L’ucronia al meglio

Le riflessioni di Gian Filippo Pizzo (*) su «Il 9 maggio» di Pierfrancesco Prosperi

«Gli imperi moderni quali noi li concepiamo sono basati sul cardine “razza”, escludendo pertanto l’estensione della cittadinanza da parte dello stato nucleo alle altre genti… La razza può considerarsi come un termine intermedio fra l’individuo e la specie, cioè fra due termini opposti, intendendo la specie, nel suo significato biologico, come la somma di tutti gli individui capaci di dare fra loro incroci fecondi». Queste deliranti ma anche astruse parole furono scritte nel 1942 su «Roma Fascista» da Eugenio Scalfari! Ora, sappiamo benissimo che molti uomini politici, giornalisti e comunque intellettuali che hanno contribuito a ricostruire l’Italia nel Dopoguerra erano stati coinvolti, anche se magari non in maniera pesante, con il fascismo, ma rinnovarne ogni volta la consapevolezza lascia comunque interdetti. Specie trattandosi di un esponente rigorosamente lib-lab qual è poi stato Scalfari, specie considerando invece quanti non si lasciarono coinvolgere preferendo invece l’esilio o addirittura la morte. Un’altra citazione è di Giorgio Bocca: «Sarà chiaro a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa guerra, come ribellione dell’Europa ariana al tentativo ebraico di ridurla in schiavitù» («La Provincia Grande – Sentinella d’Italia», 14 agosto 1942). Il romanzo di Prosperi contiene numerose citazioni, all’inizio di diversi capitoli, riprese da articoli, da norme legislative, da diari, da varie fonti, compresi gli elogi che Mussolini e il fascismo degli inizi ricevettero da parte di Winston Churchill, da Pio XI, persino da Gandhi, ed è da ammirare il lavoro di ricerca da parte dell’autore. Per più di metà si tratta quasi di un romanzo storico molto ben documentato e che restituisce l’atmosfera fiorentina di quei giorni tra aprile e maggio 1938 che precedettero l’atteso viaggio di Adolf Hitler in Italia.

Però, come rivela subito il sottotitolo, non si tratta di un romanzo storico ma di una ucronia nella quale si immagina che il dittatore tedesco venga ucciso in un attentato mentre quello italiano si salva, cosa che ne accresce il potere, come d’altronde è avvenuto nella storia vera: furono sei gli attentati al “duce” (i più famosi quelli di Violet Gibson e di Anteo Zamboni) e dopo ognuno di questi la propaganda ne approfittò alimentando la fama di invulnerabilità di Mussolini. Nel caso di questo romanzo l’autore prende spunto dal fatto che a far da guida ai due tiranni nel corso della loro giornata fiorentina venne chiamato un altro di quegli intellettuali di cui dicevamo all’inizio, Ranuccio Bianchi Bandinelli, già allora noto archeologo, fascista tiepido o meglio antifascista non dichiarato, che accettò malvolentieri l’incarico e ammise di aver pensato a un attentato: nessuno avrebbe controllato se egli avesse portato una pistola con sé; purtroppo non ebbe il coraggio o comunque non volle compiere un atto che avrebbe cambiato la storia. Prosperi è però scrittore troppo smaliziato per raccontarci la storia in questi termini e così inventa un’altra trama, quella di quattro giovani avvocati di buona famiglia che decidono di minare un tratto dei lungarni per farlo esplodere quando la macchina dei due Capi di Stato fosse passata sopra. Naturalmente c’è poi un primo colpo di scena che non possiamo rivelare, e quasi tutto il libro assume i toni del thriller dove l’attenzione del lettore resta vigile nel seguire gli avvenimenti, fino ad altri colpi di scena e alla – altrettanto sorprendente – rivelazione finale.

Come abbiamo già scritto l’accuratezza storica è notevole, nella descrizione del percorso, in quella dei luoghi e degli edifici coinvolti (Prosperi quando scrive non dimentica mai di essere anche un architetto e un urbanista) in particolare i bar frequentati dall’élite quali Doney o le Giubbe Rosse, in gustose notazioni come quando fa presente che era in programma l’audizione di un atto del Simon Boccanegra: ma Mussolini e Hitler sapevano che racconta la storia di un tiranno? Alla ricostruzione l’autore affianca una buona dose di inventiva divertendosi a scrivere finti articoli e imitando, sulla base delle citazioni, lo stile di Scalfari e di Bocca, come di Sergio Romano, di Palmiro Togliatti e di Giulio Andreotti! Perché la conseguenza dell’attentato è che, mentre Hitler muore e la Seconda Guerra Mondiale non scoppia, il fascismo si consolida e i personaggi citati ne sono comunque coinvolti; in effetti dobbiamo chiarire che il romanzo è ambientato nel 1969, anno della morte del Duce, e che la storia è raccontata con dei flashback nel 1938, con qualche puntata negli anni Cinquanta e nel 1962.

Pierfrancesco Prosperi è – assieme ai più anziani Renato Pestriniero e Mauro Antonio Migliaruolo – il decano degli scrittori italiani di fantascienza, avendo iniziato a pubblicare nel 1960, appena quindicenne. Da allora ha pubblicato ben 28 romanzi (compresi horror, gialli e spy-stories) e un numero sterminato di racconti, molti dei quali ripresentati nell’antologia celebrativa dei primi cinquant’anni di attività «Il futuro è passato» apparsa da Bietti nel 2013. La sua produzione è caratterizzata dal fatto che non usa quasi nessuno degli stilemi più emblematici – secondo la vulgata corrente – della science fiction: nelle sue opere non ci sono astronavi, mostri e robot (utilizzati con parsimonia solo a inizio carriera) ma coerenti speculazioni sulla società e sulle persone, ottenute con il ricorso alla distopia e all’ucronia, due modelli narrativi nei quali è maestro. Oltre a romanzi ormai considerati classici del nostro genere – «Seppelliamo Re John», «Autocrisi», «Garibaldi a Gettysburg» – è di particolare rilievo la quadrilogia dell’Islam iniziata nel 2007 con «La moschea di San Marco» (Bietti) e conclusa nel 2018 con «Bandiera Nera!» (Tabula fati), in cui si immagina l’avvento di un partito musulmano nel panorama politico italiano e le conseguenze che ne derivano.

Nella postfazione Gianfranco de Turris – oltre a leggere il testo con l’ottica di destra che gli è abituale e che anche in questo caso non è del tutto giustificata – rileva che «Il 9 maggio… travalica la tradizionale Storia Alternativa che spesso tende a essere semplicistica perché ricalca cose dette mille volte. Qui invece nulla è scontato, come i lettori si renderanno conto». Capiamo bene l’intenzione di esaltare giustamente il lavoro di Prosperi ma qui occorre una precisazione: non è che il romanzo travalichi la storia alternativa, è che in genere gli altri scrittori che si sono dedicati a questo genere (genere a sé o sottogenere della fantascienza: fate voi) non hanno l’accuratezza e la sensibilità dell’autore aretino e si lasciano trascinare dalla fantasia più sfrenata e sconclusionata. Prosperi in questo momento (ma in realtà da tempo) ci sembra l’unico che si documenti a fondo e che nel descrivere la storia risultante dall’avvenimento modificato tenga presente in maniera coerente l’evoluzione della storia reale, così da descrivere un presente alternativo molto verosimile.

In definitiva si tratta di un romanzo ben scritto e avvincente, che si potrebbe collocare nella corrente del “fantafascismo” che da qualche lustro viene proposta specialmente da piccole case editrici politicamente orientate, nostalgiche del passato regime, forse con l’illusione di cancellare la realtà storica col rifugiarsi in un immaginario molto poco coerente, almeno a giudicare da certi romanzi che vedono addirittura l’Italia fascista diventare una superpotenza mondiale (ad esempio il ciclo di «Occidente» di Mario Farneti). Con l’avvertenza che in questo caso il Ventennio non è visto da destra, non è frutto di nostalgia, come testimoniano alcune citazioni di frasi dello stesso Mussolini («E’ degno nipote di Attila. E’ un uomo spietato e feroce», dice alla moglie Rachele nel 1933 a proposito di Hitler; «[I gerarchi] sono tutte carogne», in un’altra occasione) e il tono generale dell’opera.

Pierfrancesco Prosperi

«Il 9 maggio: cosa sarebbe successo se Hitler fosse morto a Firenze nel 1938?»

Homo Scrivens

pagine 210, euro 15

(*) ripreso da https://pulplibri.it/lucronia-al-meglio/

Redazione
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5 commenti

  • Daniele Barbieri

    Non sarà un romanzo “di destra” ma farsi fare (oppure accettare) la prefazione da Gianfranco De Turris è una scelta sciagurata. Come ricordava Sandro Pertini «il fascismo non è un’opinione è un crimine» e De Turris fascista è. Per chi non lo conoscesse, riprendo una nota che “la bottega” ha pubblicato, in un’occasione analoga, tempo fa.
    ECCOLA
    De Turris è da sempre molto presente nella fantascienza italiana. Ci pare opportuno ricordare – giusto per un minimo dovere informativo – che è anche un fascista. Come abbiamo già scritto in “bottega” De Turris è autore fra l’altro della prefazione al romanzo «La chiave del caos» di quel Gianluca Casseri, attivo in Casa Pound, che nel dicembre 2011 a Firenze vilmente uccise due senegalesi inermi, Samb Modou e Diop Mor.
    Prima e dopo il 2011 De Turris non ha perso occasione di lodare il fascismo e di frequentare i nuovi nazifascisti. Salvo fare la vittima quando qualcuno glielo fa notare. Come è noto, tanti democratici in Italia purtroppo non si fanno problemi a frequentare fascisti, specie se si presentano in guanti bianchi, o a tacere sulle appartenenze politiche (“ognuno ha le sue idee” è la frase di comodo anche quando di mezzo o di lato ci sono fatti e fattacci). Invece per noi è proprio un problema. Vale anche per la scelta dell’editrice Arianna – che pure pubblica libri molto interessanti – di dialogare con Alain de Benoist dell’estrema destra francese.

  • Bene, Daniele, ricordare le parole di Sandro Pertini “Il fascismo non è un’opinione, è un crimine”. Ed è punto di non ritorno.
    Continuiamo a ripeterle e a ripetercele, queste parole, perché “chi non ha memoria non ha futuro”.

  • Pierfrancesco Prosperi

    Difendo la mia scelta “sciagurata” di aver accettato di buon grado la postfazione dell’amico Gianfranco De Turris. La definizione di fascista che gli viene data è pura responsabilità di chi la dà. Questa ossessione di vedere fascisti dappertutto, soprattutto a destra (quando ci sono anche a sinistra) mi inquieta non poco. Ricordo che il Muro di Berlino venne chiamato da chi lo costruì Barriera di Protezione Antifascista. In Germania il fascismo non c era più ma a qualcuno faceva molto comodo far credere che ci fosse. Proprio come oggi.

    • Raffaele Mantegazza

      Non conosco Prosperi né de Turris per cui non so se siano fascisti entrambi, uno sì e uno no o nessuno dei due. Dico solo che chiunque cerchi di negare l’avanzata preoccupante e angosciante delle idee, dei simboli e delle violenze (neo)fasciste e (neo)naziste nell’Europa e nell’Italia di oggi o mente o non è informato. Scrivere ” In Germania il fascismo non c’era più ma a qualcuno faceva molto comodo far credere che ci fosse. Proprio come oggi.” quando non passa giorno senza una violenza ESPLICITAMENTE fascista e come tale rivendicata (dagli insulti razziali, alla profanazione dei cimiteri ebraici, alle offese alla sen. Segre, ai pestaggi agli omosessuali e agli immigrati) è davvero sconcertante. Il fascismo e il nazismo storici sono cresciuti nell’indifferenza e nella sottovalutazione del pericolo che comportavano e nel discredito lanciato sistematicamente contro chi cercava di denunciarli. Appunto, proprio come oggi

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