Misteri, grovigli, magie, favole

recensione a «Qui e là» di Christiana De Caldas Brito (*)  

Molti modi e infinite ragioni per stare in silenzio. Christiana De Caldas Brito ne racconta tre di donne assai diverse che vivono un’esperienza simile – con esiti completamente differenti – con uno sconosciuto (sempre lo stesso?) che, senza dir parola, si sdraia sulla sabbia molto vicino alle protagoniste. Marta si chiede a esempio se «la distanza di cortesia nell’ufficio postale sia la stessa sulla spiaggia» ma non formula il pensiero ad alta voce perché è educata a portare dentro di sé «un nascondiglio pieno di domande mai fatte, di desideri senza voce». Bessy invece allo sconosciuto parla, senza ottenere risposte e ciò la farà arrabbiare mentre Evelina, appassionata di parole crociate, all’uomo misterioso finirà per scrivere una lettera.

Christiana De Caldas Brito si muove su registri stilistici e temi che più vari è quasi difficile immaginare… per chi, nel 1998, non abbia già letto il suo Amanda, Olinda, Azzurra e le altre (uscì da Lilith ed è appena stato ristampato dall’editore Oèdipus). Misteri, grovigli infiniti, magie, favole. Fiabesco il brevissimo Il volo. Aprono troppe strade o nessuna quelle Due porte che costringono Vincenzo a scegliere: dentro di lui si nasconde un grande pittore o dovrà rassegnarsi a essere solo un abile copista di Van Gogh? Ormai ha 37 anni, deve tornare indietro o bruciarsi, comunque sapere. Un altro grande della pittura, Renoir compare in L’attesa, racconto deliziosamente fuori tempo come se l’autrice ci inviasse un racconto da un secolo fa. Buoni sapori d’antico (nello stile più ancora che nei temi scelti) sia in L’orologio che in La vedi, la stella? e in Caffè col battitasti. Uno dei più bei racconti “acquatici” mai scritti – chi scrive è appassionato del genere e dunque può sbilanciarsi con qualche cognizione di causa – è Maroggia che chiude questa antologia.

Nata a Rio De Janeiro, a zonzo per il mondo, poi a Roma come psicologa, Christiana De Caldas Brito è solo in parte la classica esponente dell’immigrazione come oggi siamo abituati a stereotipare. Eppure fra il (supposto) paradiso del turismo e l’inferno dell’esilio o del vendersi al miglior offerente esistono, se vogliamo cercarle, tante altre ragioni per muoversi sul pianeta, per ignorare con i passaporti anche le identità troppo appiccicose. E di identità impreviste, mutanti sono pieni questi racconti. Strane professioni o arti: davvero esiste una «rivelatrice di emozioni» come la birmana Sati del racconto omonimo? Ne Il capostazione incontriamo chi esercita quel mestiere simile (psicoterapeuta è il nome in voga) che «consiste nell’avvicinare le persone alle proprie emozioni»: Christiana De Caldas Brito fa subito capire che si può risolvere la «nevrosi da rolodex» dell’ingegnere C. ma bisognerà passare per Magritte, per la riscoperta del sorriso, per l’ardua decisione se fare entrare la mosca che preme contro il vetro.

Quando piombiamo nell’incubo Siamo felici così risulta difficile immaginare cosa il maresciallo abbia capito della donna senza nome e se la rivelazione gli venga dalla gamba ingessata o da un antico ritratto. E’ forse l’unico caso in cui l’autrice più che misteriosa risulti volutamente oscura. Incubo anche In fondo all’occhio o forse un invito a non guardare il punto preciso in cui la morte arriva. Non sapremo mai neanche cos’è La francescata del racconto omonimo ma Christiana De Caldas Brito è abilissima a ricordarci che chi aspetta troppo a domandare si perderà di certo le risposte del vivere.

Alcuni racconti nuotano in giochi di parole ma anche (è un terreno poco esplorato) fra esperimenti e ironie sull’italiano sonoro invece che scritto. Sì, come scrive Maria Cristina Mauceri nella post-fazione, Christiana De Caldas Brito usa questa sua seconda lingua in modo musicale e creativo, condensa i vocaboli (come fa il mozambicano Mia Couto, terrore di ogni traduttore tradizionalista) e ne inventa una valanga. Surreale, ma scritto con una pacatezza sorprendente, è anche Un’insolita passeggiata: siamo a Zurigo, per la precisione «il 28 agosto del 2004» e la punteggiatura dei libri decide di uscire dalla biblioteca e farsi un giro in città. L’assurdo non è letterario ma politico (ed è purtroppo reale) in Io, polpastrello 5423 con i poliziotti sconfitti da impronte digitali più intraprendenti del dovuto e con 6 righe finali difficili da dimenticare. I dolori dei migranti tornano in L’equilibrista: è dura una vita al semaforo («a forza di non essere visto ho cominciato a vedere») ma basta che qualcuno chieda il tuo nome perché tutto cambi… anche se poi «diventa verde» e non c’è tempo per rispondere. Il qui e là che dà il titolo a questa antologia, il «ci saranno sempre due posti che litigano dentro di te» è nella lettera Cara Jandira. Forse la patria è l’amore che Josè cerca in quella roulotte che brucia; ma due righe sul giornale non possono certo spiegare “brasilitaliaamorepassatomariapatriamadrepresente” che deve essere scritto così come lo si vive, una sola parola. Amore appunto. Giochi di e-mail e un susseguirsi di finali possibili in Rosa dei boschi e Samurai. Un feeling scritto già attraversa Insieme nell’undicesima divisione: ma all’appuntamento che il destino ha fissato nel lontano 1986 qualcuno potrebbe arrivare con la paura, potrebbe rivelarsi un’incompiuta di quello Chopin che lui e lei amano. Alla ricerca dell’erotismo in Né tacchi né trucco né trucco né tacchi (il titolo più gustoso). Alla ricerca di contenuti e di scatole che non ingannino nel dolorosissimo Tutti, storia di una bimba costretta a crescere «senza domande, senza risposte, senza parole».

Siamo «avidi di storie» (ma anche di sogni: c’è qualche luogo dove «non esistono i colonnelli»?) e per questo è bello ritrovarsi a Cumuamu per imparare a raccontare. Come per la protagonista di questo racconto, come per la magica Eda Zarehs (sarà mica un anagramma?) Christiana De Caldas Brito come lavoro si è scelto di «inventare storie». E lo sa fare molto bene.

Piccola nota finale sulla collana Kumacreola-scritture migranti che con questo titolo arriva a quota quattro. Detto ogni bene possibile dell’inventore, Armando Gnisci, e dell’editore, Cosmo Iannone si potrebbe scherzosamente notare come i nomi, a volte, siano fuorvianti. Nonostante si chiami Armando non è un militarista e sul vocabolario italiano la parola che più somiglia a Gnisci è gnosticismo, una forma di sapere iniziatico assai lontano dalle convinzioni di chi fa l’elogio del mondo creolo. Quanto all’editore, il suo indirizzo è via Occidentale ma lui per fortuna si chiama Cosmo.

Christiana De Caldas Brito

Qui e là

Cosmo Iannone editore (0865 414694, www.cosmoiannone.it)

160 pagine, 11 euri

(*) Su codesto blog ci sono (intorno al 15 maggio) oltre 3200 post. Ho pensato che valeva la pena riproporne qualcuno dei più vecchi, come questa recensione (che era in data 01-09-2006) uscita sul sito di «Migranews»; chi fosse interessato a quella breve ma interessante esperienza recuperi il libro «Migrantemente» pubblicato nel 2005 dalla Emi. Se desiderate sapere qualcosa in più su Christiana De Caldas Brito nel blog la trovate più volte presente e/o citata ma anche in “singolar tenzone” con un certo Kafka. Consiglio assai il suo romanzo «500 temporali» (Cosmo Iannone, 2006) e «Viviscrivi: verso il tuo racconto» (Eks&tra, 2008). Nel 2013 dovrebbe essere in arrivo un suo nuovo libro ma ssssssssssssst, è un segreto. (db)

 

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