«Missing at the Borders – People not numbers»

Il 5 maggio a Milano apericena a sostegno del progetto promosso da alcune reti antirazziste europee e africane. Un dossier con gli indirizzi utili e una scheda sulla storia della «Marcia per i nuovi desaparecidos» (prossimo appuntamento il 4 maggio).

Venerdì 5 maggio alle 20.30 presso il circolo Arci “Martiri di Turro” in via Rovetta 14 a Milano (MM1 Turro) si terrà un AperiCena a sostegno del progetto «Missing at the borders». 

La serata sarà animata dalle note del gruppo “NoLr, nato dalla Social District NoLo (North of Loreto). 

Il costo dell’aperitivo è di 15 euro.  

Tutto il ricavato sarà devoluto al progetto «Missing at the borders» promosso da alcune reti antirazziste europee e africane: la costruzione di una pagina web che raccoglierà le dirette testimonianze delle famiglie dei migranti morti, dispersi o vittime di sparizione forzata nel viaggio verso l’Europa. 

Di seguito la scheda di presentazione del progetto. 

Dal 10 al 13 maggio sarà presente a Milano Imed Soltani, presidente dell’Associazione Terre pour Tous dei parenti dei migranti tunisini dispersi.  

Info: italia@missingattheborders.org – 327 8841359 

Evento fb: https://www.facebook.com/events/248640792265025/ 

SCHEDA 

Missing at the Borders – People not numbers

«Missing at the borders» è una pagina web che vuole dare voce alle famiglie dei migranti morti, dispersi o vittime di sparizione forzata nel viaggio verso l’Europa. 

Il Mediterraneo è diventato un cimitero a cielo aperto. Sono oltre 35 mila le vittime in questo mare dal 2000 a oggi. Nei primi tre mesi e mezzo del 2017 quasi 800 persone hanno perso la vita nella traversata. Nessuno sa con certezza quante siano le vittime lungo le rotte che dall’Africa sub-sahariana portano fino al Mediterraneo.  

Ogni anno dobbiamo assistere al macabro conteggio delle vittime. 

Ma quando si parla di queste vittime ci si riferisce a loro soltanto come numeri, senza tener conto del loro essere innanzitutto esseri umani. 

Le loro individualità, le speranze e i sogni che li hanno portati a intraprendere il viaggio migratorio vengono completamente ignorati e cancellati. 

E non si parla neanche della condizione in cui rimangono le loro famiglie. Famiglie costrette a vivere nell’angoscia della scomparsa dei loro cari, a volte arrivati in Europa e poi spariti nel nulla. Famiglie che hanno indizi che i loro cari siano stati vittime di scomparsa forzata perché rinchiusi illegittimamente in una delle centinaia di galere per migranti che si costruiscono negli Stati a sud del Mediterraneo con l’avvallo politico e il sostegno economico dell’Europa. Famiglie costrette a pagare altissime somme di denaro per liberare i loro cari dalle torture a cui li sottopongono gli aguzzini della tratta di esseri umani. Famiglie che hanno saputo della morte dei loro cari ma che non hanno mai potuto offrir loro una degna sepoltura perché il corpo non è mai stato restituito. Famiglie che hanno chiesto che la giustizia condanni agenti militari e di polizia in quanto responsabili materiali della morte dei loro cari, e che per tutta risposta hanno avuto l’archiviazione delle denunce.

«Missing at the borders» vuole dare voce ai migranti morti, dispersi e/o vittime di sparizione forzata tramite la voce delle loro famiglie. La pagina web raccoglierà le testimonianze video delle famiglie per dare un’identità a queste vittime e per far conoscere la lotta che i loro congiunti stanno portando avanti per avere verità e giustizia.

«Missing at the borders» è un progetto promosso da attivisti e militanti di diversi reti antirazziste delle due rive del Mediterraneo. In particolare sostengono il progetto le reti italiane Milano senza Frontiere, Palermo senza Frontiere, Como senza Frontiere e Carovane Migranti; l’Association des Travailleurs Maghrébins de France (ATMF) e il progetto Alarm Phone di Watch The Med, costituito da reti di attivisti e rappresentanti della società civile in Europa e NordAfrica. 

«Missing at the borders» è un progetto autofinanziato. Per sostenerlo è possibile fare donazioni al seguente conto corrente: ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE TODO CAMBIA 

IBAN:IT65A0301503200000003568312 

Banca:FinecoBank S.p.A. 

Causale: Progetto Missing at the borders

Info: italia@missingattheborders.org327 8841359

Riferimenti delle organizzazioni promotrici:

Milano senza Frontiere: https://www.facebook.com/milanosenzafrontiere/?fref=ts 

Palermo senza Frontiere: https://www.facebook.com/Palermosenzafrontiere/?fref=ts  

Como senza Frontiere: https://www.facebook.com/comosenzafrontiere/?fref=ts 

Carovane Migranti: http://carovanemigranti.org/ 

Association des travailleurs maghrébins en France: www.atmf.org/ 

Alarm Phone: https://alarmphone.org/ 

Watch The Med: http://www.watchthemed.net/ 

LA MARCIA DEI NUOVI DESAPARECIDOS 

Il 18 giugno 2015 la rete Milano senza Frontiere organizza la prima Marcia dei Nuovi Desaparecidos” con lo slogan «non sono numeri, sono vite umane». L’obiettivo della marcia è sensibilizzare la società civile perché, vincendo l’assuefazione ai bollettini dei naufragi, scanditi dai numeri delle vittime, prenda coscienza del fatto che quei numeri rappresentano persone: i migranti morti o dispersi nel viaggio verso l’Europa. 

La marcia si ispira a quella delle Madres de Plaza de Mayoin Argentina. In una piazza, a una certa ora, i partecipanti camminano in cerchio portando le fotografie di alcuni migranti tunisini e algerini scomparsi durante la traversata del Mediterraneo o vittime di sparizione forzata. Sono stati i parenti di questi ragazzi a consegnare le loro fotografie agli attivisti italiani perché portassero in Europa la loro richiesta di verità e giustizia per la sorte dei loro cari.

La marcia si svolge attualmente a Milano, Palermo e Como. 

Ci sono state altre edizioni a Torino, Roma, Messina, Napoli, Strasburgo e Hannover.  

A Milano l’appuntamento è il primo giovedì di ogni mese ore 18.30-19.30 in piazza Della Scala. La prossima Marcia si svolgerà giovedì 4 maggio 2017. 

 

Breve riassunto sulle famiglie tunisine 

Fra marzo e maggio 2011, 501 cittadini tunisini scomparvero nel Mediterraneo. Non era la prima volta. Dal 2000 a oggi infatti più di 35 mila persone migranti, non solo tunisine, sono morte o disperse in quel mare. 

Persone costrette a prendere le “carrette del mare” perché non riescono a ottenere il visto per entrare legalmente in Europa.  

In Tunisia, tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, il popolo insorse e cacciò Ben Ali e con lui la paura di rivendicare i propri diritti.  

Quella volta quindi i parenti dei migranti dispersi non rimasero in silenzio ma pretesero che il loro governo indagasse sulla sorte dei propri cari. 

All’inizio si ritrovavano nei commissariati delle loro città, dove facevano denuncia di scomparsa. Poi a Tunisi, negli uffici del ministero degli Interni e degli Esteri, e lì le madri inscenarono drammatiche proteste; alcune di loro arrivarono persino a darsi fuoco. «Dove sono i nostri figli?» era l’urlo che rimbombava nelle strade e nelle sedi istituzionali di Tunisi. Alcuni genitori affermavano di aver riconosciuto i propri figli nei servizi dei telegiornali italiani sugli sbarchi a Lampedusa. 

I parenti autorizzarono il governo tunisino a spedire in Italia le impronte digitali dei 501 dispersi per confrontarle con quelle prese dalla polizia italiana ai migranti sbarcati. Nessuno, dopo sei anni, si è ancora degnato di comunicare l’esito di questo confronto. 

Ancora oggi i parenti continuano a protestare e a esigere una risposta sia dal governo tunisino che da quello italiano. Le famiglie hanno costituito quattro associazioni di parenti. 

 

Breve riassunto sulle famiglie algerine 

Tra il 2006 e il 2009 le partenze di migranti dall’Algeria aumentarono, soprattutto dalla città di Annaba verso la Sardegna, distante solo 186 km. Nel 2007 e nel 2008 centinaia di giovani algerini scomparvero nel nulla. I parenti contattarono le guardie costiere algerina e italiana che riferirono che il mare era calmo e che non c’erano tracce di naufragi. Alcuni ragazzi erano riusciti a comunicare ai propri genitori che stavano per essere intercettati dalla polizia in acque territoriali tunisine. Quello fu, per molti, l’ultimo contatto. 

I parenti di questi migranti sono riusciti a raccogliere prove che confermano che i loro parenti furono fermati dalla polizia tunisina. Per questo ritengono i loro cari vittime di “scomparsa forzata” e hanno sporto denuncia sia in Algeria che in Tunisia, dopo la rivoluzione. Ma finora non hanno avuto nessuna risposta. 

 

L’articoolo 2 della Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata segnala: «Ai fini della presente Convenzione, è considerato “sparizione forzata” l’arresto, la detenzione, il sequestro o qualunque altra forma di privazione della libertà da parte di agenti dello Stato o di persone o gruppi di persone che agiscono con l’autorizzazione, il sostegno o l’acquiescenza dello Stato, a cui faccia seguito il rifiuto di riconoscere la privazione della libertà o il silenzio riguardo la sorte o il luogo in cui si trovi la persona sparita, tale da collocare tale persona al di fuori della protezione data dal diritto».

 

In base a questa convenzione l’avvocato dei parenti algerini Kouceila Zerguine è riuscito a portare il caso dei migranti algerini scomparsi davanti al “Gruppo di lavoro sulle sparizioni forzate” dell’ONU. È la prima volta per un caso relativo ai migranti. Nei paragrafi 46-80 del Report annuale del gruppo di lavoro si segnala la preparazione di uno studio sulle scomparse forzate nell’ambito delle migrazioni. Questo studio sarà pubblicato nel corso del 2017. 

LE IMMAGINI – scelte dalla “bottega” – sono state prese in rete; la vignetta è di Mauro Biani.

Redazione
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