Lotte sociali e processi elettorali in America latina

Perù, Bolivia, Cile, Colombia e molto altro. Il punto del Mininotiziario “America latina dal basso”

di Aldo Zanchetta

 

Questo primo numero dell’anno trova ampi strati sociali di molti paesi latinoamericani in lotta. Il nostro saluto in questo inizio d’anno va in primo luogo agli zapatisti del Chiapas che il 31 dicembre hanno celebrato il XXVI anno della loro insurrezione. Salutando loro salutiamo tutte le donne e gli uomini in lotta di Haiti, Honduras, Cile, Colombia, Ecuador e infine quelli della Bolivia impegnati a realizzare un non facile ritorno alla democrazia. Non possiamo non sottolineare come tre siano gli strati sociali predominanti in queste lotte: le donne, i popoli originari, gli studenti. Anche altre lotte, forse meno appariscenti ma non meno significative, punteggiano tutta la regione latinoamericana,come quelle contro l’estrattivismo sparse un po’ ovunque, lotte che evidenziano alcuni aspetti nuovi, derivati dall’esperienza accumulata in questi anni e che cercheremo di documentare per quanto ci è possibile.

Processi elettorali

Domenica 26 gennaio si vota in Perù per l’elezione straordinaria del nuovo Congresso della Repubblica che sostituirà il vecchio sciolto nei mesi scorsi. Venti le liste in competizione ma poche le proposte politiche concrete. Di nuovo frammentazione anche nella sinistra. In un paese battagliero come il Perù, i partiti non sembrano trovare la capacità di esprimere proposte politiche significative. Questo accade in una regione andina che altrove è teatro di energiche lotte popolari. Una quiete enigmatica quella peruviana sul piano elettorale, non però nei territori stravolti dall’estrattivismo minerario.

  1. Questo mini era in pentola fin da meta gennaio ma la molteplicità degli impegni hanno fatto ritardare l’uscita ad oggi. Le elezioni si sono svolte ormai e in calce troverete un primo commento.

In America Centrale l’anno si apre con una prima nuova maxi carovana di migranti che iniziata in Honduras da un migliaio di persone è andata ingrossandosi fino a raggiungere le circa 3mila unità stimate che, traversato il Guatemala, si sono scontrate con la polizia messicana al loro tentativo di passare la frontiera con questo paese. Il primo urto è stato fermato ma un centinaio di marciatori sembra siano riusciti a filtrare. Intanto oggi la notizia che una nuova carovana di emigranti è partita da El Salvador. (Anche qui il commento è arretrato di una settimana).

In Guatemala il presidente uscente Jimmy Morales -‘il peggiore presidente di sempre’ secondo una delle pochi voci libere del paese, il giornale Nomada- ha ceduto le redini del paese a chi potrebbe togliergli questo primato: Alejandro Giammattei, medico dalle lontane origini italiane, che ha promesso di combattere la denutrizione infantile e la corruzione. Pochi ci credono, dato il suo curriculum politico. Per chi vuole saperne di più suggeriamo un articolo del giornalista Colussi: Nuevo presidente en Guatemala: ¿Y ahora? https://www.alainet.org › articulo.

In Colombia e in Cile le manifestazioni sono riprese dopo le festività di fine anno ed hanno tutta l’aria di non voler arrestarsi come purtroppo nel primo dei due paesi non sembra arrestarsi la decimazione mirata dei leader popolari: oltre una ventina in questa parte di primo mese dell’anno, nella calcolata indifferenza del governo. Ieri il presidente Duque ha ricevuto il ministro degli esteri statunitense Mike Pompeo e i due hanno ricevuto la visita dell’ineffabile Guaidò, malgrado esso non sia riconosciuto più come presidente (illegittimo) del parlamento neppure dai parlamentari dell’opposizione stessa.

Dall’Argentina dove è esiliato, un altro ex-presidente di nome Morales ha annunciato i nomi della coppia che rappresenterà il MAS alle elezioni del prossimo 3 maggio che dovrebbero riportare la Bolivia sul terreno della democrazia istituzionale, interrompendo la presidenza de facto di Jeanine Añez. Il candidato del MAS alla presidenza è Luis Arce, già ministro dell’economia con Morales, mentre il candidato per la vicepresidenza è l’indigeno David Choquehuanca, che con Morales è stato a lungo ministro degli esteri. Una scelta un pò tormentata che riflette le divisioni presenti nello schieramento di Morales che precedentemente aveva annunciato una diversa composizione della coppia e cioè con David Choquehuanca candidato alla presidenza e Andrónico Rodríguez alla vicepresidenza. A rigore si dovrebbe dedurre la perdita di influenza nella scelta da parte della zona cocalera del Chapare, feudo di Morales, di cui il cui giovane leader  Rodríguez  era considerato un futuro possibile successore. La motivazione di questa scelta probabilmente dipende dal fatto che Arce, buon ministro dell’economia sarebbe più gradito alla ampia classe media del paese (54%) essendo stato l’artefice della positiva politica economica (giunta però al capolinea nel 2015 col ritorno dell’indebitamento estero e l’usura progressiva delle riserve valutarie), mentre Choquehuanca dovrebbe riscuotere la fiducia del mondo indigeno e ‘plebeyo’ (vedi  https://www.telesurtv.net › bloggers › Bolivia-eleccio…, sintesi interessante ma un po’ semplicistica di queste ragioni) Ma sulla Bolivia e sul clima preelettorale che si vive nel paese dovremo presto tornare. È più interessante valutare la figura di Arce, la cui politica economica è stata attentamente esaminata, con luci e ombre, in un articolo di Fernando Molina, Bolivia: «Es la economía, estúpido», https://www.nuso.org › articulo › bolivia-es-la-econo…, al quale indirettamente ha risposto lo stesso Arce su La Jornada El futuro del déficit fiscal en Bolivia  https://www.jornada.com.mx › del 20 gennaio.

Parte centrale di questo primo numero del Mininotiziario 2020 è l’articolo allegato del sociologo statunitense William I. Robinson che ci sembra riassuma bene la traiettoria dei governi di sinistra di inizio secolo, con i loro successi temporanei e i loro gravi limiti che già abbiamo trattato più volte in questo Mini, aggiungendo delle considerazioni interessanti sul (ri)crescente ruolo dei militari e della polizia nei vari paesi latinoamericani, tema su cui insiste anche un recente articolo di Zibechi (https://camminardomandando.wordpress.com/testi-da-scaricare/pensiero-critico-latinoamericano/la-crisi-strategica-nelle-forze-armate-latinoamericane/).

Anche il governo di AMLO in Messico e il governo del Frente Amplio, uruguayano, sconfitto alle elezioni di ottobre, lo scorso anno avevano avuto problemi con scalpitanti alti ufficiali in ‘pensione’ ma non appartatisi, come ci ricorda Zibechi. E AMLO ha il torto nell’avere costituito una Guardia Nazionale costituita quasi interamente da militari, con giubba cambiata ma non con diversa formazione personale. Da parte sua in Colombia il governo ha dovuto ‘dimettere’ un ministro della difesa troppo disinvolto anche per questo governo militarista. In sostanza il vecchio problema della ingombrante presenza militare si ripropone con simultaneità in diversi paese e la cosa meriterebbe ulteriore approfondimento, essendo una spada di Damocle sempre pendente.

Conquista dello Stato o lotta per l’autonomia?

L’articolo di Robinson, e in maniera più complessa quello di Pinzon, ripropongono il tema della conquista e del governo dello Stato, mentre ultimamente altri analisti sembrano porre più l’attenzione sulla conquista di autonomie effettive che è invece l’obbiettivo di molti movimenti sociali.  Un tema scottante da approfondire.

POST SCRIPTUM SULLE ELEZIONI PERUVIANE

Le elezioni in Perù svoltesi per nominare il Congresso che sostituirà fino a metà 2021 quello sciolto a fine 1919 hanno offerto due sorprese, una buona e una cattiva. La buona, il disfacimento della compagine fujimorista della figlia dell’antico presidente Keiko Fujimori, precipitata da 73 a circa 10 congressisti (i dati in mie mani non sono definitivi) e l’emergere imprevisto di un partito evangelico che ha conquistato una quindicina di seggi. I tre tronconi divisi con cui la sinistra si è presentata hanno ottenuto risultati interessanti che fanno rimpiangere l’occasione mancata di una lista unitaria. Sintetizziamo così: <risultati inattesi, grandi sconfitti, Congresso frammentato>. Per una prima migliore analisi vedere: Congreso 2020. Nuevo capítulo.

Redazione
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