Margaret Atwood: «Mangiano fuori»
287esimo appuntamento con “la cicala del sabato” (*)
Mangiano fuori
Al ristorante discutiamo
su chi di noi due pagherà il tuo funerale
sebbene la reale questione sia
se io ti renderò sì o no immortale.
Al momento solo io
lo posso fare e così
alzo la forchetta magica
sul piatto di riso fritto al manzo
e l’affondo nel tuo cuore
c’è uno scoppio lieve, uno sfrigolio
e dalla testa spaccata
tu sorgi radioso;
il soffitto si squarcia
una voce canta Love is Many
Splendoured Thing
tu pendi sulla città sospeso
in calzamaglia blu e mantello rosso,
gli occhi che ti scintillano all’unisono.
Gli altri commensali ti rimirano
chi con stupore, chi solo con noia:
non sanno decidere se sei un’arma nuova
o solo un nuovo spot pubblicitario.
Quanto a me vado avanti a mangiare;
mi piaceva di più com’eri,
ma eri sempre ambizioso.
[da «Chiamami col mio nome», antologia poetica di donne, volume II, traduzione di Anna Toscano]
(*) Qui, il sabato, regna “cicala”: libraia militante e molto altro, codesta cicala da oltre 15 anni invia ad amiche/amici per 5 giorni alla settimana i versi che le piacciono; immaginate che gioia far tardi la sera oppure risvegliarsi al mattino trovando una poesia. Abbiamo raggiunto uno storico accordo: lei sceglie ogni settimana i versi da regalare alla “bottega” e io posto. Ma quando “cic” è in vacanza, tocca a me recuperare qualcuno dei suoi vecchi invii: come oggi. Perciò, di riffa o di raffa, se volete ci rivediamo qui fra 7 giorni. [db]