Marco Annoni, Maurizio de Giovanni, Chiara Frugoni…

… con Lawrence M. Krauss e Karoline Reinhardt

5 recensioni di Valerio Calzolaio

La felicità è un dono. Perché l’altruismo intelligente è la scelta migliore che puoi fare – Marco Annoni

Prefazione di Telmo Pievani

Sonzogno Venezia, 2022

Pag. 141 euro 16

Questo pianeta di primati pure sapiens. L’egoismo individuale e parentale è spesso imperfetto, nel senso che può essere bilanciato da un vantaggio di un gruppo appena più largo, oppure della comunità e di specie. L’evoluzione, infatti, accade a più livelli di selezione ed è ambi o plurivalente: tendiamo a essere meno egoisti e più altruisti quando sentiamo (in teoria e in pratica) di appartenere a un insieme. In un mondo dilaniato da diseguaglianze feroci e da conflitti violenti, abbiamo un grande bisogno di altruismo efficace verso i sapiens e il vivente, niente di solo emotivo o istintuale, niente autolesionismi o sprechi. Fare ciascuno di noi più bene possibile in cerchi morali concentrici sempre più ampi: sé stessi, i parenti stretti e allargati, la propria comunità, le proprie scelte di empatia e solidarietà, il proprio contesto istituzionale, gli otto miliardi della propria specie, gli ecosistemi. Certo, è inutile dividerci in buoni e cattivi: ereditiamo dal nostro passato evolutivo la capacità di fare il meglio e il peggio al contempo. Tanto vale allora capire, prima o poi, una volta per tutte, che e quanto conviene donare e donarsi, ognuno attraverso un personale consapevole cammino. Risulta pertanto utile distinguere le tre dimensioni della felicità del dono, più facile da raggiungere di quanto si creda, in tutti i suoi tre differenti livelli, in vario modo presenti pure nelle grandi tradizioni del pensiero spirituale e religioso: emotivo, cognitivo, esistenziale. Una nutrita serie di studi sperimentali evidenzia che chi dona ha, in media, una vita più felice e soddisfacente, ed è in media anche più in salute. Provare per credere.

Il giovane bioeticista e ricercatore di filosofia della scienza Marco Annoni (1981) descrive le basi serie e oggettive per diventare sapienti “donatori”, intelligenti e felici (da cui titolo e sottotitolo). Possiamo fare del bene o prevenire malori e dolori: chiunque ha la possibilità di salvare o migliorare in modo radicale la vita di decine, se non centinaia, di altre persone che oggi si trovano in una condizione di sofferenza, pericolo o povertà, senza gesti straordinari o eclatanti e senza danneggiare sé stessi (o altri). Praticare l’altruismo attraverso il dono o il volontariato può essere un modo per migliorare il proprio carattere e diventare persone più virtuose, informate e in grado di rispecchiare i valori in cui credono (crediamo). In molti casi, quando si agisce per il bene degli altri, si ha un ritorno positivo anche per sé. L’ottima prefazione è del grande Telmo Pievani. La chiara narrazione è poi molto ben argomentata con gli aggiornati studi empirici, distinta in due parti, prima la natura quindi la pratica dell’altruismo, in tutto sei capitoli che terminano ognuno con la riassuntiva “idea chiave”, da assimilare e gestire. In fondo, una breve appendice per “verificare personalmente e informarsi in modo adeguato” e la bibliografia sintetica. Provar non nuoce.

 

Caminito. Un aprile del commissario Ricciardi – Maurizio de Giovanni

Einaudi Torino, 2022

Pag. 270 euro 19

 

Buenos Aires e, soprattutto, Napoli. Aprile 1939. Nel caffè dell’altra parte del mondo, una bella cantante cerca di interpretare meglio la struggente canzone sulla stradina delle pene d’amore, da cinque anni è fuggita impaurita dall’Italia e ora si chiama Laura Lobianco, le stesse iniziali rispetto a quelle dell’esistenza di cui ha nostalgia. Dietro a un boschetto di questa parte del mondo, il vedovo maestro in pensione Caputo alla ricerca di nespole trova per caso due cadaveri nel giardino nascosto ai percorsi abituali, dietro alle case popolari, sembra quasi che i due giovani stessero facendo l’amore prima di essere malamente uccisi. In questura il quasi 60enne brigadiere Raffaele Maione si confida col commissario Luigi Alfredo Ricciardi di Malomonte, hanno in sospeso soltanto la denuncia della scomparsa del primo ufficiale di una nave genovese. Prima che finisca il turno arriva però la chiamata dal posto di guardia di San Giovanni, hanno trovato i due morti, vanno insieme sulla scena del crimine. Ricciardi si concentra per abbandonarsi alla dannazione che gli fa sentire l’ultima frase pronunciata dai morti sul luogo e capisce che la coppia aveva il matrimonio in vista, si era data un appartato appuntamento e forse lui è proprio il 27enne Parodi che non era rientrato all’imbarcazione alla ritirata del giorno prima. Fra l’altro, arriva il medico Bruno Modo e se ne va sconvolto, forse lo conosceva, coinvolto in qualche attività clandestina. Cominciano a indagare, Parodi faceva il postino dei carcerati a Ventotene, potrebbe essere stato vittima dei fascisti, ordini ufficiali o meno. Però non tutto quadra, faticano a identificare la ragazza. Ed entrambi hanno pure altri pensieri per la testa: Ricciardi continuamente relativi alla figlia Marta, nata cinque anni prima mentre la moglie Enrica moriva nel parto, chissà se ha ereditato i dannati “poteri” del padre; Maione a causa dell’imperioso arrivo di un appariscente riccone che vuole sottrarre la figlia adottata dalla sua famiglia. Le minacce si addensano e complicano.

Il grande scrittore italiano Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) aveva chiuso oltre tre anni fa la sua prima e più amata serie con il dodicesimo romanzo. Dopo gli esordi con le quattro stagioni del 1931, il seguito delle feste del 1932, le svolte matrimoniale del maggio 1933 e genitoriale dell’estate 1934, aveva dovuto abbandonare alla sua sorte l’amatissimo “diverso” commissario. Ricciardi non era più certo di essere pazzo, pur mantenendo una peculiarità al limite del paranormale: nei luoghi che frequenta percepisce ancora tanto dolore, le voci di chi è morto, ascolta chiaramente ultime parole e sentimenti quando si trova sulla scena della dipartita (criminale o meno), chiama questo fenomeno il Fatto (conosciuto solo da Enrica, con la quale aveva condiviso tutto), chissà se Marta seguirà le sue (tristi e devastanti) orme. Qui vorrebbe ormai la “prova”, verificare se l’ha trasmesso, non lo ha capito bene dal colore degli occhi (verdi i suoi, praticamente neri quelli di lei). La bimba è una nuova inedita protagonista (acuta e sensibile, più alta della media, capelli corti, spesso un bel fiocco sulla testa, mani sottili e nervose del padre, volto dolce e tratti regolari simili alla madre); quattro giorni alla settimana va a studiare con l’istitutrice Edna e il figlio Federico dalla contessa Bianca Borgati di Zisa, cara amica di Luigi ed Enrica; frequenta pure spesso i nonni materni (drammaticamente condizionati dalle leggi razziali); la sempre più brutta governante Nelide la segue ovunque. La narrazione è, come sempre, in terza varia (brevemente anche fra i colpevoli). Il titolo garantisce con commozione (sentimentale) e approfondimenti (argentini) il filo lirico comune di Luigi ed Enrica (sulla loro panchina), di Luigi e Marta (verso la casina della musica), di Marta e Federico (come scopriamo alla fine). Con audacia e qualità, De Giovanni riesce in un triplo salto mortale: recuperare l’invocata serie innovandola nelle dinamiche, politiche sociali relazionali. Altro che letteratura minore di genere! Giusto che sia in testa alle classifiche di vendita. Tanti riferimenti all’isola carcere di Ventotene. Vino rosso.

 

A letto nel Medioevo. Come e con chi – Chiara Frugoni

Il Mulino Bologna, 2022

Pag. 168 euro 22

Europa. Basso Medioevo. La vita quotidiana di tanti secoli fa ruotava spesso intorno al letto, proprio o altrui: un giaciglio dove riposarsi e scaldarsi grazie al camino e alle coperte; un appiglio affollato dove pranzare, studiare, conversare e ricevere visite (sempre grazie al camino); un’alcova ovviamente, pure e bene. Un po’ come oggi (forse addirittura più di oggi), il letto costituiva un indicatore sociale e si potevano trovare letti di tutti i tipi, con agli estremi quelli sontuosi baldacchini e quelli umili pagliericci, avessero o meno rialzi o pedane, cuscini, ricami o abbellimenti esterni. In genere tutti dormivano nudi, anche i moribondi e gli ammalati; i sani di solito semiseduti, possibilmente sopra numerosi cuscini; poveri ed eremiti su stuoie. Già dal Trecento in Italia (più che in Francia) un buon letto era fatto di solido legno (con testiera angolata o curva) e circondato da cassapanche; la maggior parte costruita da falegnami secondo le esigenze del committente, raramente acquistati belli e fatti; talora occasione lussuosa e magnificente in vista di proposte indecenti di tutti i generi. Il letto risultava il mobile più importante e l’unico confortevole di una casa medievale, quello da profumare contro gli afrori del sudore e i cattivi odori stagnanti altrove, dentro e fuori la residenza. L’antico passato del Medioevo latino-cristiano resta molto e biodiversamente nel nostro immaginario contemporaneo.

L’eccelsa studiosa Chiara Frugoni è scomparsa da pochi mesi (Pisa, 4 febbraio 1940 – 9 aprile 2022): figlia d’arte, storica e scrittrice, esperta di Medioevo e di Storia della Chiesa, docente universitaria a Pisa e a Roma, colta sostenitrice della centralità delle fonti iconografiche, autrice di decine e decine di saggi storici godibilmente preparati e di competenti opere letterarie (perlopiù protagonista San Francesco), consulente di programmi radio e tv, tradotta all’estero, molto apprezzata e premiata in patria. Quest’ultimo volume esce postumo, quindi senza introduzione e conclusioni, pur rivisto e consegnato dall’autrice, con una meditata suddivisione in nove capitoli e relative note (raccolte in fondo) e un utile indice dei nomi e dei personaggi citati. Il testo è una sorta di commento alle splendide figure colorate che talora occupano l’intera pagina, riproduzioni complete o parziali di affreschi esposti in musei di mezzo mondo. Frugoni prende spunto da un oggetto artistico prodotto in quei tempi, il particolare visivo di una miniatura oppure le frasi originali di una novella (molte altre oltre a quelle di Boccaccio), per narrarci costumi e mentalità medievali connessi allo strumento dove (anche) dormivano: in che modo e con chi, appunto, vi dormivano o vi facevano sesso (da cui titolo e sottotitolo); come vivevano e come pensavano lì attorno; cosa si capiva della relativa stratificazione sociale. Ecco la stanza “multitasking” con il letto (anche per atti violenti), i letti molto affollati e ad accoglienza variabile, la Chiesa fra le lenzuola, la festa dei sensi. Arte, scienza, conoscenza conviviale.

 

La fisica del cambiamento climatico – Lawrence M. Krauss

Traduzione di Giuseppe Bozzi (è scritto solo nel retro copertina)

Raffaello Cortina Milano, 2022 (orig. 2021)

Pag. 204 euro 18

Pianeta. Di questi tempi. Il fiume Mekong scorre per 4800 chilometri, è il maggiore del Sudest asiatico, il dodicesimo più lungo al mondo; il bacino copre una regione vasta come Francia e Germania insieme; in media è largo circa un chilometro e mezzo (perlopiù non navigabile lontano dal mare), chilometri nell’immenso delta; sul confine tra Laos e Cambogia c’è Khone Falls, la cascata più larga del mondo; il fiume contiene la più alta densità al mondo di pesci d’acqua dolce e le sue inondazioni nutrono le risaie con acqua e limo; oltre agli alti e bassi annuali il delta è sottoposto a una variazione giornaliera, il sistema delle maree è complicato da capire e da vivere. Ebbene, il cambiamento climatico, insieme alle altre attività umane della regione, rappresenta una tempesta perfetta che si avvicina al delta del Mekong (abitato oggi da almeno 60 milioni di sapiens, 14 dei quali dipendono dalla salute del fiume) e all’intero ecosistema fluviale. Ogni giorno va in scena la battaglia tra il flusso di uno dei fiumi più possenti della Terra e la marea montante del Mar cinese meridionale, ma la guerra è stata già persa. La più ricca regione di produzione di riso del mondo potrebbe essere sommersa da acque salate entro la fine del secolo. Le acque con tanti biodiversi pesci diventeranno salmastre fino a punti ben lontani dalla foce. E un’intera popolazione agricola perderà la propria fonte di sostentamento e molta della terra su cui vive. Anche se alcune caratteristiche dell’area sono peculiari, diverse altre regioni al mondo si trovano in simili condizioni di equilibrio precario tra forze ambientali opposte, dalle pianure del Bangladesh alle paludi della Florida, alla foce del Mississippi. Il cambiamento climatico si manifesta in migliaia di modi diversi in migliaia di luoghi diversi. Nessun luogo e nessun paese al mondo ne sono immuni. Un’educazione scientifica minima è indispensabile, ormai dalla minore età.

Il grande autorevole scienziato americano Lawrence Maxwell Krauss (New York, 1954), cresciuto e laureatosi in Canada, nel 1982 Ph.D al MIT (Massachusetts Institute of Technology), in pensione dal 2018 (anticipata anche per alcune condotte inappropriate e sessiste), dal gennaio 2020 è stato coinvolto in alcune lezioni scientifiche nel sud del Vietnam, su imbarcazioni in quel grande labirinto di fiumi, paludi e isole del delta del Mekong, con mercati galleggianti, pagode khmer e villaggi circondati da risaie. Il bel volume che ha tratto dall’esperienza non riguarda quella regione, cui dedica solo il primo e l’ultimo degli interessanti meticolosi dodici capitoli. L’obiettivo riuscito dell’autore è riassumere in modo chiaro e documentato, poche essenziali formule e molte efficaci illustrazioni (circa cento precise aggiornate colorate figure) le caratteristiche salienti (dovute soprattutto ad attività umane) degli attuali cambiamenti climatici globali. Epicuro in esergo (“Non c’è uomo che entri due volte nel medesimo fiume, perché il fiume non è mai lo stesso, né lo stesso è l’uomo”) e Pasteur in conclusione: la fortuna aiuta le menti preparate. Krauss è un apprezzato fisico teorico (delle particelle) e astronomo cosmologo, valuta che la fisica del riscaldamento globale si basa su principi abbastanza elementari, alla cui “trasmissione” servono il gran numero di dati storici disponibili e alcune connessioni interdisciplinari (come il vertiginoso passaggio della popolazione da duecento milioni a otto miliardi negli ultimi duemila anni), da tempo condivise da tutti gli studiosi seri: l’era attuale non ha precedenti su un intervallo di quasi un milione di anni; livelli più elevati di CO2 nell’atmosfera sembrano correlati a epoche più calde; l’aumento contemporaneo è coinciso con l’inizio della moderna era industriale; la velocità e l’ampiezza dell’aumento sembrano corrispondere al consumo di combustibile fossile per le attività umane. Sarebbe auspicabile che gli avanzamenti tecnologici combinati con un agire razionale, non scevro di cortesia ed empatia, possano avere la meglio sugli antichi riflessi di xenofobia, avidità e violenza. In fondo, utili link e siti come “risorse per approfondimenti” e un ottimo indice analitico (purtroppo non sempre presente nei volumi della collana).

 

Migrazioni e diritto cosmopolitico. Sull’attualità della filosofia politica di Kant – Karoline Reinhardt

Edizione italiana a cura e con introduzione di Roberta Picardi

Traduzione di Lorenzo Mileti Nardo

Il Mulino Bologna, 2022 (ed. orig. 2019)

Pag. 371 euro 34

Mondo. Immanuel Kant (1724-1804). I movimenti migratori e gli obblighi verso gli stranieri sono stati da sempre temi della filosofia politica, anche prima di Kant (basti pensare a Platone, Agostino, D’Aquino, Moro, Campanella, Bacone, Hobbes, Locke, Rousseau), riguardando oltretutto i più disparati ambiti tematici e necessitando di ripercorrere in via preliminare una rassegna definitoria di termini in parte diversi come spostamento, migrazione e fuga. La discussione contemporanea (ultimi quaranta anni) riguarda sia la migrazione che la cittadinanza e trae origine dal dibattito sulla giustizia globale, rivelando almeno tre approcci differenti: il comunitarismo di Michael Walzer per esempio, il cosmopolitismo comunitario di Joseph Carens, il nazionalismo liberale di David Miller, tre autori fondamentali per la discussione odierna, di ambito sia anglofono che tedescofono. Tra queste correnti (comunque comparabili e intrecciate), la figura e le opinioni giuridico-morali di Kant assumono una collocazione “trasversale”, esprimibile anche come “disarmonia produttiva”. La sua teoria del diritto cosmopolitico si compose sia di una richiesta di ospitalità universale (e di omissione di atti di ostilità) che di un orientamento anticolonialista, concentrato più sui doveri di virtù degli Stati che sui diritti dei cittadini del mondo, quindi in “disarmonia” con tutte e tre le correnti citate. Kant ebbe, inoltre, una consapevolezza delle problematiche addirittura superiore e affrontò temi spesso oggi elusi, esprimendo in modo aperto un indirizzo acuto e complessivamente “produttivo”, anche per affrontare i dilemmi contemporanei sulle immigrazioni (riferiti o alla giustizia o all’aiuto).

La tesi di dottorato della giovane ricercatrice tedesca Karoline Reinhardt, oggi professoressa di Etica applicata nella facoltà di Filosofia dell’Università di Passau, ricevette nel 2018 autorevoli riconoscimenti come il Kant-Förderpreis della Kant-Stiftung di Friburgo e il Walter-Witzenmann-Preis dell’Accademia delle Scienze di Heidelberg. L’interessante pubblicazione risale all’estate dell’anno successivo. Giunge ora l’opportuna edizione italiana, efficacemente curata e introdotta dalla professoressa Roberta Picardi (Università del Molise), che sottolinea il giustificato rinnovato interesse per il diritto cosmopolitico. Kant comprende al suo interno il diritto di cittadini, gruppi, popoli e soprattutto degli Stati: i doveri associati non sono doveri positivi di assistenza ma solo doveri negativi o di omissione, ossia il dovere di omissione delle ostilità nei confronti dei nuovi arrivati, la cui obbligatorietà appare pur sempre incondizionata, non intaccabile da considerazioni empiriche. Reinhardt distribuisce la dotta argomentata trattazione in tre parti “diacroniche” (diciotto capitoli e innumerevoli paragrafi per facilitare l’esposizione e la lettura): il dibattito contemporaneo, le affinate storiche posizioni di Kant, una migliore rivisitazione del dibattitto alla luce di Kant. I titoli sono significativi: I, Confini chiusi – confini aperti, il dibattito sulla migrazione nella filosofia politica contemporanea; II, Il diritto cosmopolitico di Immanuel Kant nella Pace Perpetua e nella Dottrina del Diritto; III, Diritto cosmopolitico e migrazione. Rimarchevole il capitolo 16 sulla possibile asimmetria del diritto di emigrazione (che ogni Stato dovrebbe concedere ai propri cittadini, pur senza poter garantire loro l’immigrazione altrove) rispetto al diritto di immigrazione (che potrebbe non appartenere al singolo individuo sapiens, ma riguardare invece ogni singolo Stato come dovere perfetto e ineludibile). Ampi riferimenti bibliografici e buon indice dei nomi.

 

 

Redazione
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