Marocco di Calabria

dove lo studente Saad Tarybqy racconta viaggi, stelle, corse, sogni e «I giardini delle esperidi festival»

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James studiava un modo per arrivare su Marte. Saidou invece sperava in un visto per arrivare in Europa.

I loro sogni hanno lo stesso peso dei loro limiti. Com’è potuto succedere? Chi ci ha messo in testa che le nostre terre sono di tutti, ma che i nostri occhi non sono liberi di vedere le terre altrui? Chi ha deciso che ci sono terre dalle quali non si può andare e terre che invece partoriscono uomini liberi?

Viaggiare ci rende più maturi. Ma ho sempre pensato che più chilometri si fanno e più si impara; naturalmente, come tutte le cose sbagliate, prima o poi vengono smentite. Infatti oggi vi racconto come ho imparato più a 50 che a 1500 chilometri “da casa mia”.

Nato in Marocco e cresciuto in Calabria, non ho mai sentito di avere una casa propria, sono sempre stato figlio di due terre differenti. Ho dovuto annunciare il mio amore in italiano alla mia mamma marocchina, cercando un abbraccio che sappia di the alla menta e di caffè espresso, un abbraccio che sappia di tajin e di pizza, un abbraccio che sembra smarrito in una terra che non conosco. Annuncio il mio amore e mi risponde il silenzio; spiegatemi ora come sia possibile avere due madri e nonostante tutto vivere in un orfanotrofio.

Sono fatto di sogni; e come tutti naturalmente cerco ogni giorno di costruire un gradino in più per realizzarli ma non conoscendomi non capivo se stessi costruendo gradini per salire, verso di loro, o gradini per scendere, allontanandomi.

Dopo un viaggio durato circa 5 giorni ho aperto gli occhi; anzi no, mi correggo, gli occhi li ho sempre avuti aperti: dopo questo viaggio, ho imparato a guardare il mondo da diversi punti di vista, soltanto così riesco a capire meglio com’è fatto.

Il viaggio del quale vi sto parlando non l’ho fatto in luogo di grande fama, in un grand hotel, ma in un piccolo comune che si chiama Zagarise, in provincia di Catanzaro, in un ostello senza stelle ma se dovessi assegnarne un numero gliene darei tante, quante ne vedevo la notte dal balconcino della mia stanza di Fés.

In questo piccolo comune presilano si è organizzato un evento culturale, chiamato «I giardini delle esperidi festival» al quale siamo stati invitati come scuola. Da questa esperienza sono tornato con un bagaglio culturale molto ampio grazie alle persone che vi ho conosciuto ma soprattutto perché ho conosciuto meglio me stesso.

Una frase mi ha colpito particolarmente, ce l’ha riferita il giorno dell’arrivo da Cosenza l’organizzatrice dell’evento, Maria Faragò, ed è: «come credete di conoscere altri posti, se non conoscete prima il vostro?». Queste parole mi hanno fatto capire che conoscere “il nostro posto” non è soltanto saperne la storia ma soprattutto la cultura poiché soltanto conoscendo i luoghi in cui viviamo possiamo realmente capire noi stessi.

Ho sempre vissuto in Calabria eppure non ho mai conosciuto veramente la cultura calabrese. Vorrei ringraziare Zagarise per aver organizzato «I giardini delle Esperidi Festival»: mi ha fatto capire che dobbiamo conoscere i nostri luoghi per riuscire ad aprirci al mondo e veramente comprenderlo.

La semplicità di questo borgo del catanzarese stava tutta rinchiusa negli occhi dei suoi abitanti: la magia che si intravedeva nei loro occhi, contenti di vederci passeggiare la sera nelle vie del loro paese era adorabile e la loro felicità la dimostravano ogni giorno in piccoli gesti, anche cercando (invano) di offrirci un caffè la mattina.

Ho viaggiato tanto nella mia vita e in tutti i posti mi sono allenato correndo la mattina; un po’ per tenermi in forma, un po’ per divertirmi ma soprattutto per conoscere l’ambiente circostante in prima persona. «I Love Running» è la scritta sulla maglietta con la quale corro; l’hanno letta arabi, berberi, cinesi, italiani e tedeschi che mi hanno visto correre in quelle terre, dalle ripide catene dell’Atlante per andare alle spiagge dell’Atlantico, dagli Appennini calabresi alle Alpi bavaresi per arrivare infine alla regione della nuova Aquitania. Ma in nessun posto come a Zagarise ho ricevuto un bel buongiorno sorridente la mattina, un buongiorno col cuore.

Io ho un sogno e non me la prendo se mamma non crede nel mio sogno: la sua visione è così bella ma purtroppo non riesco a trasmetterla ad altri. Nel mio sogno ci sono io che con le scarpe da ginnastica blu posso attraversare tutti i confini del mondo senza problemi, perché effettivamente quei confini non esistono; e attraversandoli voglio imparare tante nuove cose e conoscere tanta nuova gente.

Perché è vero, viaggiando ho imparato ma la cosa più bella e importante è che siamo tutti cittadini del mondo, figli della stessa madre.

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(*) Saad Tarybqy è studente del liceo classico Bernardino Telesio di Cosenza


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