Messico: zapatista, indigena e donna. L’Ezln parteciperà alle presidenziali 2018 con un volto femminile.

di David Lifodi

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La notizia è di quelle spiazzanti e ad effetto, in puro stile zapatista: l’Ezln presenterà una propria candidatura in vista delle elezioni presidenziali che si terranno in Messico nel 2018. Il volto che parteciperà, per la prima volta, alla competizione politica, sarà indigeno e femminile. Per l’Ezln si tratta di esordio assoluto nell’agone politico in senso istituzionale, ma la candidata indigena che rappresenterà non solo la lotta zapatista, ma, si auspica, tutto l’arcipelago dei movimenti sociali, dei marginali e degli esclusi dal sistema non può non richiamare la suggestione della comandanta Esther che intervenne in Parlamento, a Città del Messico, in occasione della marcia del color della terra del 2001.

Certo, in vista del 2018 c’è tempo, ma, sia nei movimenti sociali sia nel campo della sinistra istituzionale, la decisione dell’Ezln ha suscitato una valanga di commenti e prese di posizione, alcune delle quali anche critiche, tra le stesse organizzazioni popolari. In generale, si tratta di un cambio di marcia profondo rispetto alla linea dello zapatismo dei primi anni Duemila, si pensi alla Sexta Declaración de la Selva Lacandona e alla Otra Campaña che, tra il 2005 e il 2006, lanciarono una campagna che percorse tutto il paese senza essere elettorale, ma volta ad ascoltare e ad entrare in contatto con le molteplici esperienze di resistenza sociale presenti in Messico. Adesso l’Ezln dovrà lavorare perché la propria candidatura non sia di esclusiva testimonianza, ma si trasformi in voce degli esclusi in un contesto politico dominato dai pescecani che obbediscono all’ideologia neoliberista, fanno affari con il narcotraffico e utilizzano la corruzione come se fosse una pratica assodata e necessaria. L’Ezln ha ribadito che la partecipazione alla competizione elettorale non significa che correrà per prendere il potere, tuttavia sembra lontanissima l’epoca del cambiar el mundo sin tomar el poder, che divenne il titolo anche di un libro di John Holloway diffuso in Italia da Carta. Il compito dell’Ezln non sarà dei più semplici perché dovrà avere la capacità di trasformarsi da movimento indigeno anticapitalista ad organizzazione che abbraccia tutte le cause degli sfruttati di un Messico dove trovano cittadinanza solo abusi, paramilitarismo, narcotraffico e violenza di genere. Del resto, la dichiarazione con cui gli zapatisti hanno annunciato, lo scorso ottobre, di partecipare alle presidenziali, è avvenuta nel segno di un appello alla società civile per “rendere più forti le resistenze nel paese e difendere la vita di ogni persona, famiglia, collettivo, comunità e quartiere. È tempo di costruire un nuovo paese, per tutte e tutti, di sostenere maggiormente la partecipazione dal basso, la sinistra anticapitalista e il Messico multicolore”. Il nuovo Messico, per gli zapatisti, dovrà essere anticapitalista, senza governi priistas, panistas e perredistas, ma rappresentare tutti gli oppressi.

La presenza dell’Ezln alle prossime presidenziali, come prevedibile, ha suscitato reazioni di vario tipo. Da un lato è stata accolta bene perché in molti hanno sostenuto che gli zapatisti avrebbero finito per arroccarsi nel solo Chiapas, in mancanza di una presa di posizione simile, finendo per diventare autoreferenziali e settari. Per questo motivo è stata sollecitata l’urgenza di una candidatura che non sia solo espressione dell’indigenismo comunitario, ma debba necessariamente legarsi alla sinistra indipendente e socialista, per quanto i caracoles e i municipi autonomi rappresentino una delle forme più avanzate di democrazia comunitaria all’insegna del celebre “comandare obbedendo”. In tanti  hanno sostenuto che l’Ezln avrebbe dovuto compiere prima questo passo, invece di invitare all’astensionismo nel corso delle precedenti campagne per le presidenziali, ma in realtà l’incursione nel sistema istituzionale viene proprio dai molteplici contatti che lo zapatismo ha avuto con le resistenze sociali in tutto il paese e lo stesso Ezln è assai cosciente che si tratta di un’opportunità da sfruttare nel migliore dei modi per cambiare lo stato delle cose in Messico. A maggior ragione, il momento potrebbe essere propizio poiché Andrés Manuel López Obrador (Amlo) e il suo Movimiento de Regeneración Nacional (Morena) hanno finito per essere sempre più concilianti verso il presidente Peña Nieto, associandosi al suo appello “per garantire la stabilità in vista delle elezioni del 2018”. Nonostante per ben due volte Amlo si sia candidato alla presidenza del paese uscendone sempre sconfitto a causa  autentiche frodi, ha promesso, in caso di conquista di Los Pinos, di perdonare quella mafia che fa parte dello staff dello stesso Peña Nieto, resasi responsabile di crimini di stato come quello dei 43 normalisti desaparecidos di Ayotzinapa. La lotta politica popolare in Messico deve prendere atto che Amlo e Morena non rappresentano necessariamente posizione vicina alla sinistra (almeno a livello di vertici) e che i tempi delle acampadas nel centro di Città del Messico per protestare contro la frode elettorale del 2006 sono lontani. Proprio in occasione delle precedenti campagne presidenziali, López Obrador ha più volte attaccato l’Ezln indicandolo come responsabile delle sue sconfitte per la scelta astensionista. In realtà, negli ultimi dieci anni Amlo ha finito per moderare molto le sue posizioni, mentre il suo movimento politico, Morena, si è trasformato sempre di più una struttura fortemente gerarchica dove la democrazia è progressivamente venuta meno. Al tempo stesso,  l’Ezln non può far a meno di appellarsi alla base del partito, composta da militanti onesti che hanno visto il partito trasformarsi un organo esclusivamente verticistico.

Inoltre, la partecipazione dell’Ezln alle presidenziali scompagina anche l’intero estabilishment politico, aldilà del recinto di Morena. Il Partido de Acción Nacional (Pan), a seguito de i fallimenti delle presidenze Fox e Calderón, sembra ancora in alto mare, mentre il Partido Revolucionario Institucional (Pri), dopo il disastro dell’attuale presidente Peña Nieto, deve fare i conti l’aperta ostilità di ampia parte della popolazione. Per questo motivo stanno sorgendo numerose candidature pseudoindipendenti, da Miguel Ángel Mancera, dell’altrettanto screditato Partido de la Revolución Democrática (Prd), a Jaime Rodríguez, governatore dello stato di Nuevo León, ma soprattutto alla guida di un forte gruppo finanziario-industriale.

Sarà difficile che Amlo si ritiri dalla corsa per favorire l’Ezln, ma la sfida dello zapatismo che arriva sulla scena della politica istituzionale, se da un lato è assai rischiosa, dall’altro potrebbe davvero scompaginare le carte e sorprendere il paese, come già avvenuto in quel lontano 1 gennaio 1994.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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