Luce, memoria, morte, libri, Sicilia

Lella Di Marco ricorda Gesualdo Bufalino, morto il 16 giugno 1996

In una notte di giugno viene ucciso in un incidente automobilistico, sull’autostrada, il comisano (era nato il 15 novembre 1920) Gesualdo Bufalino mentre tornava da Vittoria per rintanarsi nella sua casa – una grotta di intimità – sempre in quell’estrema punta della Sicilia dove c’è luce. Troppa luce. Dove la vita “ illuminata dal sole” non può che essere eterna.

«[…] Perché dove c’è più luce, dove c’è più sole, lì il sentimento della morte deve essere necessariamente più intenso, più sentito, più doloroso. Perché io immagino, poniamo, una morte nelle nebbie del Nord: lì morire deve essere in qualche modo una cosa naturale, perdersi nel crepuscolo nella cupa ovatta grigia del niente. Mentre qui, invece, nella luce, sotto la forza del sole, la morte rappresenta uno scandalo, un’infrazione, una trasgressione alla legge della vita, alla forza della vita».(Gesualdo Bufalino )

Poeta disincantato della Sicilia perduta, Bufalino fu uomo di grande cultura: ha il fascino dell’intellettuale e lui stesso subisce il fascino di chi produce idee ed è dentro l’officina della cultura che comunque è legata al mondo. Alla comunità. Alla propria terra.

La terra di Gesualdo Bufalino non è soltanto quella in cui splende il sole, bagnata dal mare. E’ anche in zolle e sassi calpestati da Platone e Gorgia con la seduzione, che tocca il cuore, della cultura greca e romana e della ricerca del mistero dell’eredità culturale araba. Visibile e nascosta. Vociante e silenziosa.

Bufalino da sempre studia, studia, studia. Annota. Scheda tutto nell’archivio della sua memoria dove, a un certo punto della vita, comincia a scavare come fosse un sito archeologico, proprio per ri-trovare pezzi archeologici della sua vita. Scrive di tutto… spiegando anche la sua poetica e il bisogno di parlare-scrivere per «contrastare i venti avversi». Coltiva anche interessi extraletterari come la musica classica, il jazz, il cinema, gli scacchi. La sua giovane esistenza e parte della vita adulta si svolgono prevalentemente in sanatorio. Lo studio è una fuga ma anche il bisogno di ESSERCI.

Il giovane Bufalino è solitario, ama i poeti maledetti apprezza Baudelaire ma anche Leopardi e Proust con il quale – ho motivo di credere – ci sia stato un processo di identificazione dovuto ad analogie esistenziali.

E’ riservato ma non ha complessi di inferiorità. Crede in quello che scrive. Nelle sue azioni. Non potrebbe essere diversamente: ogni siciliano sente che l’Isola è al Centro del Mar Mediterraneo e come tale è al centro del mondo. Oltre quella che è oggi l’Europa. E se il sillogismo funziona ancora il siciliano non si sente secondo a nessuno.

Leonardo Sciascia estasiato dalla lettura dei manoscritti di Bufalino fa l’impossibile assieme ad Elvira Sellerio per convincere lo schivo autore comisano a pubblicare i suoi testi. Ci riesce. Così a 61 anni suonati – nel 1981- ecco il suo primo libro: Diceria dell’untore arriva al grande pubblico ed è subito successo. Un caso letterario. Anomalo. Controcorrente e tradizionale senza essere tradizionalista. La critica letteraria – dal Gazzettino di Comiso a il manifesto – è unanime nel capirne immediatamente il valore.

Fioccano i riconoscimenti dall’immediato premio Campiello allo Strega nel 1988: per lo stile ricercato, la grande abilità linguistica, l’immensa cultura, le tematiche. La vita, la morte, la sofferenza, la malattia, la vecchiaia, il continuare… l’essere a Comiso e il difendersi. Sempre

Ovviamente anche la sua produzione letteraria prolifera. Sorprendente e nuova. Senza intimismi , autocommiserazioni né compiacimenti.

Difficile anche definire il nuovo letterato: Bufalino è semplicemente siciliano. Forse non occorrono altre definizioni

Io però non capisco tante cose, a parte la mia lacerante difficoltà emotiva in questo momento a scrivere di lui,. che pure amo come tanti altri scrittori e gente di Sicilia.

Proprio io, che della Sicilia sono figlia grata e felice, non capisco ad esempio perché, nessuna voce critica si sia mai alzata contro Bufalino, dopo il devastante e infuocato dibattito negli anni 60 a Palermo, dove sono arrivati anche “ i piemontesi” del gruppo 63, da Feltrinelli a Balestrini da Eco a Giuliani in nome dell’avanguardia letteraria , della rottura con Moravia, Bassani, Pasolini… dell’attacco cruento, senza precedenti a Tomasi di Lampedusa e all’operazione de Il Gattopardo (manoscritto ritenuto non degno di essere pubblicato da Vittorini, allora direttore editoriale dell’Einaudi). Negli anni 80 era tutto rientrato? Smorzata anche l’eco di una stagione pur nuova e dirompente di dibattito letterario-artistico? Un altro trionfo del capitalismo!

Preferisco focalizzare la mia riflessione sulla sicilianità – o “sicilitudine” – degli scrittori isolani , risparmiando la lunga diatriba su tale termine riconosciuto a Sciascia ma di fatto inventato da uno dei componenti palermitani del gruppo 63 nel corso di una assemblea a piazzale Ungheria, Palermo, proprio di fronte al bar dove il principe Tomasi di Lampedusa era solito «isolarsi fra la gente ogni mattina» per scrivere il suo tanto famoso e vendutissimo romanzo. Ma queste sono cose da intellettuali decadenti …

Come aveva già capito Goethe, senza la Sicilia l’Italia non avrebbe formato un quadro nell’anima: «qui soltanto è la chiave per capire tutto» scriveva il poeta tedesco nel suo viaggio siciliano.

Certamente la letteratura siciliana – che si vuole nata con Verga – ha contribuito alla costruzione della letteratura italiana fra ‘800 e ‘900 per incrociare sul fertile terreno romanzesco i problemi decisivi di un’epoca. Costruendo quello che Hegel chiamava «lo spirito della storia» e scrivendo in pagine di alta temperatura storica, antropologica e poetica quella che è L’AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE.

In tale “redazione” Bufalino – o come veniva chiamato dai suoi contemporanei “ il malpensante di Comiso” – entra a pieno titolo, con il suo mondo antico facendo breccia nella modernità infelice che con la tecnologia tenta di annientare tutto ciò che è umano.

Ma in Sicilia il sole continua a fare luce e la sicilitudine a trionfare, sempre più viva, sulle mille invasioni… E’ l’essere siciliani il vero tema nuovo ma antico: da indagare per carpirne la forza e la vitalità prima che qualche sciagurato finanzi il vero separatismo dell’isola al centro del mar Mediterraneo (che è poi al centro del mondo).

NARRATIVA E POESIA

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

Redazione
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