Lubna Ammoune: La vita oltre il velo

Tratto da “Nuove lettere persiane” – sguardi dall’Italia che cambia – a cura di Francesca Spinelli  (Ediesse 2011) http://www.ediesseonline.it/catalogo/arte-e-lavoro/nuove-lettere-persiane

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Milano, 7 giugno 2010

Liebe mama,
ancora mi stupisco di come tu abbia racchiuso il segreto del mio destino scegliendo il mio nome. Non poteva saperlo nessuno, se non te. Una ragazzina che sfida la sua famiglia e sposa un siriano di Aleppo, straniero e per di più musulmano. Non è come oggi, ora le coppie miste sono di moda. Ma ai tuoi tempi e nella tua Germania significava creare un altro muro, oltre a quello della tua città, Berlino. Hai sfidato tutti per amore.
Quando sono nata non avevi programmato nessun nome. Mi hai vista e hai scelto: Regina, un nome italiano. Perché l’Italia, di lì a ventidue anni, sarebbe diventato il mio nuovo paese, dopo la Germania, la Siria, la Francia e gli Stati Uniti. Alla tua stessa età ho avuto anch’io una bimba, Lin, un nome siriano. Non so quale sarà il suo nuovo paese. Per ora Milano è la sua unica città, una terra che l’ha accolta dalla nascita.
Ricordo ancora la tua sorpresa nel vederla velata, come me. Certo, i contesti sono diversi, i percorsi indipendenti, ma per te sempre di velo si tratta. Ieri ho ripreso le lettere che ci siamo scritte quando mi ero appena trasferita qui e mi chiedevi com’erano percepite le donne velate in Italia. Oggi sono più numerose, ma la situazione mi appare invertita. Quando sono arrivata alla fine degli anni ottanta passavo inosservata, mentre oggi che se ne parla tanto e a sproposito nei media, tutti sono pronti a ricordarti che lo porti. Molti italiani, a differenza di altri europei, non sanno neppure distinguere tra hijab e burqa. A volte provo imbarazzo per loro, perché sembra che lo portino essi stessi. Sì, un velo sugli occhi! Possibile che vedano in questo pezzo di stoffa solo un segno di sottomissione ed estremismo? Figurati che alcuni pensano che più veli ci sono in Italia, più questo povero paese rischia di essere «invaso». Eppure anche le loro madri, fino a non molto tempo fa, lo mettevano per andare a messa. Accomuna tutte le religioni rivelate.
Mi viene in mente un episodio capitato a me e a Lin. Eravamo in centro, di fronte al Duomo, ad ammirare la Madonnina (Lin è infinitamente devota a questa graziosa statua, quando alza gli occhi per ammirarla ha il tuo stesso sguardo: i tuoi occhi verdi, i suoi neri, ma la stessa penetrante intensità). Mentre eravamo lì un signore ci ha salutate con molto rispetto, togliendosi il cappello per poi chinare il capo e dire: «Gesù Cristo sia con voi, sorelle». Poco dopo una donna ha cominciato a seguirci, come per chiederci qualcosa. Voleva sapere a quale ordine di sorelle moderne appartenevamo. Avevano entrambi scambiato il nostro velo per quello di una suora.
A Lin succedono spesso cose simili. È come una calamita: quasi tutti i giorni torna a casa e me ne racconta una. Sarà il suo amore per la vita, la sua voglia di cambiare la percezione degli altri per ribaltare i cliché. Per lei raccontare la propria esperienza vale più di mille spiegazioni dogmatiche, e adottare l’ironia e l’autoironia vale più di mille parole sui precetti divini. Un giorno, in facoltà, ha incontrato un ragazzo che non si è fatto sfuggire l’occasione di conoscere una fanciulla col velo. Voleva sapere come vive una famiglia di un’altra religione a Milano. Convinto che tutti gli uomini islamici abbiano quattro mogli, in nome della santa poligamia, le ha chiesto quante donne aveva suo padre. Un po’ stupita, Lin ha risposto prontamente che anche suo padre ne ha quattro, che lo venerano come un re. Ha aggiunto che sono tutte molto esigenti e ha descritto la nostra casa come un harem, sogno a cui ogni uomo aspira. Gli ha spiegato che siccome non siamo in Arabia Saudita, dove gli sceicchi possono permettersi di mantenere quattro donne in quattro case diverse, ma a Milano, dove la vita è più cara, suo papà è costretto a vivere con tutte e quattro sotto lo stesso tetto. Ancora più incuriosito e ammaliato dalle briose descrizioni di Lin, il ragazzo l’ha pregata di invitarlo a casa per conoscere il fortunato re di quattro cuori. Così è potuto entrare in quello che credeva essere un paradiso e ha constatato con i propri occhi che c’erano, sì, quattro donne, ma che queste, per essere precisi, sono la moglie e.… le tre figlie!
Poco tempo fa la tua Lin mi ha ricordato un altro episodio, legato alla nostra parrucchiera di fiducia. Molti sono convinti che le donne col velo risparmino sul conto del parrucchiere. Nulla di più falso! Pur tenendo i capelli coperti, anche noi ogni tanto c’imbattiamo nell’incubo delle doppie punte e chiediamo consigli sul look che più ci dona. La prima volta che siamo entrate nel salone della nostra parrucchiera, le abbiamo spiegato che gli estranei non possono vederci senza velo e lei, sin dal primo istante, si è mostrata molto comprensiva. Ha chiuso il negozio e ha tirato le tende per impedire ai passanti di guardare all’interno. Prima di noi c’erano altre signore e abbiamo aspettato il nostro turno per un paio di tagli e messe in piega. Fuori, intanto, la gente ha cominciato a pensare che dalla parrucchiera ci fosse chissà chi, visto che le tende erano chiuse. Nella frazione di tempo in cui siamo state lì dentro si sono fermate diverse persone. Aspettavano l’uscita di una qualche vip: altrimenti perché la parrucchiera avrebbe vietato l’accesso agli uomini che volevano varcare la soglia? Dopo il nostro atteso taglio siamo uscite e ci siamo trovate davanti una piccola folla (delusa, aggiungerei). Senza capire cosa fosse successo, ci siamo allontanate. Una ragazza ci ha poi spiegato il retroscena e, divertita, ha detto che quel giorno eravamo passate per delle star.
È proprio vero, come dice Lin, che non è un limite portare il velo, sono gli altri che si creano dei limiti se lo vedono come un problema. L’importante è non lasciare agli altri la possibilità di vedere dei limiti che tu non senti di avere.
Tante altre storie ci sarebbero da scrivere, ma so che a Lin preme raccontartele personalmente, appena verremo a trovarti a Berlino. Per ora ti abbraccio. Tua
Regina

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Nata a Milano nel 1988, di origini siriane e tedesche, Lubna Ammoune frequenta il corso di laurea in Farmacia nell’Università degli studi di Milano. Collabora con il magazine «Vita», con il suo supplemento mensile «Yalla Italia» e con il sito Vita.it. Con altre tre autrici cura il blog «Gli altri siamo noi» per «La Stampa».

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per informazioni e invio testi:
clelia pierangela pieri – xdonnaselva@yahoo.it
luigi di costanzo       – onig1@libero.it

Clelia

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