L’uomo che uccise Che Guevara
Una straordinaria storia scritta da Wilfrid Lupano e disegnata da Gael Séjourné (con i colori di Jean Verney)
Dopo la rivoluzione del 1979 in Nicaragua, il sandinista Tomas Borge divenne ministro degli Interni e una volta spiegò: «Abbiamo fatto la rivoluzione per consentire ai figli dell’uomo che mi ha torturato di poter andare a scuola con tutti gli altri». C’è una lontano eco di questa concreta utopia in una delle due storie del fumetto «L’uomo dell’anno» – numero 4, settembre 2015 – che trovate in edicola (5 euri per complessive 128 pagine a colori).
Ho già parlato (bene) di questa serie – è qui: «L’uomo dell’anno 1917» – pubblicata da Editoriale Cosmo: al di là di autori e temi, la qualità media mi pare assai elevata e mi verrebbe da dire «che bravi questi francesi»… se non temessi di rubare il sapere del mio omonimo. Proprio lui, cioè Daniele Barbieri X (io sono Y) pochi giorni fa spiegava – è qui: Il lieto sodalizio tra immagini e parole – che «il formato graphic novel in questi ultimi anni ha definitivamente sdoganato il fumetto […] È vero che molte confusioni vengono ancora fatte, e […] mi chiedono di chiarire la differenza tra fumetto e graphic novel; e sembrano stupiti quando rispondo che non c’è differenza, e che la graphic novel non è che un formato di pubblicazione del fumetto».
Graphic Novel oppure no (se ho capito bene “no”), queste prime 8 storie raccolte sotto il titolo «L’uomo dell’anno» a me sembrano assai ben pensate e altrettanto bene – o meglio – realizzate.
Quella su «L’uomo che uccise Che Guevara» è scritta da Wilfrid Lupano e disegnata da Gael Séjourné (con i colori di Jean Verney e la copertina di Manchu & Fred Blanchard). Si apre su Evo Morales e si chiude su una pallonata e successiva risata che sanciscono il cammino di liberazione dagli incubi per un singolo ma anche una tappa nella lunga strada dei popoli verso la libertà. Ci sono battute e violenza, tenerezza e personaggi solidi, qualche lacrimuccia e molte verità: nulla manca a questo groviglio, davvero splendido anche nei disegni e nei colori.
Molto ben fatta anche l’altra storia, «L’uomo dell’anno 1894» ovvero «L’uomo che diede origine all’affare Dreyfus», sceneggiata da Fred Duval con disegni e colori di Florent Calvez. La storia di Alfred Dreyfus è abbastanza nota – o almeno lo spero – ma il clima politico in cui matura, le torture (aggiuntive all’ingiusta pena) per Dreyfus lo sono assai meno e io stesso ignoravo molto di quanto ho letto nell’avvincente (come una piovra…) sceneggiatura scritta da Fred Duval. A volere la condanna di Dreyfus furono in molti e tutti in malafede ma ad aggiungere infamia è che il vero colpevole – inoppugnabilmente smascherato da un ufficiale francese – ovvero Ferdinand Walsin Esterhazy l’abbia fatta franca fino al suo ultimo giorno di vita. La ragion di Stato davvero non conosce limiti alla vergogna o all’orrore.
Come ho già scritto, dal punto di vista tecnico la serie «L’uomo dell’anno» è curiosa: «per volere degli autori» ogni numero viene stampato «con una storia da un lato e l’altra su quello opposto», insomma due copertine.
Nel primo numero intitolato «1917-1431» ci siamo ritrovati nella prima guerra mondiale (ma in un’ottica insolita) e dalle parti di una certa Giovanna che non si sa ancora bene se fosse santa, pazza o altro. Poi le vicende si sono annodate sul 1492 di Cristoforo Colombo e sul 44 avanti Cristo – narrato però da «Quinto Falco, guardia del corpo di Giulio Cesare» – mentre il terzo fascicolo offriva una splendida storia nella Comune di Parigi (dunque 1871) e un’altra sulla battaglia di Waterloo (1815) e su quella definizione di «merda» diventata famosa. Il prossimo – a ottobre – annuncia «L’uomo dell’anno 1848», un certo Karl Marx, e «L’uomo dell’anno 1666» che ha il suo centro nel grande incendio di Londra.
Editoriale Cosmo è una casa editrice specializzata nella pubblicazione di fumetti d’avventura, nata nel 2012, con sede a Bologna. Delle sue pubblicazioni – sinceramente ne ho occhieggiate solo alcune – questa è ben sopra la media anche “bonelliana”. Ho trovato un solo difetto in «L’uomo dell’anno», almeno per i miei stanchi occhi: è tutto molto piccolo, dunque si fatica a leggere e spesso i disegni sono troppo sacrificati. D’altro canto mi rendo conto che un altro formato – più pagine con relativo costo dei colori – avrebbe fatto salire assai il prezzo. Non potendo avere, in un colpo solo, la classica moglie ubriaca con relativa botte piena… mi accontenterò.