Massimo Consoli: quando la rivoluzione è gay
di Gianluca Cicinelli
Le provocazioni, la documentazione storica, un serial killer (forse) a Roma e un intellettuale da riscoprire anche oltre la comunità LGBT
Massimo Consoli è difficile da descrivere con una delle consuete parole. Scrittore, saggista, giornalista, storico di caratura internazionale. Sì ma soprattutto un pilastro delle lotte di liberazione omosessuale in Italia, uno dei fondatori del movimento LGBT nel nostro Paese. Era nato il 12 dicembre 1945 ed è morto il 4 novembre 2007, stava per compiere 62 anni – per un cancro al colon, malattia lunga e molto dolorosa – dopo essere stato protagonista delle maggiori battaglie condotte dal movimento gay in Italia. Il nome di Consoli è legato in particolare al suo archivio internazionale di storia e pubblicistica gay, acquisito nel 2001 dal Mibac, il ministero per i Beni e le attività culturali, un patrimonio di valore inestimabile. Tutti gli originali di articoli, studi, corrispondenze circa le origini del movimento gay raccolti a partire dal 1959 in poi, oltre a migliaia di libri sull’omosessualità. Un patrimonio che è riuscito a preservare molto oltre il confine della comunità LGBT.
La memoria è stata una delle “fissazioni” di Consoli negli anni, per non disperdere la storia dei soprusi subiti e delle lotte condotte dalla sua comunità, in cui, secondo la definizione che ne diede l’antropologo francese Alain Danielou, lui era «il papa degli omosessuali». La risata forte di Consoli avrebbe sovrastato questa definizione affettuosa ma anche carica di rispetto per il ruolo da lui rivestito non soltanto all’interno ma come ambasciatore riconosciuto della comunità omosessuale. Perchè la fama e il rispetto di Massimo Consoli non erano dovuti soltanto alle brillanti frequentazioni di artisti come Dario Bellezza, Pier Paolo Pasolini, Sandro Penna e Alberto Moravia.
Consoli ha scritto almeno un quarantina di libri nel corso della sua vita. Difficile selezionarne pochi, di sicuro spicca «Homocaust» che uscì per Kaos edizioni, che affronta le persecuzioni degli omosessuali del nazismo (e i numeri imponenti dei mandati a morte nei lager) senza omettere la componente gay presente nei rappresentanti nazionalsocialisti.
Ma all’attività saggistica Consoli affiancò sempre quella di “agitatore”, non si crogiolò mai nell’autorevolezza che gli veniva riconosciuta. Nel 72 il collettivo Rivolta Omosessuale, fondato da lui e Dario Bellezza, dovette subire durante una manifestazione una contestazione da Potere Operaio, iniziando così quel conflitto fra lotte di liberazione omosessuale e sinistra politica che sarebbe diventata una costante dell’attività di Consoli, fino a quando nel 76, un anno esatto dopo la morte di Pasolini, organizzò una manifestazione sotto la sede del Partito Comunista Italiano, che con lo scrittore aveva sempre avuto un rapporto a dir poco ambiguo se non d’intolleranza vera e propria.
A precorrere i tempi Consoli è sempre stato un maestro. Come ci ricorda Gay.it (https://www.gay.it/cultura/news/73-anni-fa-nasceva-massimo-consoli-icona-storia-lgbt) il 3 dicembre 1994 annunciò ufficialmente la sua decisione di voler adottare un bambino. Un provocazione per richiedere il diritto di avere una famiglia anche per le coppie omosessuali ma Consoli era anche single e la Chiesa lo attaccò senza pietà per bocca dl cardinale Ersilio Tonini. Chissà cosa direbbe oggi Consoli di «genitore 1 e genitore 2»; sicuramente possiamo immaginare cosa direbbe di Meloni e Salvini e di quelle entità politiche reazionarie contro cui combatteva già da metà degli anni ’50.
Vorrei aggiungere un ricordo personale a questo breve omaggio. Consoli come molti cittadini del mondo era profondamente romano, originario di Monteverde. Lo andai a trovare a metà degli anni ’90 nella sua casa a Frattocchie – guarda che scherzi il destino, proprio vicino alla vecchia scuola quadri del Pci – per un’intervista a proposito di un presunto serial killer dei gay a Roma. C’erano stati già una decina di delitti che potevano avere un comune denominatore e il presidente dell’Arcigay Franco Grillini aveva proposto alle autorità di stanziare una taglia di 5 miliardi di lire per trovare l’assassino. Consoli era molto scettico su questa proposta e anche sull’esistenza di un serial killer dei gay. Mi disse che era arrivato il momento in cui gli omosessuali dovevano imparare a difendersi evitando saune e locali dove incontravano “marchettari” e teppisti. Credevo che non gli interessasse l’aspetto delle indagini e infatti ne parlammo molto brevemente. Poi mi offrì un tè e parlammo d’altro. Forse proprio per quelle chiacchiere senza rete, dopo il tè mi mostrò alcuni reperti. Credevo che il suo approccio sulle tematiche oosessuali fosse ormai quello del saggista e che sui delitti che si verificavano a Roma la sua opinione fosse per così dire “teorica”. Invece tirò fuori da un cassetto alcuni capi di vestiario. Erano una federa di cuscino e un maglione, che si era ritrovato in mano perché la Polizia non sapeva cosa farsene, non li voleva nemmeno come elementi di prova (fortunatamente ho un testimone oculare di questa parte della giornata). Massimo Consoli era tutt’altro che un teorico. Per ogni delitto consumato era entrato nelle case, aveva cercato elementi che potessero aiutare nella soluzione dell’omicidio, aveva ricostruito la vita e le ultime ore delle vittime, aveva cercato lui stesso un collegamento tra i fatti: tutto quello che scopriva riferiva alla squadra mobile di Roma, probabilmente inascoltato, come dimostravano quelle due prove trovate sulla scena e a lui lasciate in una custodia assolutamente inconcepibile per uno stato di diritto che deve indagare su un omicidio. Evidentemente non gliene fregava niente a nessuno, se non ai gay, delle morti dei gay. Su quelle stoffe c’era molto sangue e Consoli non gli staccava gli occhi di dosso mentre mi spiegava a chi erano appartenuti e come erano stati uccisi. «Robba de froci, non gliene frega un cazzo a nessuno» mi disse l’elegante caporedattore con cui avevo a che fare allora, rifiutando di pubblicare il pezzo che avevo scritto e le foto che avevo fatto ai reperti. Quando lo dissi con molta delusione a Consoli lui esplose in una risata forte. Nessuna novità, tutto previsto, fu il suo commento. «E tu pensavi davvero – mi chiese retoricamente – che se non gliene frega alla questura dei froci ammazzati gliene può fregare qualcosa ai giornalisti se non per denunciare “il torbido ambiente”?».
Ho provato nel mio piccolo modo di pensare etero a fare tesoro di quella lezione, anche nel mio lavoro di gioirnalista.
Una conclusione? Io ritengo Massimo Consoli un intellettuale da riscoprire e riproporre oltre i confini della comunità LGBT.
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega
C’è uno sbaglio – di data – nell’articolo: Massico Consoli è nato il 12 dicembre 1945 ed è morto il 4 novembre 2007. Colpa di db che doveva verificare (e lo ha dimenticato). Ora il testo sarà corretto però mi scuso con chi lo ha ricevuto con l’errore.