Luca Barbieri: “Storia dei licantropi”

«E’ colpa della Luna: quando s’avvicina di più alla Terra fa impazzire tutti». Così Shakespeare nell’ «Otello». «Mal di Luna» è nella tradizione popolare il nome – con annessa spiegazione – delle stranezze o, se preferite, delle malattie nervose. Fra i mali che sarebbero indotti (o aggravati) dalla Luna piena anche la licantropia.

Proprio mentre la casa editrice Medusa pubblica un imponente saggio di Robert Eisler, «Uomo lupo. Saggio sul sadismo, il masochismo e la licantropia» (del 1948 ma finora inedito in Italia) esce da Odoya un’agile, completa, illustratissima «Storia dei licantropi» (384 pagine, 20 euri) con la gustosa introduzione di Valerio Evangelisti. Ne è autore il poliedrico Luca Barbieri (nessuna parentela con me) che divide il suo saggio in 4 parti.

Una parte generale, la più lunga, è dedicata alla morfologia (non solo uomini-lupo ma altri «mutaforma»), alla posizione della Chiesa, all’antichità (da Gilgamesh ai Greci), alla geografia dei licantropi (più Francia e Germania che Italia, a esempio) e infine ai «veri licantropi»: si accenna qui al morbo “lupino” e alla “melanconia cerebrale” – forse un po’ troppo rapidamente – a Jung, agli uomini-lupo delle cronache, alle spiegazioni mediche più recenti. Luca Barbieri ricorda il «lupo mannaro di Villa Borghese», Pasquale Rossi che, il 14 luglio 1949 (secondo le cronache dell’epoca) «nel bel mezzo di una notte lunare guaiva scavando il terriccio con le unghie insanguinate e minacciando con i denti tutti coloro che cercavano di accostarlo». In queste prime pagine Luca Barbieri accenna ad alcune interessanti connessioni fra licantropi, riti contadini, allucinazioni dovute a raccolti tossici (la segale cornuta).

Nella seconda sezione del libro Luca Barbieri racconta «Finzioni»: da Petronio alla saga di Twilight, passando per Pirandello, per Pavese (che nel licantropo vede una metafora) per arrivare poi al cinema, ai fumetti, ai cartoni e ai videogiochi, infine a «un personale commento sul narrare di licantropi». Scrive Barbieri che «la bellezza del lupo mannaro è il suo anonimato» ovvero che, a parte le notti di luna piena, si cela fra noi, è come noi.

Nella terza parte l’uomo-lupo viene collocato nella «frontiera americana» e in particolare nei miti, diversissimi fra loro, dei nativi con tutte le varianti zoologiche (uomini-leopardo ma anche giaguari). C’è spazio anche per «Black Flag», affascinante escursione di Valerio Evangelisti in un West pieno di lupi, più o meno umani.

L’ultima sezione del libro, la più breve, si intitola «Riserve animali dell’immaginazione» cioè ulteriori varianti dell’uomo-lupo in Giappone e in Africa. Come ben sa – nel regno dell’immaginario, si intende – il saggio Corto Maltese «noi africani possiamo prendere l’aspetto dell’animale di cui siamo fratelli per magia».

L’abilità di Luca Barbieri è nel saltellare, senza mai perdere l’equilibrio, tra le vicende storiche (fra il Trecento e il Seicento le fonti più prudenti parlano di almeno 20mila processi a licantropi, non proprio un’inezia) e l’immaginario di ieri e di oggi.

Alcuni fatti di cronaca restano misteriosi generando leggende e ipotesi strampalate che arrivano ai giorni nostri. Come «la bestia del Gévaudan» (in Francia) al quale il libro dedica 20 pagine: il presunto lupo mannaro lasciò dietro di sè «112 morti e una cinquantina di feriti» tra luglio 1764 e giugno 1767; sulla vicenda è uscito, nel 2001, il film «Il patto dei lupi». Non solo in Francia comunque: tra gli scaffali della biblioteca Braidense, Luca Barbieri ha scovato un opuscolo (60 pagine) intitolato «Giornale circostanziato di quanto ha fatto la Bestia feroce nell’Alto Milanese dai primi di luglio dell’anno 792 sino al giorno 18 settembre».

Nelle leggende sui licantropi si riversano i più antichi pregiudizi: è pericoloso nascere la notte di Natale; le madri non devono cercare un parto indolore; il figlio numero 7 è un predestinato. Se queste superstizioni vi fanno sorridere considerate come, in tempi recenti, il presidente argentino Peron abbia decretato che «ogni settimo figlio dovesse forzatamente essere battezzato» per evitare appunto la maledizione.

Il libro è davvero esauriente, ben scritto, intelligente e mai noioso. Anzi per rimanere al nostro tema: predante anzichè pedante. Davvero splendide le illustrazioni: Luca Barbieri ha rintracciato la rivista medica «The American Journal of Psychiatry» con le immagini di cervelli colpiti dalla «licantropia di Nabucodonosor» e le locandine dei primi film sull’uomo-lupo, la fotografia di Lewis Keseberg (il cosiddetto “lupo mannaro del passo Donner”) e le antiche incisioni che raccontano la leggenda di Licaone (ne parla Ovidio nelle «Metamorfosi») tramutato da Zeus in lupo mannaro per la sua empietà mettendole accanto a quelle di film, fumetti e iconografie classiche.

A cercare il famoso pelo (di lupo?) nell’uovo – ognuno ragiona anche per i suoi gusti o se volete manie – mi sarebbe piaciuto da un lato avere qualche accenno in più alla fantascienza (l’assai intrigante «Il figlio della notte» di Jack Williamson è liquidato in tre righe) e dall’altro che fosse approfondito l’intreccio licantropia-mal di luna. Non a caso nella ricca bibliografia Luca Barbieri cita un «Mal di luna: racconti di lupi mannari» pubblicato da Newton Compton nel 1994 ma dimentica il quasi omonimo (e uscito dallo stesso editore, nel 1981) «Mal di Luna – folli, indemoniati, lupi mannari: malattie nervose e mentali nella tradizione popolare» scritto a 10 mani da Guglielmo Lutzenkirchen, Gabriele Chiari (che ragiona proprio del lupo mannaro), Fabio Troncarelli, Maria Paola Saci e Lucilla Albano con un saggio introduttivo di Alfonso Di Nola. Ma interessanti collegamenti con “l’uomo lupo” si trovano anche in alcuni capitoli (in particolare il 4 e il 17) di «Volare al sabba: una ricerca sulla stregoneria popolare» che Cesare Bermani ha pubblicato nel 2008 nelle edizioni DeriveApprodi. A mio avviso in una futura riedizione di «Storia dei licantropi» è qui che Luca Barbieri deve ancora scavare un pochino.

Quanto all’attuale immaginario cine-televisivo, il licantropo è tornato di moda ma sembra piacere meno dei vampiri e degli zombies. Luca Barbieri però ne sottolinea il ruolo tragico: «è costretto a uccidere da una brama che non gli appartiene, da una ferocia che rigetta; è vittima prima che carnefice». Come scrive Evangelisti è «il meno sexi dei mostri», quasi un proletario di fronte agli aristocratici vampiri.

Un po’ di quiz per finire: l’uomo-lupo si manifesta solo nelle notti di luna piena? Il contagio avviene per un morso? E’ meglio combatterli con l’argento, con il fuoco, con schegge di legno di quercia o con certe piante come l’aconito? Teme il sale o invece i rospi? Come mai un colapasta tiene lontano il licantropo? La fine del mondo, nella tradizione nordica, è legata a due lupi? Cos’ha di particolare il licantropo friulano? Per quale ragione nella zona di Padova così tanti cognomi (Cagnoni, Cagnato, Zancan…) incorporano la parola cane? Infine: il “mal di Luna” è affare solo di uomini o ci sono anche le donne-lupo? Se le risposte non vi arrivano fluenti, il rimedio è a portata di mano: acquistate «Storia dei licantropi» o fatelo arrivare nella biblioteca più vicina.

BREVE NOTA

Una versione ridotta di questa mia recensione è in uscita sul quotidiano «L’unione sarda«». (db)

Redazione
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Un commento

  • Luca ha molto talento.
    Riesce a rendere i suoi saggi appassionanti come romanzi e, quando riesce a trovare il tempo, scrive anche storie violentissime. Secondo me è una delle migliori promesse della narrativa fantastica italiana. Speriamo che trovi il tempo di scrivere ancora e con costanza.

    Vince

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