Messico: sulle presidenziali 2018 irrompe lo zapatismo

di David Lifodi

Il Messico che si prepara per le elezioni presidenziali in programma nel 2018 dovrà necessariamente confrontarsi con María de Jesús Patricio Martínez, l’indigena nahua scelta dal Consejo nacional indígena e dall’Ezln come candidata indipendente.

Nel comunicato reso pubblico a fine maggio, significativamente intitolato “È giunta l’ora”, Consejo nacional indígena ed Ezln denunciano la guerra aperta condotta da narcostato e multinazionali nei confronti del Messico dal basso e avvisano che non staranno a guardare. Nasce da queste premesse la candidatura di María de Jesús Patricio Martínez,, alternativa a quel poder de arriba che ha trasformato lo Stato in una sorta di enorme corporazione dedita esclusivamente a svendere le risorse del paese, togliere la terra ai contadini, sfruttare l’alleanza con i cartelli della droga e a distruggere il tessuto sociale di un Messico caratterizzato dalle molteplici resistenze. Il programma di María de Jesús Patricio Martínez  punterà su una serie di rivendicazioni necessariamente antagoniste rispetto all’attuale classe politica messicana. Ritorna il concetto del mandar obedeciendo, mai scomparso nella mistica zapatista, più sei principi chiave, all’insegna del caminar preguntando: la politica come servizio e non come mezzo utilizzato per servirsene, l’idea di rappresentanza contro quella di soppiantare (rapresentar y no suplantar), costruire e non distruggere, proporre e non imporre, convincere e non vincere qualcuno, obbedire e non comandare.

In particolare, la campagna di María de Jesús Patricio Martínez insisterà sul riconoscimento dell’uguaglianza salariale tra uomini e donne, sulla cancellazione delle leggi simbolo del presidente Enrique Peña Nieto, la Ley Federal del Trabajo, la Ley Energética e la Ley de Enseñanza e sull’annullamento del Nafta, il trattato di libero commercio firmato dall’allora presidente Ernesto Zedillo. Inoltre, María de Jesús Patricio Martínez proporrà di mettere un freno all’estrazione mineraria incontrollata e di istituire tribunali popolari per giudicare i casi di femminicidio, la tratta di esseri umani, i cartelli del narcotraffico e il sistema politico che ha rapporti con loro. Particolare attenzione sarà rivolta alla tutela dei giornalisti ed è allo studio un  piano nazionale in grado di creare nuovi posti di lavoro comunità per comunità. In un paese caratterizzato dalla piaga della violenza militare sarà proposta la sostituzione delle forze di polizia statali con le milizie comunitarie e popolari, peraltro già attive in alcuni stati del paese in maniera auto organizzata, la statalizzazione delle banche, allo scopo di evitare il riciclaggio di denaro sporco e ridurre l’evasione di capitali all’estero e la separazione totale tra lo stato laico e le diverse religioni. In pratica, si tratta di un programma anticapitalista e di sinistra.

In Messico c’è chi teme che si riproponga, di nuovo, il dualismo con il Movimiento de Regeneración Nacional (Morena) di Andrés Manuel López Obrador, mentre c’è chi è rimasto perplesso per la presenza nell’agone politico di una rappresentanza indigena zapatista, che però ha un valore simbolico e mira a rappresentare tutti quei movimenti sociali antisistema che non si riconoscono nell’attuale scenario politico del paese. Del resto, non si può non concordare con Pedro Echeverría che, su Rebelión, più volte ha evidenziato l’onestà di Manuel López Obrador, candidato su posizioni socialdemocratiche e di centrosinistra che stavolta potrebbe davvero conquistare Los Pinos, ma il suo timore verso le elites, i principali mezzi di informazione e un’opinione pubblica in gran parte al servizio del capitale (nel migliore dei casi) o del narcotraffico (nel peggiore) non gli consentirà grandi margini di manovra. Per questi motivi, anche se l’elezione di Amlo rappresenterebbe già un passo avanti per un paese stremato dal panismo e dal priismo, l’eterno perdente della sinistra messicana finirà immancabilmente per essere legato mani e piedi ai capricci della destra, a meno che non faccia fronte comune con le lotte sociali, appoggiandole apertamente.

Morena, il partito di Manuel López Obrador, spesso ha finito per riproporre la stessa strategia politica dei partiti tradizionali, a partire dalla designazione dei suoi candidati in maniera verticistica e tutto ciò è molto lontano dal modus operandi delle comunità indigene, basti solo pensare alle modalità di scelta per consenso. Come aveva già fatto Cárdenas, Amlo non ha smesso un giorno di far visita alle comunità indigene, ma solo se saprà aprire un aperto conflitto con le classi dominanti riuscirà a conquistarsi l’appoggio di quei milioni di messicani costretti a dover fare i conti, ogni giorno, con le sparizioni forzate, il femminicidio dilagante e con le frodi elettorali di cui il già tre volte candidato presidenziale è stato vittima. L’ultima è avvenuta a giugno scorso nello stato di México, roccaforte priista dove la candidata di Morena, Delfina Gómez, è andata vicinissima a strappare una storica vittoria. In molti hanno parlato dell’ennesima frode ai danni di Amlo, ma successivamente Morena non è riuscita in alcun modo a difendere il voto. È questo ciò che rimprovera a Morena Gilberto López Rivas, che, sulle colonne de La Jornada, imputata a tutti i partiti messicani, e quindi anche a Morena, di partecipare alle elezioni come se fossero in un cantone svizzero, invece che in uno scenario di vera e propria guerra quale è quello messicano.

Per questo, la candidatura di María de Jesús Patricio Martínez in qualità di portavoce ed espressione del Messico dal basso, rappresenta un punto di rottura all’insegna di quella rebeldía che ha caratterizzato tutto il cammino zapatista.

 

 

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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