Messico: una donna sola a marciare

La protesta di Carmen Sánchez, aggredita con l’acido nove anni fa, che chiede giustizia in Messico.

di Maria Teresa Messidoro (*)

 

 

20 febbraio 2023.

Messico.

Una donna sta marciando sola dalla Fiscalía General de Justicia del Estado de México (FGJEM) alla sede del Poder Judicial dello stesso stato, teoricamente incaricato di proteggere i diritti umani di tutti i messicani.

È Carmen Sánchez.

Carmen sta marciando compiendo un atto di resistenza, reclamando giustizia, quella giustizia che le è stata negata.

Da quando, esattamente nove anni fa, è stata vittima di un attacco con l’acido, perpetrato contro di lei da un uomo che cercò dunque di assassinarla e che a tutt’oggi non ha ancora subito una condanna.

Da quel giorno, Carmen ha subito numerose violazioni ai propri diritti: innanzitutto, il suo caso è stato inizialmente catalogato come un episodio di semplici lesioni; successivamente, la sua cartella giudiziaria “si è persa” nei meandri della giustizia per 4 anni.

Infine, il Poder Judicial non è ancora riuscito ad emettere una sentenza contro l’uomo che ha cercato di assassinarla nel 2014, e che è stato incarcerato soltanto nel 2021 dopo sette anni di latitanza. Ora l’uomo è sotto processo per tentato femminicidio, ma la giustizia tarda ad arrivare.

“Oggi ho intrapreso questa marcia e ho deciso di farla da sola, perché è così che le istituzioni mi fanno sentire” ha dichiarato Carmen.

La Fundación Carmen Sánchez (1), creata nel 2021 per “prevenire, aiutare, indagare e cercare di sradicare gli attacchi con acido o altre sostanze” – chiede per il colpevole la pena massima, senza nessuno sconto di pena. Una pena di 45 anni: se la si ottenesse, sarebbe la prima volta in Messico e un tutta l’America Latina, una sentenza dunque esemplare.

Secondo la stessa Fondazione, il 94% dei casi di attacchi con acido nei confronti di donne in Messico rimangono impuniti: in questo modo, minimizzando i danni causati alle vittime, non attuando con fermezza, si lascerebbe la porta aperta ad altre aggressioni come questa.

In Messico non esistono dati ufficiali sul numero di attacchi subiti da donne, ma la Fondazione ne ha contabilizzati 28 negli ultimi due decenni; solo in 22 casi le donne sono sopravvissute.

La maggioranza delle donne avevano tra i 20 e i 30 anni. Nell’85% dei casi l’autore intellettuale è stato un uomo, 5 erano compagni della vittima, 11 ex fidanzati o ex mariti. La maggior parte dei crimini sono stati commessi nelle strade,  4 sulla porta di casa o tra le mura domestiche. In più del 30% dei casi, ci sono stati degli autori materiali che hanno agito in gruppo per ordine di mandanti.

Ma cos’è un attacco con acido contro una donna? Sempre secondo la Fondazione, è un tipo specifico di violenza femminicida, caratterizzata dall’uso di sostanze corrosive contro il viso ed il corpo delle donne, con il fine di attentare alla loro vita, la loro integrità fisica e morale, per mantenere o incrementare lo stato di disuguaglianza e di oppressione in cui già si trovavano in precedenza. Questi attacchi fanno dunque parte del continuum di violenza maschilista che troppe donne sperimentano durante la vita e in tutti i contesti di interazione sociale.

Bisogna parlare di violenza femminicida perché la letalità delle sostanze utilizzate, unita all’inesistenza o inefficacia dei modelli di attenzione medica e psicologica proposti, può sfociare in un assassinio o in altre forme di morte violenta. In altre parole, indipendentemente dal fatto che le vittime siano assassinate o meno per mano dei loro aggressori, tutte sono esposte a soffrire un incidente fatale o un suicidio, conseguenza dello stato fisico, emozionale, psico-sociale ed economico che dovranno affrontare dopo l’episodio.

Il rischio di infezioni e complicazioni delle lesioni è infatti alto, le vittime spesso rimangono sfigurate in modo permanente o con deficit dolorosi, i trattamenti ed interventi medici sono costosi, rischiosi ed invasivi, tale da provocare spesso episodi di depressione profonda, ansietà generalizzata e sintomi di stress post traumatico che limitano il diritto di vivere in tranquillità.

Carmen, ad esempio, dopo l’attacco con l’acido, è stata ospedalizzata per otto mesi e ha dovuto sottoporsi a 64 interventi chirurgici di ricostruzione fisica, a innumerevoli interventi dermatologici, riabilitazioni fisiche, medicazioni specialistiche, molte sedute di terapie psicologiche, e ad un percorso di accompagnamento sociale.

Carmen ha marciato sola.

Avrebbe potuto farlo anche Martha Ávila, che proprio l’8 marzo del 2017,  nella Giornata Internazionale delle donne, ha subito un attentato con l’acido da parte di suo genero. Martha ha avuto il 40% del corpo ustionato, e soltanto grazie alla sua prontezza di spirito ha salvato il volto dalla corrosione, ma ha perso un orecchio. Ha subito 13 interventi, dovendo ricostruire il braccio sinistro, la spalla e le gambe. L’aggressore è in prigione, ma con la riduzione di un terzo della pena, per aver ammesso la propria colpa.

L’8 marzo 2023 marciamo anche per Carmen e per Martha, perché altre donne, in Messico, in America Latina o in qualsiasi altra parte del mondo, non debbano più marciare da sole per richiamare l’attenzione generale sugli attacchi violenti con l’acido.

Contro i volti delle donne e contro la loro dignità.(2)

 

  1. https://fundacioncarmensanchez.org/
  2. https://desinformemonos.org/carmen-sanchez-sobreviviente-de-un-ataque-con-acido-marcho-sola-porque-asi-la-han-hecho-sentir-las-autoridades/

*Vicepresidentessa Associazione Lisangà culture in movimento OdV, femminista

Teresa Messidoro

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