cercando di imporre il treno “Maya”, a nord del paese vorrebbero terminare il Gasoducto Sonora e mettere in funzione l’Acueducto Independencia; verso occidente stanno tentando di espandere l’industrializzazione e l’urbanizzazione a El Salto; nella zona dell’Istmo vogliono infine realizzare il Proyecto Integral Morelos (PIM). Non c’è spazio del territorio nazionale che il capitale, lo Stato e la criminalità organizzata non abbiano identificato per appropriarsene e sfruttare, per estrarne da esso la vita.

Sono megaprogetti caratterizzati da irregolarità, consulenze truccate, studi sull’impatto ambientale con omissioni ed errori, e da una serie di violazioni e violenze contro i popoli e loro territori.
Sono stati gli stessi movimenti a dover indagare su cosa c’era dietro: chi beneficia dall’estrazione di acqua, minerali, legname, vento, gas e tanti altri beni comuni? Come si articolano i megaprogetti per la produzione di energia? Quali sono le conseguenze di tale appropriazione e sfruttamento che arrivano a meritare una così forte resistenza?

E’ vero che non sono state solo le popolazioni originarie a lottare, però sono coloro che conservano la memoria collettiva di una resistenza che dura da 500 anni, una resistenza contro una serie di progetti locali, nazionali e internazionali che hanno cercato di modificare, mercificare e sterminare le loro vite.

Nelle parole di Pedro “Quanto stiamo vivendo è la continuazione o modernizzazioni delle strategie di dominazione esercitate su di noi da oltre 500 anni”.
I megaprogetti attuali hanno un passato di disprezzo, espropriazioni e sterminio verso queste altre forme collettive di abitare e di vivere.
Oggi è ieri. I popoli portano sulle loro spalle una serie di richieste storiche e, per questo, si domandano quanto tempo durerà ancora questa guerra contro i popoli originari, contro le strutture comunitarie, contro i diversi ecosistemi e contro tutti gli esseri viventi che li abitano?
Non si tratta di opporsi al governo attuale, a quello passato o a quello futuro, tanto meno si tratta di fermare un progetto. Si tratta di lottare contro una serie di violazioni e umiliazioni, si tratta di dire Ora Basta con questo sistema. In questa sezione cerchiamo di capire i megaprogetti da una prospettiva storica e le forme con cui vanno a compromettere la riproduzione della vita a favore del capitale. Vogliamo cercare di comprendere come le attuali resistenze sono forme di rivendicazioni del passato e costruire futuri altri.

Il treno “Maya”

Ascoltare Pedro è come ascoltare una poesia, ma è anche ascoltare la storia passata del popolo maya, una storia di dolore e sottomissione. Quando, per esempio, abbiamo chiesto a Pedro perché in altri tempi non si sono mobilitati per fermare i progetti turistici che hanno devastato Cancun, nella sua risposta è emersa una profonda nostalgia e una forte autocritica come popolo. Ancor più ci ha permesso di comprendere le difficoltà di rendere efficace una lotta collettiva. Pedro racconta:

Chi ignora la storia non sa che nella Penisola dello Yucatan veniamo da due grandi conflagrazioni sociali che ci hanno schiacciato come popolo maya. Nel 1761 un personaggio che si chiamava Jacinto Canek prese le armi per lottare contro i colonizzatori e i conquistatori, ma fu sconfitto in una maniera impressionante […]. Lo portarono a Merida, lo legarono su un tavolo con gambe e braccia tirate e per ore strapparono pezzi della sua carne con tenaglie arroventate, finché lo uccisero a bastonate. E’ una morte terribile eseguita come esempio per la popolazione. Nel 1847 c’è poi una guerra conosciuta come la guerra delle caste, durò molti anni ma alla fine perdemmo, ci fu un massacro di indigeni. Alcuni dei sopravvissuti e delle sopravvissute andarono in Belize, quelli che rimasero in quello che oggi è lo stato di Quintana Roo morirono di fame e quelli che erano già addomesticati si sono fermarono qui [Yucatan], a lavorare nei latifondi dei ricchi, e queste aziende che producevano henequen (una varietà di agave, ndr) divennero molto famose […] perché i maya erano diventati i loro schiavi […]. Relativamente poco tempo fa, nel 1992, hanno smesso di coltivare henequen. La nostra è una cultura che è stata schiacciata e non è stato facile per noi sollevarci di nuovo, soprattutto perché i maya rimasti sono i maya addomesticati, siamo i mayas ammanettati, siamo i maya schiavizzati ed è stato difficile risorgere, organizzarci di nuovo.

Alcuni maya anche in questo contesto resistono. Sono coloro che oggi affermano che il progetto del treno “Maya” è ecocida per tutta la devastazione che provocherà sul territorio, alle acque, alla selva, alle piante e agli animali; è etnocida perché farà scomparire il popolo Maya, la sua cultura, la sua lingua, il suo territorio; è un inganno perché non si tratta soltanto di un treno ma di una serie di progetti che, nel loro insieme, distruggeranno la penisola, e perché è un treno che chiamano maya, ma non è maya, né ne beneficerà il popolo Maya. Questo treno non aiuterà il popolo Maya con “sviluppo”, “occupazione” e “benessere”, come dichiarato da Lopez Obrador in riferimento ai megaprogetti.(1)
Il Treno “Maya” è un attacco come quelli del passato, ma che oggi suscita grande indignazione; questo megaprogetto è l’azienda di henequen, è il conquistatore che ha assassinato Canek. Oggi è ieri.

Quello del Treno “Maya” è un progetto complesso che comprende una serie di interventi nella Penisola (Yucatan, Quintana Roo, Campeche, Chiapas e Tabasco) che vanno molto oltre la demarcazione della zona dove passerà il treno. Nella memoria di questo popolo si tratta di un progetto rimasto in cantiere per tanto tempo. Nel 2016, a Cancun, si tenne la 13ma Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (COP-13) per negoziare accordi e compromessi tra rappresentanti dei paesi incaricati di promuoverne l’attuazione.(2)
In teoria, la COP-13 dovrebbe promuovere la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità ma, come racconta Pedro:

Nell’ambito della COP-13 i governi della Penisola dello Yucatan firmarono un accordo chiamato ‘Accordo per la sostenibilità della Penisola dello Yucatan’ […]. Ebbene, in questo accordo c’era la proposta, l’intenzione di consegnare la penisola alle grandi imprese dell’estrattivismo, di trasformarla in una massa di manodopera a basso costo, precarietà del lavoro, proletarizzazione della Penisola. Così abbiamo presentato un’ingiunzione […], siamo riusciti a vincere la causa sul tema della consulta e siamo riusciti a fermare tutto ciò. Tuttavia, dato che a quel punto i progetti non potevano essere realizzati in pacchetti, sono stati presentati uno per uno e l’ultimo è stato quello del Treno ‘Maya’.

I cambiamenti sono iniziati prima con le coltivazioni di soia geneticamente modificata da parte della Monsanto (3), con l’esproprio delle terre degli ejidatarios (contadini che lavorano la terra in un ejido, terreno comune di uso pubblico, ndt), con fumigazioni che hanno degradato la terra, con la ricerca di manodopera a basso costo tra il popolo maya. Poi sono arrivati gli allevamenti di maiali per esportarne la carne in Asia.(4)
Questi allevamenti, che ospitano fino a 50 mila maiali, scaricano i loro liquami nei cenotes (stagni naturali alimentati da un fiume sotterraneo, che si formano sulla superficie della penisola dello Yucatan. Famoso il cosiddetto Cenote Sacro di Chichén-Itzá, ndt), liquami che vanno ad allagare siti di conservazione della biodiversità.(5)
Allo stesso modo, gli hotel della Riviera “Maya” consumano e inquinano da tempo le acque della regione.(6)
Insieme a tutto questo sono arrivati i parchi fotovoltaici ed eolici gestiti da aziende straniere con gravi irregolarità che hanno danneggiato le comunità maya e la biodiversità.(7)
Infine il governo ha emesso una serie di decreti di espropriazione in zone attrattive come cenotes, zone archeologiche, lagune ecc., a imprese e organizzazioni per il turismo verde.(8)
Questo è stato il caso di Dziuché, Quintana Roo, oggetto di un esproprio che minacciava di creare zone di ecoturismo, ma è stato fermato.(9)
In questo scenario di espropriazione, sfruttamento e degrado, il treno “Maya” sembra promuovere il turismo ma, come dice Pedro “è ben pensato, non è una coincidenza”. Questo progetto nasconde, tra le altre cose, la costruzione di nuove città e un corridoio industriale.(10)

E’ in questo modo che stanno cercando di trasformare la popolazione della penisola, insieme a migranti centroamericani, in una grande massa operaia anche per bloccare il loro passaggio verso gli Stati Uniti, proprio come specificato nel Piano di Sviluppo Nazionale.(11)

Davanti a questo scenario si capisce come il Treno “Maya” implichi la riorganizzazione territoriale per rendere idonea una regione “abbandonata”e renderla produttiva per il capitale. Dal discorso ufficiale sembra che il Treno “Maya” sia una scommessa interessante perché porterà “sviluppo” nel sud-est del Messico dove, apparentemente, c’è bisogno di lavoro, turismo e benessere.(12)
Ma città, corridoi industriali, allevamenti di maiali, coltivazioni transgeniche, corridoi turistici e parchi energetici fanno tutti parte dello stesso pacchetto catastrofico per la vita e per la cultura del popolo Maya. Intanto la Valutazione d’Impatto Ambientale non chiarisce in cosa consiste il Treno “Maya”, né valuta adeguatamente i suoi impatti ambientali, sociali, culturali e patrimoniali (13), gli abitanti prevedono, sulla base della loro esperienza, ciò che entrerà nelle loro vite: violenza, insicurezza, espropriazione, scarsità, precarietà, sfruttamento, contaminazione, migrazione, acculturazione e distruzione.
È per questo che Múuch’ Xíinbal si oppone e rileva “che questo progetto non è pensato per i popoli indigeni, non è pensato per la penisola dello Yucatan, è pensato per le tasche delle grandi imprese”. Loro difendono il proprio territorio perché non vogliono essere trasformati in manodopera a basso costo sulla loro terra, perché sanno ‘che le persone nascono lavoratori e lavoratrici, e muoiono come lavoratori e lavoratrici, senza la libertà di pensare, di avere una educazione e di evolversi’ (Pedro).
È sempre più difficile sedurre i popoli con il discorso dello “sviluppo” e fargli accettare senza esitazione questi megaprogetti. Oggi, la lotta del popolo maya per la sua selva, i suoi cenotes, il suo mare, le sue montagne, la sua cultura, la sua vita, è una resistenza che vuole ribaltare una storia di colonizzazione, oppressione, espropriazione e sfruttamento.

Oggi è ieri.  (1. Continua)

(*) Inés Durán Matute è ricercatrice dell’Università Autonoma di Puebla (Messico) e membro dell’ International Research Group on Authoritarianism and Counter-Strategies della Rosa Luxemburg Foundation.
Rocio Moreno è miitante di lungo corso del Congresso Nazionale Indigeno (CNI)

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Download:

La lucha por la vida frente a los megaproyectos en México
Inés Durán Matute, Rocío Moreno
Universidad de Guadalajara-Ciesas-Cátedra Jorge Alonso, 2021 – 89 pp.


NOTE:

1 Versione stenografica della conferenza stampa mattutina del presidente Andrés Manuel Lopez Obrador, 24 ottobre 2019 Versión estenográfica de la conferencia de prensa matutina | Jueves 24 de octubre, 2019 | Presidencia de la República | Gobierno | gob.mx (www.gob.mx)
2 ¿Qué es la #COP13?, Gobierno de México, 28 de noviembre de 2016. https://www.gob.mx/gobmx/articulos/que-es-la-cop-13
3 La soya transgénica ya invadió Yucatán y Campeche: indígenas; exigen investigar a Monsanto, Sin Embargo, 23 de noviembre de 2017. https://www.sinembargo.mx/23-11-2017/3354927
4 De Alba, José Ignacio. Granjas de cerdos para alimentar a China invaden la Península de Yucatán, Pie de Página, 11 de noviembre de 2020. https://piedepagina.mx/granjas-de-cerdos-para-alimentar-a-china-invaden-la-peninsula-de-yucatan/
5 Pradilla, Alberto. Espacios naturales ocupados y agua contaminada: las irregularidades de las granjas porcícolas en Yucatán, Animal Político, 12 de mayo de 2020. https://www.animalpolitico.com/2020/05/irregularidades-granjas-porcicolas-yucatan-greenpeace/
6 Águila Arreola, Carlos. Hotelería y urbanización amenazan suministro de agua en QR: activista, La Jornada, 7 de enero de 2016. https://www.jornada.com.mx/2016/01/07/estados/029n1est
7 Sánchez, Jazmín, Ivet Reyes, Rodrigo Patiño, Alfonso Munguía, Yannick Deniau, Articulación Yucatán y GeoComunes (2019). Expansión de proyectos de energía renovable de gran escala en la Península de Yucatán. México: GeoComunes / Consejo Civil Mexicano para la Silvicultura Sostenible. http://geocomunes.org/Analisis_PDF/EnergiaRenovableYucatan.pdf
8 Peba, Rusell. Múuch’ Xíinbal: el “ya basta” al “negocio verde” a costa de los pueblos mayas, MayaPolitikon, 22 de julio de 2018. https://mayapolitikon.com/negocio-verde/
9 Hernández, Aseneth. Laguna de Chichankanab gana suspensión contra ecoturismo, Contralínea, 30 de agosto de 2018. https://www.contralinea.com.mx/archivo-revista/2018/08/30/laguna-dechichankanab-gana-suspension-contra-ecoturismo/
10 Para conocer más sobre lo que está detrás del Tren “Maya”, véase: Rosado, Samuel y Ramón Vera-Herrera. ¿Tren Maya? Auge de proyectos acaparadores, Ojarasca / La Jornada, 12 de abril de 2019
11 Plan Nacional de Desarrollo 2019-2024, Presidencia de la República, 30 de abril de 2019, p. 31.https://lopezobrador.org.mx/wp-content/uploads/2019/05/PLAN-NACIONAL-DE-DESARROLLO-2019-2024.pdf
12 Tren Maya potenciará turismo, trabajo y bienestar: Presidente de México, Presidencia de la República. https://presidente.gob.mx/tren-maya-potenciara-turismo-trabajo-y-bienestar/
13 Nicolás, Jorge Ricardo. Reprueban estudio ambiental del Tren Maya, Luces del Siglo, 30 de julio de 2020. Reprueban estudio ambiental del Tren Maya – Luces del Siglo

alexik

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